Rebis • 9/12/10 14:45
Compilatore d’emergenza - 4455 interventiCiao Jandileida! Sappi che mi rincuora non essere l’unica voce fuori dal coro :)
Condivido ogni singola parola di quanto scrivi, di più: ripensando ad altri film di Martone credo il suo prendersi tremendamente sul serio, l’approccio accademico, programmaticamente impostato e “teatrale” sia una questione di stile. Per me nel film ci sono scelte anticinematografiche evidenti e sbagliate (ne parlo nel commento) che mi confermano un’ipotesi che avevo già avanzato quando vidi
Morte di un matematico: il cinema in quanto mezzo espressivo per lui conta meno del messaggio e dell’operazione “storica” che vuole veicolare. Il suo cinema non apre mai ad una riflessione, non c’è una spazio in cui lo spettatore possa elaborare una considerazione personale. Martone afferma, proclama in tono quasi paternalistico. Da qui la tendenza (involontaria?) a mettere il pubblico su un piano inferiore, a metterlo in difficoltà, e la scelta di non usare sottotitoli mi sembra paradigmatica, così come quella di raccontare fatti secondari non accessibili a tutti. Ne
L’Amore Molesto parlano un napoletano strettissimo: lì la scelta dei sottotitoli è stata obbligata, pena l’incomprensibilità, e, se non ricordo male, non è stata comunque dettata dall’autore.
Teatro di Guerra, per me è un buon film, forse il suo migliore: ma anche lì nella sua schematicità manichea (teatro indipendente vs. teatro commerciale) non c’è spazio per il pubblico. Sta o non sta affermando una sua, personalissima – forse condivisibile – visione delle cose? Una sua esperienza? Non sta forse dicendo: le cose stanno così, punto e basta? Credo che
Noi credevamo, da questo punto di vista, non faccia differenza…
Burattino, Tarabas
Cotola, Pigro, Galbo, Thedude94, Gordon, Zampanò
Cloack 77, Giùan, Nicola81
Disorder
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