Ti guardo - Film (2015)

In una Caracas caotica ed ostile, il rapporto tormentato fra due uomini segnati dalla presenza/assenza di un padre: Armando, un 50enne che paga ragazzi di strada per ricavarne piacere senza contatto fisico, odia il proprio (forse responsabile della sua freddezza emotiva), mentre Elder, giovane ladro allo sbando, cerca un'altra figura paterna che sostituisca quello vero finito in galera quando lui era ancora bambino. Film interessante, interpretato dai volti giusti, ma troppo ermetico, reticente: una scelta narrativa che lascia una sensazione di incompiutezza, soprattutto nel brusco epilogo.

La società venezuelana vista attraverso una relazione omosessuale vissuta nella clandestinità di Caracas: è la distanza stabilita dallo sguardo, la messa a fuoco dell'altro a definire la logica di potere nei rapporti; che è classista, conservatrice, conforme. Se il giovane Elder è una forza ingenua e compulsiva che spinge ad una sconcertante, dolorosa presa d'atto; Armando è la maturità disillusa e apatica incapace di perdono, che precipita in un'involuzione identitaria. La distanza si fa stile in un estetica cerebrale, scabra, prosciugata di ogni residuo di retorica: ostico ma interessante.

Film interessante che vorrebbe fare della "reticenza" e dell'elliticità la sua cifra e la sua forza ma che forse proprio per questo perde parte del suo valore. In particolare a causa di una sceneggiatura non brutta ma non particolarmente originale (si veda il modo in cui ritrae questo strano rapporto "padre-figlio") e soprattutto di una regia che manca di forza visiva ed emotiva, tranne pochissime occasioni, e non sa costruire momenti ed immagini che restino nella memoria. Esagerato ed ingiustificato Leone d'oro a Venezia.

Una Caracas degradata è lo sfondo di una relazione omosessuale tra un cinquantenne e un giovinastro di strada. Narrazione ermetica e rarefatta che non offre momenti che colpiscono; sembra che tutto scivoli via come un fugace rapporto carnale. Appropriati i due interpreti principali ed enigmatica la figura del padre di Armando, priva di una qualsiasi spiegazione. Finale personalmente tronco.

Due uomini di età ed estrazione diversa intrecciano un rapporto basato sulla ricerca di figure di riferimento, quella di un padre per l’uno e di un figlio per l’altro. Interessante e ben realizzato, si rivela alla lunga eccessivamente ermetico, con un regista che talvolta sembra privilegiare la forma sul contenuto ed una sceneggiatura poco sviluppata. I due attori offrono una bella prova di recitazione e se Castro è ormai una garanzia, la rivelazione è il giovane coprotagonista. Interessante ma incompiuto.

Più che un tema omosessuale, la storia dell’uomo che paga i ragazzi per masturbarsi senza toccarli e che poi è coinvolto in uno strano rapporto simbiotico con uno di loro ha a che fare con la questione sociale, che viene a sua volta sviluppata sulla linea paterna. Il protagonista borghese è in mezzo tra un odiato padre dell’alta società e giovanissimi sottoproletari sbandati, solo apparentemente amati ma in realtà manipolati: e tutto ruota attorno ai soldi continuamente sbandierati. Suggestivo impianto simbolico che però rimane freddo e distante.