Sulla scia della più nota Hammer, la casa produttrice inglese Amicus provò a dare una forma all’horror d'oltremanica. In THE PSYCHOPATH, in realtà, la matrice è thriller e non è un caso che la storia sia stata scritta da Robert Bloch, l'autore del hitchcockiano PSYCO, e l'unico elemento horror è la presenza di bambole di cera con le fattezze della vittima ritrovate costantemente sul luogo dell'omicidio. Per il resto la struttura è quella del giallo, con un colpevole ben preciso (e di facilissima riconoscibilità), un colpo di scena finale, il solito ispettore inglese burbero ma corretto (Patrick Wymark, un viso per nulla simpatico e dai modi...Leggi tutto sbrigativi quanto irritanti). A tutt'oggi un film irrimediabilmente datato, classicamente inglese nelle scenografie e nei colori vivi della fotografia, che non offre nulla di interessante al di là della qualità nella realizzazione delle bambole, invero somiglianti e ben fatte. Le scene clou, ovvero gli omicidi, sono realizzate pedestremente, senza che si riesca a creare la benché minima suspense nonostante la colonna sonora di Elizabeth Lyutiens, complessivamente scadente e inadatta, trovi proprio in quell'occasione un tema azzeccato (precedendo come idea i vari “Tubular Bells”, “Profondo rosso” eccetera). La barocca “casa di bambole” in cui si è seppellita l’invalida signora su cui ben presto si puntano i sospetti dell'ispettore Holloway vorrebbe sembrare l'antro di una strega, ma è solo uno squallido deposito di bambole tutte uguali. Cast incolore, tutte facce inglesi senza un minimo di espressività. Freddie Francis, partito come direttore della fotografia, è regista altalenante, che seppe però all'epoca ritagliarsi un proprio spazio tra gli horror makers inglesi anche in virtù della non eccelsa qualità della concorrenza. Visivamente bello il finale.
Robert Bloch alla sceneggiatura ha fatto ammenda delle rettifiche di Joseph Stefano sulla trama del suo Psycho, per l'immensità di Alfred Hitchcock. Il film non ha vertici di tensione per gli annali, ma procede con destrezza (considerato il plot non proprio lineare) e Francis dipinge un pugno di sequenze memorabili (la metifica casa delle bambole, il gran finale e almeno un paio di omicidi, restano). Chissà se Argento non gli debba almeno una visione prima di lanciarsi nel profondo rosso. Da recuperare, senza impegno.
Freddie Francis è stato un nome fondamentale della cinematografia gotica inglese (in genere attivo per le produzioni Amicus). Pur essendo molto versato nella messa in scena di storie di tipo gotico (questo La Bambola di Cera o il curioso Il Teschio Maledetto) le sue migliori realizzazioni sono quelle a carattere Omnibus delle quali Il Giardino delle Torture e I Racconti dalla Tomba rappresentano la punta di diamante. Il titolo specifico, pur gradevole, risente di una lentezza narrativa appesantita da uno sviluppo della trama labirintico.
Buon giallo classico di Francis su sceneggiatura di Robert "Psyco" Bloch e infatti l'influenza del prototipo hitchcockiano è palpabile. Certo, il colpevole non è proprio insospettabile ma il plot funziona anche grazie al cast, composto da solidi e professionali caratteristi british-style anni 60. Inquietante il giusto la "casa delle bambole" e appropriata la colonna sonora.
MEMORABILE: Il medico al giovane studente di medicina: "Dopo 20 anni di professione medica posso darle un consiglio?" "Sì, la prego" "Faccia l'idraulico"
Solido anticipatore del nostro giallo nostrano targato GB. Gli omicidi per l'epoca sono davvero sadici e morbosi e la confezione impeccabile. Un cast di solidissimi attori (su cui spicca senza dubbio la Johnston) completa il tutto. Finale morboso, inaspettato, inquietante. Il personaggio dell'ispettore (interpretato da Patrick Wymark) tornerà in La Casa Che Grondava Sangue).
