Hossein interpreta e dirige la riproposizione della vicenda del Mostro/Belva/Vampiro che nei primi anni '30, in piena recessione economica e politica, sconvolse l'opinione pubblica tedesca con una serie di omicidi di giovani donne. Il dramma è umano ma insieme civile, di un popolo intero, tra la caduta di Weimar e l'avvento del nazismo. Il film è curato, con una bella fotografia in bianco e nero. Il protagonista indossa una maschera da tragedia greca, incapace di sorridere neppure per un attimo. Qualche lampo di velata sensualità. Tristissimo.
La figuretta di Hossein/Kurten, che si aggira impettito nel suo vestito da sera, laconico al limite del mutismo e con i passetti ravvicinati e svelti, ha qualcosa di perversamente chapliniano. E chapliniana è in fondo anche la comprazione (mai esibita, ma sottintesa per lo spettatore) fra la violenza sociale e quella individuale del mite "vampiro", che non a caso conclude la sua parabola alla maniera degli anarchici della Belle Epoque. Non ha la potenza di Lang ma è un buonissimo lavoro,
Consapevole dell'impossibilità di sottrarsi al confronto col capolavoro M di Fritz Lang (che sembra citato alla lontana solo per l'utilizzo di un leitmotiv musicale che accompagna le passeggiate del maniaco, qui peraltro composto da suo padre il musicista André Hossein) l'attore/regista Robert sceglie di affrontare il caso sotto un profilo più ligio alla ricostruzione storica e più improntato a caratterizzare il "mostro" con la malinconia che sarà tipica anche dei killer di Chabrol. Anche il b/n appare pallido e poetico, lontano dai forti contrasti del capolavoro espressionista.
MEMORABILE: La supplica sussurrata dietro la porta chiusa.
Non un remake del capolavoro langhiano, ma un film ugualmente ispirato ai delitti del famigerato Peter Kurten. Hossein ricostruisce bene il contesto di una Germania messa in ginocchio dalla Prima guerra mondiale e pronta ad accogliere i germi del nazismo, ed è bravissimo nell'attribuire al suo protagonista una maschera patetica, che tuttavia rischia di ammorbidirne la figura e di lasciare nel vago i motivi scatenanti le sue pulsioni omicide. Comunque un buon lavoro, anche nei suoi risvolti più strettamente thriller, in cui si fa valere anche una radiosa Pisier.
Nel dirigere e interpretare il terzo film dedicato alla figura di Peter Kürten, responsabile di una serie di omicidi che gli avevano fruttato l'appellativo di "vampiro di Dusserdorf", Hossein non tenta la strada del remake ma reinventa il personaggio, trasformandolo in un clown triste, il volto pallidissimo mai solcato da un sorriso, i modi impacciati da marionetta che sembra rianimarsi solo al momento dei delitti. Pochi ma significativi gli accenni al contesto ambientale, buone fotografia e colonna sonora, bel film.
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Formato video 2,35:1 Anamorfico
Formato audio 2.0 Mono Dolby Digital: Italiano Francese
Sottotitoli Italiano
Contenuti extra Presentazione di Luigi Cozzi
Trailer
Titoli di testa italiani
Zender ebbe a dire: Non so se vale anche qui la regola del maiuscolo che elimina la dieresi, perché non c'è una sola locandina che metta la dieresi...
E' il solito caso, Zender. Sui nomi stranieri in Italia, SOLO con i maiuscoli sulle locandine, si omettevano accenti francesi e spagnoli, dieresi tedesche eccetera.
In ogni caso non è un problema, perché il sistema lo trova.