Incontro davinottico sui luoghi della Mazurka

30 Aprile 2010

In numero XXV da verdi calcolatori
dal Dav Hi Nott convergeran lì
nella Guercino di piccola Cento
nell’aprile XXIV dell’anno di tigre.
Michel de Notre-Dame
, Centuries et prophéties, 1555

Tutto questo ha avuto luogo grazie alle precise indicazioni del sempre gentilissimo Cesare Bastelli, dalle quali il valoroso Hackett ha ricavato un percorso che ha portato i contattisti sulle location del film (partenza in Piazza Guercino, a Cento, Ferrara) il giorno 24 aprile 2010 alle ore 10.30.
Per chi fosse invece interessato alle location pure e semplici del film vi rimandiamo allo SPECIALE LOCATION.

L’appuntamento era stato fissato qualche giorno prima via forum, dove la febbre dell’incontro davinottico del terzo tipo aveva monopolizzato sempre maggiormente le ultime discussioni.
Markus aveva annunciato, dati meteo alla mano, piogge in mattinata e faticose schiarite nel pomeriggio. Il terrore di una giornata sotto la pioggia battente a cercare come dei disperati le location della Mazurka del barone, della santa e del fico fiorone mentre i fogli coi fotogrammi si rattrappivano tra le mani e qualcuno tentava di estrarre la macchina fotografica curandosi di non danneggiarla con la pioggia, era forte. Alle 10.30 piazza Guercino è ancora semideserta, ma lì ci sono già i primi eroi: Gugly, Deepred89, Fauno, il padrone di casa Hackett e l’altro veneto Manfrin.
Zender arriva colla successiva ondata, insieme a Markus, Stefania e Wupa Wump, scambiando incomprensibili messaggi telefonici con il potente mezzo di Legnani. L’incomprensibilità pare valere anche per loro due, comunque, visto che Legnani finisce imbottigliato nel traffico, costretto a seguire col compagno di viaggio Dusso i pendolari di Cento fino a parcheggiare in località ignota, fuori dalle grandi arterie cittadine. Quando i due entrano in Piazza Guercino al gruppo si è aggiunta anche la misteriosa femme fatale Vawe, unitasi all’escursione nonostante un curriculum davinottico fermo al settembre 2008; qualcuno, intanto, approfitta della vicina pasticceria per abboffarsi senza ritegno. Manca ancora il famigerato pulmino romano, che dovrebbe trasportare dalla lontana capitale anche Il_dandi, Ellerre e il pilota ufficiale Pigro (quasi-locale che ha dato uno strappo ai due romani costretti altrimenti a ricorrere ad un mai confermato bus fantasma che secondo alcune teorie studiate su internet da Ellerre avrebbe dovuto collegare Bologna a Cento). Giunti anche loro si è festeggiato l’ultimo arrivato, Trivex (con miss Trivex) e si è passati all’analisi dei fotogrammi, forniti in numerose copie (autografate) dall’organizzatore Hackett.

















Il primo fotogramma riguardava la “casa dei piccioni”, da dove qualcuno (di genere femminile) nel film faceva partire veloci piccioni viaggiatori. Era l’unico fotogramma mancante, che avrebbe dovuto stampare Ellerre il quale ha tuttavia subito accampato scuse relative a mogli, figlie, ombrelli doppi e chissà cos’altro per giustificare la colpevole dimenticanza. Si è scattato a memoria, anche perché era una foto frontale, semplice. Legnani a questo punto ha lanciato l’idea di suonare ai proprietari di casa per chiedere di salire sul terrazzo dei piccioni e scattare da lì. Hackett si è avvicinato al citofono, ma le resistenze dei proprietari si sono fatte subito sentire: dapprima azione dissuasiva con voci intrecciate di bambinelli scatenati per giustificare la poca voglia di rispondere, quindi, vista l’insistenza di Hackett, palleggio tra coinquilini: ognuno diceva di suonare al vicino che abilmente scaricava ad altri il barile e scompariva. Risultato: niente foto in piccionaia ed enorme rammarico di Legnani, particolarmente legato alla scena per motivi mai spiegati forse riconducibili a una nostalgia per i suoi tempi, in cui Meucci e Bell dovevano ancora nascere e si comunicava appunto ancora tramite piccioni.

















