Ennesimo viaggio in America per la nostra commedia ormai sempre più priva d'idee. A compierlo, questa volta, un giovanotto siciliano che vuol fuggire a una vita di delusioni in cui gli stimoli si confondono regolarmente coi sogni. Parte e va, contando sull'ospitalita di una bella americana conosciuta al mare, nella sua Castelluzzo. Verrà ospitato in una famiglia cortese e un po’ bizzarra, in cui cercherà di sopravvivere a dispetto del suo inglese a dir poco zoppicante. Tanino Mendolia, capelli lunghi e sguardo perennemente stupefatto di fronte alle avventure che l'America gli riserva, è interpretato da Corrado Fortuna, che con una certa innata spontaneità...Leggi tutto supplisce a qualche carenza recitativa. Paolo Virzì, che co-scrive e dirige un film pluri-rimandato a causa di interminabili problemi produttivi (il fallimento prossimo di Cecchi Gori), tenta di ripetere il successo di OVOSODO replicandone la formula basata su un buonismo un po' qualunquista capace di sedurre la critica (che anche in questo caso, pur con riserva, ha applaudito). Fa vivere la vicenda in flashback (il pretesto è una mail-resoconto scritta al suo miglior amico) per poter usare Fortuna come narratore, farcisce le avventure di Tanino con l'umorismo vetusto dato perlopiù dai soliti biascicamenti italo-inglesi e da banalissimi incontri con famiglie mafiose di Seaport, non riesce a dare omogeneità al racconto e si rende terribilmente monotono. Musiche e dialoghi ruffiani, la fiera del già visto e solo qualche rarissimo momento sincero. Dispiace solo per il buon Fortuna.
Una rielaborazione del sogno americano vista con gli occhi del moderno provinciale italiano (siciliano) secondo Paolo Virzì. Questo il senso della commedia che parte dagli angusti confini nazionali per aprirsi agli spazi della grande metropoli. Il film parte bene (con la descrizione del mondo del protagonista) ma perde quota quando racconta l'America e i suoi abitanti in modo eccessivamente caricaturale, lasciando l'impressione di una macchietta e di una serie di gag, piuttosto che di un film organico.
Divertente commedia di formazione che incappò purtroppo nelle beghe del tracollo Cecchi Gori e non ebbe quindi il successo sperato (addirittura uscì in sala poco prima del successivo di Virzì Caterina va in città). Questo Tanino, giovane mediocre con velleità artistiche, ricorda molto il Tony Barozzi di Sono Fotogenico, ma anche il Doinel di Baci rubati (come lui infatti si troverà a vivere in diverse situazioni da film). Ritmo serrato, girato bene con toni picareschi. Riesce nella difficile impresa di un amalgama tra film Usa e italiano.
MEMORABILE: Occhio alla coprotagonista: è infatti il primo film della McAdams, la quale in seguito si costruirà una discreta carriera in patria.
Divertente commedia in cui Virzì capitalizza al massimo la presenza di un attore bravo e simpatico come Fortuna. La presenza goffa e spiritosa dell'interprete permette al regista di non sforzarsi troppo e di imbastire una sceneggiatura abbastanza classica e leggera che tutto sommato funziona. Non ci sono momenti esilaranti ma nella commedia italiana sono ormai sempre più rari. Si sorride.
Questo film ha avuto varie peripezie produttive, alcune scene sono state completate con macchine digitali ed effettivamente si vede una certa diversità di luce e fotografia in alcune sequenze. Eppure è un gioiellino comico-malinconico, interpretato con spontaneità, ben scritto, con alcune caratterizzazioni riuscite. Da applausi la scena in cui Tanino si inventa di vedere nella sua casa romana, in realtà nella fantozziana sopraelevata di Via Prenestina, sia il Colosseo che Piazza Venezia. Descritti alla grande tutti gli italo-americani. Solare!
MEMORABILE: "Beh, prima non li vedevo il Colosseo e Piazza Venezia, poi hanno fatto dei lavori..." "So they move... the Colosseum?!?"
Mamma mia. Lo ricordavo come brutto, riguardandolo l'ho trovato pessimo. Gli attori sono dei cani presi da qualche marciapiede temo, il protagonista è osceno. Da antologia scene come quelle con la grassona mezza nuda (certe cose non si dimenticano purtroppo). Pessimo.
Manca a Tanino ciò che rendeva interessante il Piero di Ovosodo: l'orgoglio di essere quello che è. Tanino non cambia, nel corso della sua storia, non perché la sua identità sia forte, ma semplicemente perché non comprende gli altri, non coglie che superficialmente il senso di quanto gli accade. E' un protagonista sgradevolmente passivo: dunque, come "storia di formazione", il film è fallito! Poi... certi siparietti statunitensi sono degni di "I no speak English", commuove fugacemente soltanto il personaggio della ricca cicciona italoamericana.
