Action politico con Bronson nei panni di Holland, un killer professionista ormai ritiratosi su un'isola tropicale. In seguito all'omicidio di un suo vecchio amico giornalista ad opera di un dottore specialista in torture nei paesi sottomessi a regimi politici estremi, Holland viene convinto a rintracciare il dottore e a mettere fine alla sua organizzazione. Così parte in incognito per il Guatemala. Bronson cambia ruolo ma rimane simile al "giustiziere". Il film risulta un po' datato e non è molto brillante, anche se ci sono buoni momenti.
Il compianto Bronson insiste con il ruolo giustizieristico: questa volta nei confronti del "dottore", un astuto torturatore di un paese sudamericano infestato da un regime dittatoriale sanguinario com’è prassi. Il film risulta banale, seppur gradevole da seguire e piuttosto fantasioso nonché facilotto nella morale (si potessero risolvere così i problemi dei diritti dell'uomo nei paesi del sottomondo!). Brutale, ma efficace e veritiera la scena della tortura a base di corrente elettrica dell'inizio del film.
Un attore una garanzia: la presenza di Charles Bronson e un film con la parola giustiziere nel titolo (ma quello originale è diverso) è garanzia di stretta prevedibilità della trama e dello svolgimento della pellicola: lo schema della vendetta viene infatti puntualmente ripetuto come pure la distinzione manichea tra buoni e cattivi e la facile morale giustizialista. Alcune scene sono tuttavia efficaci.
Il giustiziere in versione politica Bronson si cala nei panni di un killer che nonostante sia appunto un killer questa volta decide di uccidere per vendicare un amico (giornalista di sinistra) ucciso e torturato dal "dottore", un dottore esperto in torture che lavora per i regimi militari sudamericani.. Film intelligente (la figura del dottore è di fantasia pura, non così le torture realmente usate in certi regimi), senza esagerazioni e con bei colpi di scena.
MEMORABILE: L'omicidio del nero con un coltello lanciato.
Visto l'enorme successo della saga del Giustiziere interpretato dallo stesso Bronson, i distributori italiani pensarono bene di distribuire in Italia questo film che non ha minimamente a che fare con la saga di Paul Kersey, con questo titolo banalotto. È pur vero che anche il film in sè lo sia, banalotto; colpa sopratutto di un copione a dir poco modesto e di una regia priva di spessore. Interpreti decisamente annoiati e poco convinti fanno il resto.
Come sempre i produttori e i distributori italiani ci mettono del proprio per banalizzare un film: in questo caso è la traduzione del titolo. In inglese "The Evil That Man Do", in italiano uno scialbo "Professione giustiziere". Tuttavia il film non è una banalità: la scene di violenza vanno di pari passo con la violenza sia verso gli innocenti sia verso i "cattivi" di turno.
Sul titolo han già detto. Su Bronson, non recita, è. Al cinema questo vale. Un punto mi colpisce: la dottoressa. È cattiva, è lesbica. Il mix puritanesimo/crudeltà giustiziera è espresso in questa caratterizzazione, il cattivo è sempre un "deviato". Per il resto il film è inutile e becero, con la cinepresa in cerca del "particolare" crudele (le palle strizzate, le picconate, peraltro inverosimili, ma sangue schizzato sui volti dei contadini vendicatori). Confezione standard.
Classico Bronson-movie incentrato sul tema della vendetta. Il ritmo veloce e la regia esperta di Thompson lo rendono piacevole e la classica freddezza del protagonista (sempre a suo agio in questo genere di film) fa sorvolare sulla trama ridotta all'osso, con una contrapposizione buoni-cattivi quanto mai banale. Qualche efferatezza improvvisa (la tortura iniziale) e un discreto finale.
Film confezionato su misura per Bronson, ormai guadagnatosi il diritto ad essere attore di richiamo visti i trascorsi filmici sia come killer (Città violenta, Professione assassino nonché la serie del Giustiziere della notte). Altro non c'è, se non situazioni di una prevedibilità assoluta, cadute di ritmo e scene prese a prestito da molti, troppi altri film. Direi deludente anche per i fan di questo attore così particolare. Semplicistico. Io i morti dei regimi dittatoriali li avrei lasciati stare.
Dopo aver girato due giustizieri della notte, Bronson si vede appiccicata ancora la stessa etichetta, anche se il titolo originale di questo film viene nientemeno che da un brano di Shakespeare. In effetti, per vendicare la morte di un suo amico (ma c'è di mezzo una dittatura), il compianto attore non ha indecisioni quando c'è da uccidere; per questo viene giudicato un freddo killer, mentre lui ha uno spirito romantico e ama contemplare la natura. Un onesto action che non annoia e che nel buon finale ribadisce il concetto di giusta vendetta.
Nel commutare Bronson in ex killer in ritiro, rilanciato in pista per vendicare con armi e metodi in libertà un amico trucidato dal Mengele di turno, Thompson sembra volersi rifare di tutta l'efferatezza contratta e dell'esplicitazione contenuta l'anno precedente, incanalando protagonista e spettatore in un tourbillon di violenza particolarmente sangrienta. Al di là dell'inusitata truculenza, film ad elevata graniticità atmosferica nel pomiciare con nazi-exploitation e zombesco (il bellissimo finale surreale, con quei minatori in salsa Grau-De Ossorio-Romero-Fulci) e di scrittura.
MEMORABILE: Le torture narrate nella vhs; L'uccisione al bar con prolungata morsa testicolare.
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