Poco più avanti il bar Sport, ovvero il Caffè Italia dove venne ricostruita anche la hall dell’albergo in cui dimora Capolicchio in La casa dalle finestre che ridono. Un luogo sacro, insomma, che attira gli sguardi dei 23 (ma il numero esatto non l’ha mai saputo nessuno) contattisti, assiepati davanti alle vetrine con fare indagatore e guardati con pena dagli avventori del bar stesso, che li scambiano chiaramente per poveri dementi cui regalare al massimo un sorriso compassionevole dopo aver scrollato il capo. Giusto lì di fronte ecco il teatro di Bagnacavallo (nel film, perché è invece ovvio che siamo sempre a Cento, città che come il dotto Manfrin insegna prende il suo nome dalle centurie romane e dal numero degli accampamenti divisi per 7).

Gruppo in marcia a macchia di leopardo, sempre agli ordini del Comandante Hackett, che ha tuttavia immediatamente un paio di sbandamenti (ha successivamente ammesso di aver alzato un po’ troppo il gomito a un raduno alpino svoltosi a Rovigo la mattina stessa dalle 7 alle 8) conducendo tutti attraverso scorciatoie fasulle e loop spaziotemporali che riportano sempre davanti al castello di Cento. Grande sorpresa infatti di Zender il quale, giunto davanti allo stadio come convenuto, ha fatto cento metri e si è ritrovato nuovamente di fronte al castello. Ma allora, ci si chiede… la dimensione parallela… Già, proprio così, e Gugly ci è finita dentro, dispersa durante una missione fotografica con Zender stesso. E’ ricomparsa un quarto d’ora dopo Zender senza ricordare dove fosse stata, limitandosi a un “non ti ho più visto, tutto mi è apparso bianco” che ai più ha ricordato gli ultimi messaggi della Squadriglia 19 prima di finire inghiottita dal Triangolo.

















Intanto, appena fuori dai porticati, faceva la sua comparsa Maestro Rebis, uno dei Grandi Davinottiani Storici, firma prestigiosa e gran persona, felicemente aggiuntosi al gruppo in un secondo momento, poco prima che il_dandi importunasse bruscamente i passanti con pressanti domande sulla direzione da prendere e ottenendo risposte un po’ impaurite quando non acide.

Il pranzo, prenotato con un’ora di anticipo, si è svolto al ristorante Pappataci (Legnani in attesa del conto ha chiesto l’origine del bizzarro nome ostinandosi a spiegare all’oste, non poco atterrito, che i pappataci sono insetti e che non era concepibile chiamare così un ristorante). Tavolatona da 15 con due ali separate ma vicine da 4/5 persone ognuna (una composta dalla delegazione romana e l’altra da quella veneta). Lambrusco a volontà, specialità locali in forma raviolesca, ottimo pranzo e colpo di scena finale: il_dandi vede un pianoforte incustodito e vi si avventa tra lo stupore degli astanti, improvvisando arie morriconiane (dall’Uccello dalle piume di cristallo), svolazzi osannobacaloviani (dalla Vittima designata) e chiudendo con la nenia infantile di Profondo Rosso (che ha fatto gelare il sangue all’oste, il quale probabilmente ricordava di quando una notte di Natale di molti anni prima aveva accoltellato la moglie alla vista del figlio).

















A fine pranzo prima sostituzione: esce il simpatico Manfrin richiamato in paese ai suoi doveri di allenatore ed entra, tra gli applausi del pubblico, l’attesissimo Undying. Proprio lui, il misterioso, l’inafferrabile Undying, un altro dei Grandi Signori del Davinotti, uno delle alte sfere! Zender ne è un po’ intimorito (non era mai riuscito a vederlo e a tratti si era chiesto se davvero esistesse), ma Undying si rivela subito cordialissimo e disponibile: non fa pesare il suo status e prende posizione al tabulus romani, dove presenziano Ellerre, Il_dandi, Stefania e alcuni transfughi (Fauno, Markus…).
Il pranzo si conclude con una leggenda metropolitana: Legnani infatti tiene a precisare che ha sentito l’oste fare sommessamente i complimenti per l’ottima organizzazione quando si è trattato di saldare. Sarà un caso che la raccolta monetaria fosse stata operata dal Legnani stesso (con la consueta precisione, va detto)?  il gruppo si rimette in marcia.

















