Già dalle prime immagini, gli esterni industriali fotografati dai toni gelidi e sporchi di Tovoli aprono uno scenario di decadenza e disfacimento, di cui Ferreri esamina la dissoluzione della coppia sotto la pressione dell’egoismo dell’uomo (l’atavica fallocrazia) e della donna (la sussiegosa autosufficienza germogliata dal femminismo). Il suo occhio impietoso e sgradevolmente ipernaturalista – abbondano lessico scurrile, pannolini zozzi, nudi anaerotici, genitali al vento – s’incarna nell’interpretazione “totale” di un Depardieu grezzo e primitivo come un ominide. Evirante.
Un'opera tanto erotica quanto drammatica. Depardieu e la Muti recitano nudi nei "panni" di una coppia alienata che vive in un sobborgo di periferia. Una realtà di ordinaria inquietudine che sfocia in un finale inaspettato. I dialoghi sono essenziali e taglienti, la fotografia volutamente povera, come il contesto sociale a cui il film fa riferimento. Giustamente scandalizzò alla sua uscita. Per me uno dei film più viscerali di Ferreri.
Con lucido e schiètto pessimismo, Ferreri pone l'accento sull'impossibilità del piacere carnale, costretto a lasciare il posto alla procreazione. L'edonismo dell'essere umano soccombe, in favore dell'evoluzione e del compito biologico derivato. Sfruttando un ipotetico "realismo del corpo", facendo agire di nuda sponteneità i due protagonisti (Muti e Depardieu), Ferreri antepone la parola all'atto, l'impossibilità del dialogo alla concretezza del gesto sessuale: un'antitesi destinata a convogliare verso una crudezza consequenziale, quella di una "castrazione" metàforica, battezzata nel sangue.
Sarà che certo cinema politico non mi ha mai attratto, ma ho trovato questa opera di Ferreri alquanto noiosa. Nonostante la buona prova dei due attori principali (e le comparsate di Piccoli e Salvatori) il film non mi ha entusiasmato troppo. Molto forti alcune scene, abbondano i nudi maschili e femminili.
Degli apologi ferrariani è quello che amo di meno. Gli preferisco di gran lunga Storie di ordinaria follia o Il futuro è donna. Non si può comunque negargli un certo fascino: la bellezza della Muti al massimo del suo splendore (e sempre nudissima), la trivialità maschilista di uno "scimmiesco" Depardieu (quasi, sempre nudissimo anche lui, ahimè)... Ferreri si dimostra sempre straordinario (la claustrofobica convivenza nell'appartamento, la coppia in crisi come in Dillinger è morto) a dispetto di un finale scioccante e inaspettato. Femmineo.
MEMORABILE: Sicuramente il delirante e scioccante finale splatter, un bel pugno nello stomaco.
La casa è un cosmo alienato dove il rapporto di coppia è alterato, beluino, primordiale. Un ring oscuro (gravido di ombre, fatte risaltare da una fotografia greve) dove va in scena la Sacra Famiglia, tra suggestive tenerezze iconografiche e violente dissacrazioni imperniate sullo sbandierato (anche visivamente) ma non attuato potere (fallace) del fallo. La rappresentazione della sconfitta del secolare modello maschile e patriarcale giunge a un esito doloroso e potente. Coraggioso e amaro de profundis a una civiltà (machista) al declino.
Il nucleo familiare può contenere al suo interno la voglia di autonomia del solo maschio: lo sa bene Jean, un belluino ma fragile Depardieu, che vorrebbe essere madre e padre per il suo Pierre ma non riesce a rinunciare alla donna, in questo caso una splendida ma implacabile Muti; la fotografia sporca di Tovoli contribuisce alla claustrofobia della storia, ma anche alla sua intimità, denotata principalmente dai corpi quasi sempre nudi di lui e di lei. Il tragico finale è una sconfitta o una rivalsa? Anche il mio cuore sanguina...
MEMORABILE: La claustrofobia dell'appartamento e lo squallore esterno.
Notevole e molto bello questo apologo intriso della poetica ferreriana. Parte lento per
poi farsi sempre più interessante e ficcante, giungendo poi ad un finale molto forte ma
necessario agli assunti dell'autore. Anche la forma, tra cui spicca una riuscita e glaciale fotografia di Tovoli, fa il suo lavoro più che egregiamente. All'epoca diede scandalo e si può capirne il perchè. Visto oggi potrebbe apparire un po' invecchiato e datato ma in realtà per molti aspetti è molto più attuale di quel che si possa pensare.
