Giallo italiano di quelli decisamente invecchiati, con esterni girati a New York ed in Kenya. A George Ardisson hanno ucciso il fratello, e così si mette alla ricerca dell'assassino con ovvia sorpresa finale. Funziona meglio la prima parte rispetto alla seconda, in cui si vede anche un inseguimento girato in mezzo alla savana; Albertini ci mette la sua solita professionalità, ma non può elevare più di tanto un film povero, anche di idee. Dignitoso, in ogni caso.
Assai noioso, lento e privo di ogni spunto di reale interesse. Non è un giallo all'italiana, non è un poliziesco, c'è un minimo di thriller ma non basta. Non si capisce dove si voglia andare a parare, così si gira per il mondo ma senza alcun trasporto e convinzione. Da scorrimento veloce e poi cancellare.
Il tentativo compiuto da Albertini di coniugare noir d’azione e giallo ha un approdo poco felice per la convenzionalità e la mancanza di brio di una sceneggiatura che lascia come uniche tracce memorabili l’uccisione dell’innocente durante il safari – la furiosa carica dell’elefante gioca d’anticipo su Cacciatore bianco, cuore nero – e il discreto colpo di scena finale. Funzionali il volto irregolare di Ardisson, quello ambiguamente cordiale di De Mendoza e gli apporti di Hilbeck, Pigozzi, Induni.
Diciamo che Ardisson ha molto del crucco e molto poco del latino... Il film è buono, ricco di colpi di scena ed atmosfere mozzafiato, ma per apprezzarlo al meglio non si dovrebbero conoscere nei dettagli altri film di Girolami, Lenzi o Martino... non al meglio la Blanc, quasi meglio la Reynaud, bravissimo come sempre De Mendoza. Se non altro gli scenari cambiano. Buoni i delitti e le scazzottate.
Un tizio dal torbido passato, indaga sulla morte del fratello, prima a New York, poi in Kenya. Tra un "Parla, bastardo!" e "cosa sai della morte di mio fratello?", Bitto Albertini, ci mostra gnu, struzzi, gazzelle e, culmine dell'emozione, un elefante ferito. Regia piatta che più piatta non si può, intreccio scontatissimo. Ardisson e de Mendoza se la cavano (meglio il secondo del primo), la Reynaud è insopportabile, Picozzi ha un piccolo ruolo ma è, come sempre, perfetto. Il mezzo punto in più è in suo onore.
Thrillerino piuttosto insignificante e pure molto disonesto con lo spettatore, con solito finale visto mille volte... Non che avessi aspettative molto alte ma speravo decisamente di meglio (tra l'altro la sceneggiatura è dell'ottima coppia Luciano Martino e Gastaldi), ma anche quest'ultima è assolutamente inconsistente.
Gialletto anomalo diretto da Albertini (ancora una volta sotto pseudonimo) che non riesce a convincere del tutto. Il protagonista (Ardisson) non risulta troppo in parte; possiamo almeno consolarci con la brava Blanc (qui davvero molto bella e adeguata). Graziose musiche di Cipriani arricchiscono il tutto, anche se la fiacchezza generale non riesce a far decollare completamente l'opera. Non malvagio, ma lentuccio. Ad ogni modo guardabile!
MEMORABILE: I primi piani sul volto della conturbante Blanc.
Gialletto alquanto stinto. Sin dalla prima parte lo spettatore avvertito sospetta, infatti, il colpo di scena finale (che puntualmente avviene). Si segue con facilità (un merito) e se l'ambientazione esotica in Africa da una parte toglie mordente all'intreccio, dall'altra stimola velleità drammaturgiche e letterarie à la Hemingway (l'innocente ucciso, il fascino della caccia). Cast dignitoso e nulla più.
Il magnetismo di George Ardisson e il fascino di Erika Blanc sono in protagonisti di questo vigoroso action dalle screziature gialle. Un uomo vuole vendicare l’assassinio del fratello (praticamente identico, se non per i baffi) e ripercorre le sue usuali tracce fra NY e l’Africa nera per svelarne il mistero. Il resto è buona artigianalità per un prodotto che sa intrattenere fra scazzottate, inseguimenti e soprattutto elementi esotici come serpenti, safari e animali selvatici. Finale a più riprese.
MEMORABILE: La vendetta dell’elefante maschio ferito.
Un giallo che più che giallo o thriller sembra una intricata vicenda spionistica con alti e bassi. Dopo l'inizio incalzante, infatti, si ha un calo in crescendo di ritmo e tensione che non giova affatto all'anima della pellicola e rimane sconosciuto anche il motivo della scelta del titolo vagamente zoonomico (di cobra non se ne vedono) dai rimandi argentiani, così come certe sequenze (lo strangolamento a tradimento come ne Il gatto a nove code). Non è certo uno dei migliori gialli che siano stati girati.
MEMORABILE: La scazzottata nel bar con Ardisson e i due gangster; L'inserviente di colore che non capisce nulla; Lo strangolamento a mo' de Il gatto a nove code.
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Segnalato l'audio italico.