D'accordo, non il miglior Bloch, e nemmeno il miglior Francis, ma un signor-piccolo film, con le sue atmosfere ben giocate fra espressionismo qui trattenuto e là scatenato (non solo la casa dell'ottima Johnston, ma la sequenza nel garage delle barche con le immnese sagome) e compostezza british dietro la quale si nascondono tipicamente orrende nequizie (ah, i musici dilettanti... ). Certo che è girato in economia secondo gli spartani canoni dell'Amicus, ma si rimpiange come molti coevi.
Gli amanti del giallo all'italiana, che nascerà di lì a poco, lo gradiranno. Non mancano, infatti, atmosfere ed idee azzeccate (le bamboline con le fattezze dei cadaveri, ritrovate dopo ogni omicidio). Peccato però che il meccanismo del whodunit
sia debole, nonostante sceneggi "Mr. Bloch-Psicho": ci vuole poco a capire l'inghippo.
La Johnston recita molto sopra le righe. Non male, ma curato di più poteva essere un
vero gioiellino. In ogni caso è consigliato agli amanti del genere.
Tra il picco iniziale (la vecchia signora assisa sulla sedia a rotelle come una regina, in mezzo al salone popolato di bambole che lei chiama "i miei bambini") e il picco finale (la magnifica sequenza in cui si palesa tutto l'orrore di un amore morboso e folle), c'è il sentiero rettilineo di un giallo inglese tradizionale: molto understatement, un pizzico di humor, e quel particolare delle bambole con le sembianze della vittima di turno, sinistro presagio dei delitti. Un sentiero che vale la pena percorrere, per arrivare in quella soffitta dove... oh, my God!
MEMORABILE: L'assassinio della ragazza con l'impermeabile rosso ciliegia; la sequenza nel cantiere navale.
Bel protothiller-horror del tempo che fu. Il mio favorito tra gli "Amicus" di Freddie Francis, certosino direttore della fotografia altrui, abituato invece a girar i suoi film con una frettolosità che spesso cozza con l'apatico ritmo. The psychopath si fa ammirare al contrario per un crescendo bilanciato ed un oculato utilizzo dei clichè Blockiani. Così quello che poteva essere un limite (la mancata sorpresa sul colpevole) è compensato da un'ultima parte in cui la cottura a fuoco lento delle patologie dei personaggi raggiunge gustosi vertici di tensione.
MEMORABILE: L'aplomb dell'ispettore interpretato da Wymarck; La stanza di Fraulein Von Sturm; La splendida scena nella fabbrica di barche; "Mamma mamma".
Bambole, bambole, di tutti i tipi: alte, basse, mostruose, sinistre e poi sei di loro che affiancano i cadaveri di altrettante vittime dentro a un macabro rebus da risolvere. Il tema è un must nel genere horror e qui tinge di fosche gradazioni un racconto giallo molto britannico nelle ambientazioni e nello humour nero. Ottimi gli interpreti (fra tutti Margaret Johnston nel ruolo della pazza paralitica) e un finale tanto inverosimile quanto scioccante.
Filmino un po' tedioso e con attori anonimi. E pure la trama gialla va avanti con un soporifero tran tran. È vero, tuttavia, che anticipa alcuni temi del futuro thriller italico (il feticcio, le musiche, i traumi psichici, i particolari della mano assassina...) e alcuni tocchi sadici, altamente apprezzabili, trovano una loro compiutezza nella scena finale (bella la rivelazione del "prigioniero"), pur se priva di particolari meriti di regia. Per amanti del genere.
Freddie Francis si trovava indubbiamente più a suo agio come direttore della fotografia che come regista, ma in questo caso, senza troppi sensazionalismi, dirige davvero un buon thriller, aiutato da un team di attori tutti in stato di grazia (bravissima Margaret Johnston) e da scenografie che hanno il fascino immutato della decadenza. Morbosissimo lo splendido finale.