Questa volta tocca ritrovare la strada buia del finale (Tognazzi sotto la neve), e un fotogramma quasi nero fa temere il peggio. E invece. Hackett, dopo qualche tentennamento, trova l’aggancio giusto e si fa indicare la chiesa. Le indicazioni di Bastelli parlavano chiaro: la stradina del film era via Santa Liberata. Avvicinandosi alla chiesa infatti qualcuno prorompe in un “eureka” di chiara interpretazione, prima di nascondersi tra le frasche e lasciar scoprire agli esperti se il posto sia davvero quello. Chi lanciò il grido? Ancor oggi non si sa. Si moltiplicano le ipotesi di chi vede lo stesso muretto, il medesimo lampione, una curvatura simile, un palo della luce che si alza nell’esatto modo del fotogramma: la verità è che il posto è sì quello, ma l’identificazione avviene più per esclusione che per altro.

















Attenzione, poi, al cambio di programma: il tempo stringe e le location rimaste sono due, la villa e la strada delle prostitute (quelle gestite nel film da Villaggio). La logica geografica vorrebbe che si passasse dalle prostitute prima e alla villa poi, ma il terrore di arrivare troppo tardi nella location principe fa deviare il gruppo. Subito alla villa quindi. Markus e Zender, in testa, impostano il navigatore e si dirigono a sud imboccando una stradina. Purtroppo… attenzione: malinteso mai spiegato nell’abitacolo; i due maldestri individui cannano clamorosamente la deviazione a sinistra suggerita dal Tom-Tom e proseguono fingendo di essere nel giusto convinti di poter svoltare quanto prima. Il navigatore tuttavia, maledetto, continua a ripetere ogni cento metri “fate inversione di marcia” e la stradina si restringe sempre più senza mostrare vie d’uscita: il gruppo dietro, inconsapevole, sta lanciandosi senza speranza verso il nulla. A un certo punto la decisione e la triste ammissione: “Bisogna dire la verità, Markus”. “Io… io non me la sento… Lì dietro c’è Legnani, tu sai…”. “Sì, ma non abbiamo scelta, qui ancora un po’ e siamo a Reggio Calabria…”. Markus teme soprattutto le impietose canzonature del Legnani, che sulle dabbenaggini viarie di Markus ha già confessato di voler scrivere un libro. Non c’è scelta però: nei pressi di una sorta di crocicchio minimalista Markus si precipita fuori dall’auto e come impazzito avverte gesticolando ogni singola auto della necessità di invertire la rotta. Giunto al finestrino fatidico, la temuta stoccata del Legnani, a mezza voce: “Non mi dire niente, non mi dire niente…”. Dieci auto e più semibloccate costrette a manovre indicibili per invertire la rotta. Alla fine la manovra comune riesce e il gruppo imbocca la dannata deviazione. Saliscendi nel fango e, in mezzo alla statale, una nuova svolta improvvisa, questa volta verso una stradina in discesa stretta quanto metà macchina. Il navigatore non fallisce, dice Zender mostrando il Tom-Tom al pilota: è da proseguire per di lì, tra le frasche. Nuovo Camel trophy e fermata shock all’inizio di una viuzza che promette avventura e insidie, ingobbita dal fango e le pozzanghere. Markus protesta: “Ma mica dovremmo andare giù di lì?”. Zender, il navigatore col navigatore, conferma: “Sì. Però siamo a 600 metri. Se vuoi possiamo andare a piedi…”. Al solo pensiero di dover ancora muovere le gambe Markus ingrana la prima e parte. Nessuno li segue, inizialmente, ma la villa del fico fiorone è proprio lì: la meta è raggiunta!

































La porta d’accesso alla villa è sprangata, però. Come fare? La classica manovra di aggiramento, che in una precedente reunion davinottica aveva portato ad entrare nel giardino di una villa inaccessibile passando sopra tronchi d’albero su fossati e percorsi al limite dell’umano. L’espediente funziona ancora: il portone sul retro è aperto, l’accesso alle meraviglie del fico garantite! La villa oggi è un agriturismo, è in ottimo stato di conservazione e non è possibile non identificare in essa il nirvana davinottico. In contemplazione delle bellezze della natura il gruppo entra nel sacro recinto dove era stato piantato il fico fasullo costruito da Rambaldi, raggiunge una cappella mortuaria che qualcuno dice sia presente anche nel film (tutto da verificare) e si dedica alle ovvie session fotografiche, trovando addirittura, in una cantina, il cartello originale usato da Avati nel film: “al fico fiorone”. In estasi di fronte a tanta fortuna, i davinottici si godono ancora il momento e si fanno accompagnare fuori dall’inserviente moldavo (al quale si era detto di voler visitare l'agriturismo) cui è stata giustamente allungata una mancia. Una volta fuori, risalita in auto e caccia alla via delle prostitute.


