"Senza questo noi non siamo niente; è la nostra bandiera". Lapidaria l'allusione di Depardieu all'organo virile, sunto sarcastico sulla disfatta dell'uomo a cui Ferreri dirà definitivamente "Ciao maschio" nel '78, avendo nel cuore l'alienazione di Deserto rosso, a cui Ferreri non aggiunge novità. Ma il linguaggio incisivo e personale del regista è preludio alla disfatta del patriarcato schiacciato dalla donna, teneramente poetico, sobrio e ironico nel sovrapporre padre e bambino come due esseri con gli stessi bisogni infantili e primordiali.
MEMORABILE: Marilyn Monroe e la rivista porno oggetto di contemplazione onanistica, su cui il regista tornerà in I love you del 1986.
Meno composto, stilizzato ed ellittico rispetto ad altri omologhi apologhi ferreriani (La cagna, Dillinger è morto), è un film stridententemente perturbante nel suo contrasto tra una forma lividissima (la fotografia mortifera di Tovoli, le scenografie sepolcrali) e gli "svarionamenti" umorali dei protagonisti (i "capricci" di Depardieu, la "cocciutaggine" di una Muti assieme carnale e marziana). Indubitabilmente indigesto nella sua messa a nudo (fin troppo letterale) dell'istituzione familiare ancorpiù che del rapporto maschio/femmina. Imperdibile Pierino.
MEMORABILE: Depardieu, Ornella e Pierino a farsi le coccole nudi sul letto.
Piantato dalla moglie che ha abbandonato lui e il loro pargoletto, un ingegnere si chiude in casa con una bella figliola a fare quello che si dice facciano spesso i ricci, ma le donne moderne non sono mai contente... Svanita l'aura scandalistica che lo avvolgeva al momento dell'uscita in sala, resta un apologo programmaticamente sgradevole sulla crisi del tradizionale concetto patriarcale della famiglia. Quando al gesto finale, forse bisogna essere un uomo per coglierne la portata provocatoria mentre le spettatrici potranno anche trovarvi dell'umorismo, ovviamente involontario.
Coppia si rintana in casa a discutere il ruolo della famiglia. Lettura viscerale di un duo Adamo/Eva che si conosce, si ferisce ma che non sa rinunciare a stare insieme; la parentesi sul femminismo è poco incisiva. Ferreri mostra i cambiamenti del ruolo dell'uomo con Depardieu che ogni tanto deborda ma sa essere paterno. La Muti è credibile quando cerca di ribellarsi e non sempre è a suo agio. Il paradiso terrestre di palazzoni tutti uguali e asettici appare un'ottima scelta. Conclusione azzardata che sa più di provocatorio e non rende granché rispetto al danno effettivo.
MEMORABILE: Gli schiaffetti della Muti al pene di Depardieu; La martellata sulla spalla; La foto spoglia della famiglia.
Ferreri decide di raccontare il capolinea del maschio, una parabola del suo declino e della sua sconfitta. La ambienta in una banlieue grigia, fredda e disumanizzante. I due protagonisti "indossano" entrambi la loro nudità con tonica convinzione e naturalezza. Depardieu esibendo sfrontatamente l'aggressività della tigre in gabbia e la Muti recitando con meno nonchalance e più consapevolezza rispetto al solito.
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HomevideoGugly • 25/10/12 13:28 Archivista in seconda - 4712 interventi
Qualcuno mi sa dire se è fuori catalogo?
Ho provato a cercare il dvd in questione sia nelle maggiori catene che negli store online, ma senza successo.
Gugly ebbe a dire: Qualcuno mi sa dire se è fuori catalogo?
Ho provato a cercare il dvd in questione sia nelle maggiori catene che negli store online, ma senza successo.
Che io sappia, Gugly (ma potrei sbagliarmi) il dvd Medusa non fu mai editato (solo annunciato), infatti non si trova da nessuna parte...
Io ho ancora la vhs targata Mitel (e uncut)
HomevideoGugly • 26/10/12 19:02 Archivista in seconda - 4712 interventi
La versione che ho recuperato io potrebbe essere rippata dalla vhs, non mi pare ci siano tagli.
Io invece ho riversato in dvd la vhs uscita con L'espresso (Collezione Marco Ferreri) e devo dire che la qualità video è decisamente buona.V.M.18 anni.