La polizia indaga su una serie di omicidi dalle differenti modalità di esecuzione ma accumulati dalla presenza di una bambola con le fattezze della vittima posta accanto al cadavere... Come thriller funziona poco, dato il ritmo soporifero e la prevedibilità dell'intreccio, ma i pregi vanno trovati altrove: nell'aria morbosa della casa affollata di bambole dell'anziana paralitica, in certi particolari sadici, in una inaspettata prova di "amore materno". Peccato per la sceneggiatura poco curata nonostante porti la firma di Bloch, e per il cast incolore in cui spicca la sola Johnston.
MEMORABILE: Il violino schiacciato più volte; Sulla sedia a rotelle, con il volto truccato in modo da somigliare ad una bambola
Nonostante un plot non difficile da prevedere, il film ha una certa sua atmosfera morbosa e inquietante che lo rende coinvolgente. Grazie anche alle buone interpretazioni degli attori, l'intreccio si segue senza fatica, apprezzando soprattutto le qualità di regia e fotografia, che in qualche modo anticipano l'imminente giallo nostrano. Il dettaglio delle bamboline lasciate accanto ai cadaveri, alcune sequenze e il finale abbastanza scioccante lo elevano dalla media di questi prodotti. Non male anche la nenia che ricorre in colonna sonora.
Thriller-horror vecchia maniera (ai tempi presentato durante il leggendario "Appuntamento col brivido" di Italia 1). All'attivo i delitti abbastanza sanguinosi (vedi quello con la fiamma ossidrica), alcuni momenti morbosi (il finale) e i notevoli titoli di testa, al passivo un'eccessiva lentezza nei dialoghi. Per gli appassionati del genere è comunque un film da vedere.
MEMORABILE: La fiamma ossidrica e i titoli di testa.
Giallo decisamente vecchio stile, semplice e linearissimo, oltre che totalmente disinteressato a depistare l'identità del colpevole (se poi si ha in mente che sceneggia Robert Bloch...), tanto che il soggetto pare uscito da qualche b-movie di una trentina d'anni prima. A tale sensazione, peraltro non sgradevole, concorre una regia totalmente scevra da eccessi e violenza, di un'eleganza spesso in grado di tramutarsi in suggestione, non priva, peraltro, di qualche buono spunto pre-argentiano (le luci, i guanti neri, i bambolotti). Bel finale.
MEMORABILE: Il finale, macabro ma con gusto e finezza.
Dignitoso giallo britannico vecchio stile che, pur anticipando alcuni elementi tipici del successivo thriler nostrano, si mantiene tutto nei canoni della tradizione. Se il sangue e i delitti sono quasi sempre fuori campo e la soluzione dell'inghippo con la scoperta del colpevole non sono certo una sorpresa, si apprezzano alcune scelte narrative: dall'atmosfera morbosa che avvolge la casa popolata di bambole ai marchingegni con cui l'assassino cerca di sbarazzarsi dell'ispettore nel deposito navale fino alla finale citazione hitchcockiana. Recitazione di mestiere ma più che decorosa.
MEMORABILE: Le bamboline con le fattezze delle vittime degli omicidi.
Un film horror con forti venature gialle, come ormai non se ne fanno più (e da molto). Lo stile mischia il gotico (vedi l'uso di certe luci, poi ripreso da diversi registi italiani) con il classico horror all'inglese. Non è sanguinolento, ma fa comunque una certa impressione, specie nel finale. Ben recitato e diretto, ambientazioni lussuose e valide musiche. Un gioiello di altri tempi.
