Never let go - A un passo dal male - Film (2024)

Aja si spiana la strada con una fiaba gotica, attraversando scenari archetipici apicali. Usa gli stilemi dell'horror per rappresentare le pulsioni distruttive che covano in seno alla famiglia, rifugio e prigione dell'identità. Poco importa se il Male è un'entità senziente o la proiezione di emozioni disfunzionali che i personaggi non riescono a integrare: se non si cercano risposte dirette, il film si disvela uno strato via l'altro, dalla relazione fusionale alla paranoia xenofoba, fino all’ambiguo statuto di verità delle immagini fotografiche. Notevoli i due giovani interpreti.

Se l'inizio riesce a essere intrigante, con il suo disvelamento di una protezione che diventa orrore e claustrofobia e un bosco prigione inquietante, Aja perde poi progressivamente il filo. Tra orrore vero e immaginato i buchi di trama si fanno gli unici veri elementi chiari e le apparizioni un po' troppo fasulle in make up ed effetti peggiorano le cose. La Berry si fa sorpassare dai piccoli protagonisti, ben calati nei ruoli, mentre spalanca gli occhi invasata. Finale più che prevedibile.

A seguito di un imprecisata catastrofe, da anni una donna vive in una casa nel fitto del bosco insieme ai due figlioli, cercando di insegnare loro che l'unica maniera per proteggersi dal male è quella di restare legati con una corda collegata alla casa stessa... Madre protettiva o folle paranoica? Purtroppo, dopo un inizio promettente, il dubbio sfuma, tanto che l'epilogo stupisce non perché sia imprevedibile ma al contrario perché risulta scontato. La fattura è discreta, qualche sequenza è suggestiva, i due ragazzini sono bravi, ma Aja non va oltre la dignitosa routine.

Fin dall'inizio la storia di una madre e dei suoi due figlioletti legati insieme da una corda "ombelicale" che mentre protegge dall'esterno, limita e soffoca il perimetro vitale dei protagonisti, appare didascalica e pesante con un che di involontariamente comico, che si riverbera nel confuso insieme di paranoie, pregiudizi, visioni, che caratterizzano questo horror minore di Aja. Predominano suggestioni ambigue sia nel bosco che nella casa-rifugio, ma la prevedibilità appiattisce quel poco di tensione sempre allusa ma mai realizzata in modo convincente, come conferma l'epilogo.

Una madre vive con i propri figli in una vecchia casa di legno che sembra proteggerli da demoni che cercano di impossessarsi di loro. La mancanza di cibo porterà i bambini a dubitare della madre e delle sue visioni demoniache. La base di partenza è molto buona e Aja dimostra ancora una volta di saper creare ottime atmosfere claustrofobiche. Il senso di disorientamento poi è tangibile e rimane costantemente il dubbio che tutto ciò che si sta vedendo possa anche essere frutto dell'immaginazione e della follia della protagonista. Ottima l'interpretazione dei due bambini. Non male.

A conti fatti sembra una reinterpretazione in chiave soprannaturale (un imprecisato "male" in luogo di una zoonosi) di It comes at night, visto che il contesto è di fatto identico. Il gioco qui funziona un po' meglio, ma non è ancora abbastanza per poter parlare almeno di buon film. Sebbene le possibilità non mancassero, il germe del dubbio non viene infatti coltivato in modo sufficientemente spinto e questo finisce per sgonfiare l'imprevedibilità della deriva conclusiva (che peraltro non prende una posizione chiara). Buone le interpretazioni. Non male, ma si doveva osare di più.

Ottimo thriller con venature horror che ha il pregio di muoversi su molti piani di lettura. Aja anche stavolta sceglie spazi ridotti (nel precedente aveva raggiunto il minimo possibile) e lo fa per raccontarci una fiaba nera che parla di amore materno e indipendenza ma anche del rapporto con la fede. Avere il coraggio di mettere in dubbio ciò che ti è stato insegnato fin dall'infanzia, tagliare il cordone ombelicale e affrontare a viso aperto il male. Finale davvero potente e una Polaroid da osservare attentamente. In bilico fra Shyamalan e Peele.

Maledizione atavica o genitorialità tossica? E mentre il dubbio corre instillandosi nell’occhio dello spettatore, Aja si trasferisce nel cuore della foresta, tra madri misantrope, Mater Natura, personalità che si sgretolano e paranoie che dilagano. Un film esteticamente oscuro, dal clima ascendente e un bellissimo intreccio emotivo. Brava la Berry, ottimi i piccoli comprimari.