Hackett aveva scritto coordinate precise, sul foglio, grazie alle indicazioni di Bastelli, ma considerato che la scena mostra solo una via con un paio di cascine ai lati pareva impossibile poter davvero trovare il punto esatto. Sbagliato: come per magia, proprio per chiudere la giornata perfetta, come se un angelo dall’alto avesse preso per mano l’auto di Zender e Markus, davanti al gruppo si materializza proprio la strada del film dove Villaggio accompagnava le sue prostitute e dove veniva fermato da Lucio Dalla in sella al suo trattore. Quattro passi per le triangolazioni esatte operate dagli specialisti Ellerre e Pigro e infine gli scatti: giornata conclusa nel migliore dei modi.


















Venticinque persone ferme in mezzo alla strada a bloccare il traffico per i saluti & baci, con gravi disagi per il comune che ha già promesso un’inchiesta che faccia luce sul deprecabile fenomeno del cineturismo associato a trasferte davinottiche.
Infine tutti a casa, ognuno coi suoi problemi (soprattutto Manfrin, che fa sapere, il giorno dopo, d'essersi beccato una multa per sosta vietata e un incidente sulla via del ritorno che ha rallentato terribilmente il traffico)…

La Fondazione Davinotti ringrazia sentitamente tutti i partecipanti all'evento e promette che un nuovo incontro si farà presto per andare incontro alle pressanti aspettative davinottiche di chi è intervenuto.

Testi e tavole: Zender - Foto: Ellerre, Gugly, Trivex, Markus

RESOCONTO INSERITO DAL BENEMERITO ZENDER

Articoli simili

commenti (30)

RISULTATI: DI 30
    Geppo

    30 Aprile 2010 09:14

    Ragazzi, bellissimo... finalmente i vostri nickname hanno un volto....
    Mi sarebbe piaciuto esserci...
    Ellerre

    30 Aprile 2010 10:18

    Bel reportage Zender! Condito ottimamente col tuo solito lieve tono caricaturale che, in questi casi, ci sta sempre bene. Mi hai fatto rimembrare appieno i momenti, spero ripetibili, di quella bella giornata. Grazie.
    Powerglide

    30 Aprile 2010 10:18

    Stupendo! STUPENDO! STUPENDO!
    Andava filmato per poi farne un cortometraggio.
    Eccellente il testo che è una vera e propria sceneggiatura.
    ...e le foto con i nickname ci volevano proprio.
    B. Legnani

    30 Aprile 2010 10:40

    Molto bello!
    ***
    Devo aggiungere che dalla sua pronuncia delle consonanti palatali e da quelle fricative, da me attentamente ascoltata, si può ipotizzare che l'inserviente, anziché moldavo, sia di lingua slava, con sbalorditivi influssi di dalmatico, lingua romanza estintasi (come ogni buon davinottiano dovrebbe sapere), allo spirare [si noti il gioco di parole] del secolo XIX.
    Capannelle

    30 Aprile 2010 13:40

    Siete bellissimi e le foto con didascalia era proprio quello che mi aspettavo! Pigro lo vedo già con l'aria da regista consumato, il Dandi con giacca d'ordinanza e Fauno dico che se va a NY facendo finta di non vederci gli danno gratis una suite al Ritz..
    Hackett

    30 Aprile 2010 13:43

    Meraviglioso reportage! che giornata!!!
    PagniMauri

    30 Aprile 2010 14:34

    GRANDI! Ahahahahahah! Un esercito... ahahahahah!
    Beati voi, vi invidio!!!
    Brainiac

    30 Aprile 2010 14:40

    Che belli che siete!!!
    Markus

    30 Aprile 2010 14:41

    Malgrado gli anni passati, questi sono gli effetti della "legge Basaglia" ;DDD
    Trivex

    30 Aprile 2010 14:41

    Senza parole..siamo sinceramente commossi.
    Grazie a Zender per l'ottimo commento ed a tutti i partecipanti per l'indimenticabile giornata.