MEMORABILE: Lo sguardo di Fortuna è allarmante nella sua vacuità, quello di Gabbriellini, nel suo candore, si accendeva, a tratti, di salutari lampi di malizia!
Commedia godibile e con un ottimo e simpatico protagonista. Nonostante una certa particolarità di linguaggio e di trama il film di Virzì si lascia guardare ed apprezzare. Peccato solo per alcune cadute di stile, alcuni clichè sugli italiani all'estero e soprattutto peccato per un finale un po' così così.
Virzì prende la commedia americana più particolare e ci aggiunge luoghi comuni a valanghe e uno sgrammaticato protagonista (che però scrive benissimo), nel turbinio di un road movie in tre grandi capitoli, una storia che non sta in piedi ma diverte e lega lo spettatore a questo sghembo, romantico, ben interpretato protagonista. Dinamiche psicologiche un po' grezze e un finale frettoloso completano il quadro di un film che non ha niente da dire, ma lo dice con garbo.
Passo falsissimo di Virzì, che riesce invece a descrivere perfettamente quello che è lo "stupido" secondo la fondamentale definizione di Carlo M. Cipolla ("Allegro non troppo"), colui che riesce a fare del male sia agli altri sia e a sé stesso. Il personaggio è troppo esagerato, per cui non si riesce neppure a provare simpatìa per lui, nonostante un accettabile interprete. Dal fidanzamento italo-americano in poi il film rovina irresistibilmente. Non più di *½. C'è Licinia Lentini!
Virzì continua a raccontare una storia di formazione italianissima, ma perde verve rispetto a Ovosodo, forse perché si sposta su un territorio a lui meno noto, passando dalla sua Livorno alla Sicilia. Ma alcune trovate (quella del matrimonio combinato con la ragazza cicciona in primis) sono davvero divertenti e il protagonista Corrado Fortuna è azzeccatissimo nel suo ruolo, perennemente a disagio e mai pienamente conforme agli stilemi che gli sono intorno. Peccato per un finale un po' moscio, perché per tutto il primo tempo il divertimento è assicurato.
Un film che paga molto negativamente il protagonista principale: incredibile credere che un'interpretazione tanto mediocre quale quella di Corrado Fortuna sia stata ritenuta valida dalla critica di allora e abbia addirittura ottenuto dei premi. Il film per il resto è simpatico, ma poteva offrire molto di più. Virzì gioca di creatività e qualcosina tira fuori; la sceneggiatura fa il suo dovere.
Buona la prima parte girata in Sicilia grazie anche ai bei paesaggi della costa trapanese, poi però (negli States) il film si perde in banalità e tutto procede per stereotipi, smorzando l'interesse iniziale. Qui il palermitano Fortuna al suo primo film offre una performance sbiadita forse dovuta alla sua poca esperienza. Da segnalare la presenza di Licinia Lentini al ritorno dopo una lunga assenza.
Caduta all'interno della buona filmografia di Paolo Virzi. Il tema è trito e ritrito e poche sono le differenze con i numerosi prodotti analoghi. Il personaggio interpretato da Fortuna sarebbe anche piuttosto interessante, ma alla lunga la noia prevale su tutto. Alla fine rimane ben poco, di questa pellicola. Inutile.
Giovincello siculo raggiunge gli Stati Uniti in cerca di un amore estivo ma si ritrova immerso in una serie di bizzarre peripezie. Il tentativo di realizzare un picaresco comico-malinconico fallisce soprattutto a causa della debolezza del protagonista, a tratti più passivo dello spettatore, che si limita a subire ciò che accade senza suscitare particolare simpatia. Non giova neanche la rappresentazione macchiettistica della realtà statunitense. A volte confuso, mai coinvolgente.
Film del periodo mediano del primo Virzì (1999-2006): nessun fuoco artificiale, qualche graffio e protagonisti bonari e malinconici. E' la storia di un ragazzo non troppo sveglio che va negli Usa per scappare dai sogni andati a male (università, famiglia) più che per inseguirne di nuovi. Punto di forza è la sceneggiatura, scritta con Bruni e Piccolo, che ricama anche situazioni un po' scontate. Divertente soprattutto l'improbabile trasformazione in "goodfella". Il ritmo è quello tipico del regista, zero spazi vuoti, tutto è parlato e saturato. Sempre piacevole da rivedere.
MEMORABILE: La drammatica cena a casa del "suocero".
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