Pulp moderno in salsa russa, con conseguente azzeramento totale di sentimenti e raggelante impassibilità di fronte ai copiosi spargimenti di sangue. Che scorre generoso, colorando di rosso un mondo racchiuso all'interno di un appartamento dal quale si esce assai di rado e quasi solo durante i flashback che progressivamente hanno il compito di spiegare cosa si celi dietro l'escalation di violenza cui assistiamo. Che comincia quasi da subito peraltro, con un giovane fermo di fronte alla porta dei genitori della sua ragazza. Nasconde un coltello nei pantaloni e lo accoglie il padre di lei, un commissario di polizia che capiamo facilmente essere l'obiettivo del giovane. I due siedono...Leggi tutto al tavolo, scambiano quattro parole non certo all'insegna della cortesia (ma parla solo l'uomo, con sua moglie che armeggia in cucina) e cinque minuti dopo danno il via a uno scannamento reciproco che proseguirà a lungo, enfatizzato da una violenza iperrealista che pure perde, nel suo parossismo, ogni connotato di credibilità. D'altra parte non era certo quella l'obiettivo del regista, impegnato a inventare scene ad effetto a dire il vero con risultati spesso modesti. In fin dei conti non siamo certo vergini, dopo anni e anni di massacri domestici selvaggi che Tarantino ha elevato a stile e che in troppi hanno provato a imitare finendo col risultarne solo poveri emuli. Qui le cose non vanno molto meglio, con il solito ricorso alla costruzione ad incastro studiata per svelare scena dopo scena qualche particolare in più sui pallidi moventi che animano i protagonisti. Da cosa scaturisce l'odio reciproco che sembra escludere dal gioco solo la moglie/madre, che assiste incredula sì ma pure lei mai esageratamente stupita da tanta follia? Si maciullano gambe a colpi di trapano, si beccano in pancia coltellate come acqua fresca perché in fondo siamo dalle parti del videogame: si torna in piedi pronti a nuove sfide con giusto due acciacchi che non limitano nemmeno troppo i movimenti. E si va avanti così, senza un vero perché ma, quel che è più grave, senza che nemmeno si armonizzi tanta azione al contesto; ritmi catatonici, pause improvvise, frequenti sequenze in cui l'interesse scema, dialoghi che sanno di puro riempitivo e che si limitano a fare da corollario ovvio a una storia facile facile di ricatti blandi, avidità e vendetta. Di tanto in tanto si infila qualche timida frase che dovrebbe arricchire il tutto con un po' di umorismo nero, ma per ottenere l'effetto voluto ci voleva maggiore ricercatezza; si sfrutta invece semplicemente il contrasto tra il sangue sparso a piene mani e le espressioni di pietra del cast (non di gran livello) secondo uno schema sperimentato meglio altrove. Si lavora molto sulla fotografia: colori vivacissimi, contrasti accentuati; e sulle inquadrature e gli espedienti (ralenti, primi piani sugli oggetti). Non manca insomma il côté tipico di chi cerca disperatamente di lasciare il segno con un tocco personale ma si ferma in superficie. Non si può dire che sia un film mal realizzato, ma sostanzialmente superfluo sì. Lontano da una sceneggiatura ben oliata che possa renderlo nel complesso piacevole o da una regia spigliata che lo dinamizzi, procede con qualche buona invenzione visiva qua e là (la forcina recuperata con la lingua) in un mare piatto di iperviolenza. Comprensibile comunque che abbia trovato numerosi estimatori.
Sokolov al suo esordio padroneggia perfettamente la tecnica narrativa non solo della black comedy, ma anche quando fa riferimenti costanti al grande cinema, che danno spessore alle vicende narrate e nel contempo le alleggeriscono con costante, acida ironia. Con fluidità e "leggerezza", la mattanza tra quattro mura passa dall'iperviolenza tarantiniana all'eleganza formale di Park Chan-Wook, al western all'italiana. Anche se molto di ciò che accade rasenta l'impossibile o l'iperbolico, rimane comunque un messaggio di fondo per niente fine a se stesso.
MEMORABILE: Il martello; La forcina recuperata; Il trapano; La morte della madre; Le musiche western; Il finale.
Armato di martello, Matvey si presenta alla porta del padre della sua ragazza con l'intenzione di ucciderlo in quanto ha abusato di lei quando era ancora bambina, ma le cose non stanno come pensava... Immerso in colori squillanti in cui il verde smeraldo si tinge progressivamente di rosso, mentre nella colonna sonora si alternano motivi dance ad echi morriconiani, tra scambi di sguardi alla Leone e fiumi di sangue pulpfictionisti, una commedia russa che sorprende e diverte ad primo all'ultimo minuto, riuscendo ad essere citazionista senza risultare derivativa: un gioiello d'humor nero pece.
MEMORABILE: Ammanettato nella vasca da bagno; Il risveglio dalla morte; Lo scambio di sguardi tra i due poliziotti con il terzo incomodo che guarda entrambi
Olja (l'acqua cheta Kregzhde) chiede al fidanzato Matvej (Kuznecov) di uccidere lo scontroso padre Andrej (un animalesco Khaev) in segno di vendetta per una presunta violenza sessuale; ma il piano va all'aria, anche a causa di intenzioni non proprio limpide. Commedia nera di grana piuttosto grossa quella di Sokolov, che gioca con registri, citazioni (Tarantino, Leone...) ed emoglobina per mettere in scena la perfetta dissoluzione del nucleo familiare (ed affettivo) post-sovietico. Non sempre sul pezzo, ma alcuni colpi centrano il bersaglio.