Nonostante la sceneggiatura porti la firma illustre di Robert Bloch, il marchingegno giallo è piuttosto debole (chi sia il colpevole lo si capisce subito), ma il versante thriller funziona: merito della regia di Francis, che nel genere ci sguazzava, della presenza delle bambole, che in film come questi regala sempre una certa inquietudine, e soprattutto di quel finale morboso, malato e carico di suggestione. Interpreti corretti tra cui spicca la Johnston (anche perché il suo è il personaggio maggiormente caratterizzato), evocativa la colonna sonora. Imprescindibile no, piacevole sì.
Bloch riprende un paio di elementi dal suo "Psycho" e li innesta all'inconsistente corpus di un gialletto ricco di buchi, facilonerie e imprecisioni. Ma poco importa: le decadenti figure della madre paralitica con figlio perkinsiano al seguito, confinati in una villa colma di angoscianti bambole, corazzano di macabro decoro la traballante struttura dello script. Il godibile meccanismo di sistematica esecuzione delle designate vittime (seppur off-screen, i delitti si distinguono per crudeltà e inventiva) vivacizza l'azione. Ottimi i titoli di testa (Dolls ne terrà conto) e il finale.
MEMORABILE: L'agghiacciante colonna sonora con carillon; Stritolato dall'auto; Il volto arso con fiamma ossidrica; Impiccato in bagno; Schiacciato dalla catena.
Freddie Francis, felicemente dissociato da ogni parvenza di verosimiglianza, si butta a capofitto in un thriller gotico e borghese, meccanico nello svolgimento ma claustrofobico nelle psicologie. Una claustrofobia tutta femminile, racchiusa nel volto di Margaret Johnston, rinchiusa in quel salotto di inquietanti bambole e quieta follia. A tratti insicuro e forzato ma con uno splendido finale dalla morbosità malinconica.
Freddie Francis HA DIRETTO ANCHE...
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Patrick Wymark è doppiato da Pino Locchi
Il detective è doppiato da Gianfranco Bellini
Judy Huxtable è doppiata da Fiorella Betti
La cameriera è doppiata da Flaminia Jandolo
Wow, notizia eccezionale, tra l'altro non mi risulta che sia uscito alcun dvd di questo bel film di Francis; però questa casa di produzione non la conosco, chissà se c'è da fidarsi..
Carissimo ha citato questo film che è un mio culto personale.
Film che ritengo influenzato dal nostro giallo all'italiana, che lo ricorda molto sia nella creatività e sadicità degli omicidi, e nel movente degli stessi.
Un piccolo capolavoro, con una Johnston superba, da premio oscar, ma anche il resto del cast non è da meno.
Finale super inquietante.
Stupendo.
Ciavazzaro ebbe a dire: Carissimo ha citato questo film che è un mio culto personale.
Film che ritengo influenzato dal nostro giallo all'italiana, che lo ricorda molto sia nella creatività e sadicità degli omicidi, e nel movente degli stessi.
Un piccolo capolavoro, con una Johnston superba, da premio oscar, ma anche il resto del cast non è da meno.
Finale super inquietante.
Stupendo.
Lo ricordo poco, ma credo sia il progenitore di uno dei miei cult del cuore (Puppet)
Deve molto ai lavori di Bava (vero), ma ha una certa morbosità che entra sottopelle.
C'e anche un piccolo particolare (il finale) che terrà a mente Sandor Stern per Chi c'è in fondo a quella scala? (o PIN che dir si voglia), altro mio cultissimo.
Sì, è uno dei Francis al suo massimo livello artistico.
Già, un altro gioiellino di grande atmosfera che ricordo carico di stilemi baviani e quindi argentiani... da recuperare, anche se pare il dvd sia davvero pessimo :(
Rebis ebbe a dire: Già, un altro gioiellino di grande atmosfera che ricordo carico di stilemi baviani e quindi argentiani... da recuperare, anche se pare il dvd sia davvero pessimo :(
Purtroppo c'è solo in quella versione per goderlo in italiano (a parte i passaggi tv, non uscì mai in vhs da noi)