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A questo giro gli anglofoni hanno scelto una titolazione veramente generica: The Trip (Il Viaggio)Hai ragione. in questo caso oltre che generica la titolazione è anche fuorviante, dato che il viaggio è solo lo spostamento della coppia, risolto in poche inquadrature, dalla loro abitazione alla baita sul lago dove si svolgerà tutta la vicenda.
signori io non mi capacito. mi aspettavo un unanime quadripalla e magari anche un quasipenta per questa bomba sporca. ma un film che ve le canta e ve le suona ultracattivo e a così pieno ritmo per due ore senza mai un minuto di pausa risvegliando sia il bimbo davanti a tom e jerry che l'alexander delarge che è in voi dove altro lo trovate? :OA questo punto ti consiglierei anche Riders of justice, altro scandinavo sui generis che personalmente mi è piaciuto anche di più di questo.
io per certo ero totalmente impreparato a un così tronfio ultraboosting della più esasperata violenza a cavallo tra la MGM-cartoon e il kursaal splatter. a lasciarmi più sbalordito ancora è stata l'abilità nel gestirla lungo due ore senza mai uno scivolone uno sia per scansione ritmica che per ingegneria di scrittura-struttura, con quel continuo ribaltarsi situazionale tanto inatteso quanto sapientemente "prequelato" (forse fin troppo). la funzione caterpillar paterna l'avevo ahimè subodorata sverginato in tal senso dalla recente visione di nothing (appartengo purtroppo e/o per fortuna alla fascia spettatoriale "me l'hai fatta sotto il naso una volta e tanti accorati complimentoni, ma a una seconda ronda sotto le nari non ci arrivi") - non posso specificare oltre senza scatenare l'inferno di un duplice spoiler e in tal senso spero tu abbia già visto quel film. certo è che non mi aspettavo un'escalation così peterjacksoniana!!
ma il jolly che sbanca è antonsen (toh, quasi tuo omonimo!!). no dico parliamone. quando ricapita un villain così laido turpe brutale e senza alcun dio manco pagano al tempo stesso così spassoso (il nostro viene dal teatro comico e si vede - buca da portarsi via tutto il cast) e capace di far sia sganasciare che paura anche ridotto a pinhead dei pescatori meno abbienti?
a volerlo proprio spulciare, avrei caricato dama sullo sconquasso fisico. insomma dai tutte quelle botte da orbi nei modi più variegati e non si vede un dente che salta, un osso rotto, una lesione seria seria che invalidi per tutto il tempo tutti. però son pulci in un prodotto che non vuole prendersi fino in fondo sul serio.
A questo giro gli anglofoni hanno scelto una titolazione veramente generica: The Trip (Il Viaggio) al posto della traduzione corretta dal norvegese che sarebbe stata In Bad Days. E' infatti un estratto del passaggio del rito nuziale: "I gode og onde dager", ovvero "in good and bad days" letteralmente (nel rito inglese, "in good times and in bad", in America "for better, for worse"), in italiano "nella gioia e nel dolore".io l'ho maggiormente inteso come un letterale nella buona e nella cattiva sorte, non solo per quel che è il loro rapporto e per gli imprevisti che li spingono a rivisitarlo, ma anche per le conclusioni del protagonista, che deduce che il fallimento presiede entrambe le fasi (e poi c'è ovviamente il finalissimo, a dirci che un matrimonio è un business...)
Herrkinski ebbe a dire:Vero, ma ho scoperto che nel rito italiano "nella buona e nella cattiva sorte" non esiste, è sostituito da "nella gioia e nel dolore". Ci siamo abituati alla traduzione anglofona a forza di film, ma in effetti pare che nella realtà la forma non sia comune.A questo giro gli anglofoni hanno scelto una titolazione veramente generica: The Trip (Il Viaggio) al posto della traduzione corretta dal norvegese che sarebbe stata In Bad Days. E' infatti un estratto del passaggio del rito nuziale: "I gode og onde dager", ovvero "in good and bad days" letteralmente (nel rito inglese, "in good times and in bad", in America "for better, for worse"), in italiano "nella gioia e nel dolore".io l'ho maggiormente inteso come un letterale nella buona e nella cattiva sorte, non solo per quel che è il loro rapporto e per gli imprevisti che li spingono a rivisitarlo, ma anche per le conclusioni del protagonista, che deduce che il fallimento presiede entrambe le fasi (e poi c'è ovviamente il finalissimo, a dirci che un matrimonio è un business...)