MEMORABILE: Funzionamento delle manette da importazione; La voracità di Andrej; Duello tra Andrej e Evgenich; Olja e i due poliziotti.
Tutta la parte iniziale tra Matvey e il commissario diverte alla grande per la disfida tra i due, il sound che lo accompagna, i continui rilanci di pulp grottesco con la moglie di puro contorno. Quando invece la storia si allarga a nuovi personaggi o flashback e si cerca una minima razionalizzazione il racconto si sfalda ed eccede con lo splatter, ormai non più funzionale ma riempitivo. Ci sono singole sequenze che prendono (i due poliziotti, il salvataggio della mamma), ma l'insieme diventa artificioso e con sciocche citazioni (vedi Leone).
Ritratto di famigliola dai colori brillanti, pulpissimo e palpitante, affresco di una società irrimediabilmente corrosa dall’avidità (e per fortuna rinfocolata almeno da un minuscolo spiraglio consolatorio), rifugio di folate western e vie di fuga cartoonesche, diretto con gusto visivo e inquadrature iperboliche da chi va segnato sul proprio taccuino. Sotto la luce accecante, però, si intravedono troppo spirito citazionista e, ancora più in fondo, una velata mancanza di curiosità. Alla colonna sonora manca solo Toto Cutugno. Bigiotteria.
Già dal titolo questa pellicola russa si presenta per quello che è: una dark comedy dal ritmo serrato che grazie a un montaggio incalzante e a una sublimazione della violenza (sconfinante nello splatter) regala allo spettatore divertimento cinico confezionato da tragedia moderna, Piccole grandi avidità da aspiranti capitalisti, rancori famigliari mai sopiti e ingenui amori mal riposti si scontrano nel teatrino surreale di un piccolo appartamento che appare congelato in un passato sovietico non poi così lontano. Divertente, scorretto, adorabile.
Dove si sbarella, c'è casa: e casa tutt'altro che dolce, se non per contrappositiva ironia sceno(foto)grafica. Sokolov ruba ai Ritchie per dare al power e ha dell'impensabile come riesce a combinare il massimo del carneficinale col massimo dell'intransigente matrioskalità narrativa, la bestialità più sperticata ed esuberata con l'iron-charactering (cosa non è Khaev!).Giannizzero del pulpitante oversplatter, quasi un Wirkola sovietico, ci regala una scorpacciata di spaghetti di celluloide alla carbonara da ischemia. E allora in nome del power, del filthy e dello spirito tanto, amen.
MEMORABILE: Dentro la tv oltre Videodrome; In vasca; Black & Decker; Etna di plasma finale.
Quello che sembra un eccessivo Ti presento i miei, con lei che commissiona a lui il delitto del padre-padrone-agente si rivela ben altro. Pellicola russa praticamente kammerspiel con confezione sgargiante e pop (inserti alla Crank), tra l'horror e il grottesco, abbonda di litri di sangue e trovate divertenti con capitoli di retrospettiva sui personaggi e persino duelli memori dello spaghetti western (sottolineati in OST). La sceneggiatura funziona, l'approccio splatter (forzato) è stemperato dal beffardo e sottile humor noir (con qualche tarantinata) e la prevedibilità non è di casa.
Divertente pulp comedy, girata alla RocknRolla ma che ha anche momenti alla Trainspotting (la forcina nello scarico) e collaudate esplosioni plasmatiche in una sola stanza. Eppure, nonostante le numerose ispirazioni, il film ha una sua accattivante personalità. Il montaggio prevede brevi flashback per ogni personaggio, mentre il puzzle si compone in un incessante bagno di sangue che fortunatamente non si prende mai sul serio e rende tutto deliziosamente surreale. E dei messaggi ci sono (la gerarchia patriarcale, l'avidità) ma prevale sicuramente lo spettacolo. Ben fatto.
Pulp/comedy russa che stupisce par la mano "tarantiniana" del regista! Buona la prova degli attori, specialmente i due protagonisti; forse si poteva scavare un po' più a fondo per quanto riguarda i flashback "esplicativi", ma tutto sommato i personaggi sono ben delineati e la struttura del film ben regge anche le forzature che omaggiano il sano gusto per il pulp! Sorprendente!
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DiscussioneDaniela • 1/05/20 10:53 Gran Burattinaio - 5928 interventi
Commedia russa spassosa, confezionata con gran classe, tra contrasti cromatici wesandersoniani e movimenti di macchina fluidi come l'olio.
Consigliata a tutti, anche se sono pronta a scommettere sul godimento solo di chi è apprezza particolarmente l'humor nero.
Grazie!
Visto, confermo gli ambienti wesandersoniani.
Parte molto bene, all'allargarsi della storia a più personaggi trova delle difficoltà che non può coprire con litri di sangue.
Ma la forcina è geniale...
fenomenale. praticamente una sorta di the trip sovietico. sokolov uno di noi! a me più che tarantino, per condensata composizione narrativa ha ricordato il primo ritchie. comunque tantissima panna con fragole. se la cine-cucciolata di sokolov è tutta così, c'è di che pluriorgasmare fino al 2030.