Ahmad torna a Parigi dall'Iran per formalizzare il divorzio dalla moglie, Dopo Una separazione, un altro magnifico film per il regista Farhadi. Una vicenda dolorosa raccontata da una sceneggiatura impeccabile, che approfondisce il caratteri dei personaggi e le loro motivazioni. La chiave è il rapporto tra gli adulti e i bambini/adolescenti: il loro continuo confronto arricchisce la storia, consentendo la visone da prospettive differenti. Eccellente la prova degli attori. Un film che consacra il talento di un grande regista.
Film perfetto: sceneggiatura, attori, ambientazioni. Forse troppo perfetto. Tanto che a tratti tende a emergere un sottile senso di artificioso, di troppo costruito (specialmente nell'episodio della mail) e la sceneggiatura mostra la corda. Solo nel magnifico piano-sequenza finale il film diventa davvero grande cinema. Ciononostante, Il passato è comunque un bellissimo film, appassionante e profondo - grazie soprattutto alla recitazione meravigliosa dei tre ragazzi e di Bérénice Bejo, giustamente premiata a Cannes.
Tutti i personaggi vorrebbero lasciarsi il passato alle spalle, ricominciare una nuova vita, ma il passato non consente di essere dimenticato, così come la moglie di Samir, che giace in coma in un letto d'ospedale, non può essere seppellita. I bambini, che non hanno nulla da dimenticare, osservano gli adulti e non capiscono... Dramma familiare appassionante come un thriller, tanto curato nel disegno dei caratteri e nei dialoghi da sembrare uno spaccato di vita vissuta, interpretato da un cast di splendida naturalezza, film da non perdere.
MEMORABILE: L'ultima inquadratura sulle mani intrecciate
Al di là del livello sicuramente alto di recitazione di praticamente tutto il comparto attori (con la Bejo probabilmente in testa) e della resa su grande schermo di un (comune?) dramma familiare, la domanda che sorge - specie dopo la roulette russa del senso di colpa - è: dove vogliamo andare a parare? E quella immediatamente successiva: è inevitabile un tono così tanto noioso?
Mille passi indietro rispetto al precedente Una separazione per il regista Farhadi. Lo pseudo dramma familiare non convince per niente per il tono usato, sempre depressivo e claustrofobico, che si riflette poi nella monotonia della recitazione e dell'epressività. Ahmad torna in Francia dall'Iran per firmare i documenti per il divorzio trovandosi suo malgrado a fare l'ago della bilancia tra ex moglie, il nuovo compagno, figli etc. per risolvere un passato di difficile identificazione. Lunghezza sproporzionata e ritmo da pièce teatrale. Noioso.
Una donna snocciola un figlio da quasi ogni uomo con cui ha una storia, con il risultato di creare una plurifamiglia allargata dove aleggiano rancore e confusione. La concentrazione di disgrazie in questo film è insopportabile, contrastata da un innegabile senso di realtà descrittivo molto sincero. Le donne non ci fanno una bella figura e gli uomini si rivelano più sensibili di loro, per una volta.
Grandissimo film di Fahradi in cui il regista, come nella pellicola precedente, ci restituisce tutta la complessità del reale. Non ci sono certezze e risposte facili e, ancora una volta, la verità ci viene dispensata poco alla volta. Ogni scena ne svela un pezzettino, ribaltando o facendo meglio luce su quanto visto nei momenti precedenti. Il regista ci ricorda anche come le nostre scelte abbiano sempre delle conseguenze ed influenzino, inevitabilmente, le vite degli altri. 130 minuti che volano via e sembrano un soffio grazie ad una grande intensità. Bello il (forse discutibile) finale.
Il passato, quello impossibile da rimuovere, che alberga lontano nel tempo ma vicino nel cuore, nella testa, si adagia materializzandosi poi nel presente come uno spauracchio portatore di gravissime incertezze, fratture e dissapori. Ancora uno sguardo intimo e potente dirottando gli assunti verso un orizzonte ancor più universale, Farhadi descrive con mano ferma le psicologie di una famiglia (allargata) in cui nessuno sembra conoscersi realmente. Smarrimento, ricerca d’accettazione e senso di colpa sono la posta in gioco di un’opera intensa.
Un modo di fare cinema che si rifà al passato; non quello del titolo ma quello del cinema, rivisitato da uno sguardo medio-orientale che si lega bene con una nuova società in crescita nella vecchia Europa. Forse troppo ricco di svolte, questo lavoro che indaga nella confusione sentimentale di una famiglia variegata dove gli adulti, che appaiono così "civili", sembrano scordarsi dei bambini e chiamano incidente l'arrivo di un nuovo essere. Uomini troppo disponibili e donne che cercano vendetta? Tutto è nel finale da osservare con attenzione.
Leggero passo indietro di Farhadi, anche se dimostra una grande padronanza di sceneggiatura. Stavolta carica troppo gli eventi e il ritmo lento e inesorabile sfianca. Si assiste alla sagra del rancore e se la lezione è che il passato ha mille vite, basterebbe imparare dagli errori commessi, invece che far figli come conigli e aver la presunzione di educarli correttamente. Buone le caratterizzazioni che spalmano le responsabilità.
Famiglia multietnica in un interno. A dispetto del tema trattato, verboso e non particolarmente originale, e di una sottotrama dalle inopportune tinte gialle, può definirsi una delle migliori regie degli ultimi anni per quanto attiene la ricerca del realismo, soddisfatto da un’ambientazione che permette dialettiche da Kammerspiel e viste su un’insolita Parigi di periferia, e dalla direzione degli interpreti, tutti abili e molto umani nell’esprimere sentimenti di rabbia, rancore, affetto: e la pazienza di Mosaffa media gli eccessi della Bejo e della Burlet, madre e figlia ai ferri corti.
MEMORABILE: Lo scontro tra madre e figlia maggiore.
C'è qualcosa che non torna in quessta sorta di seguito "extra moenia" di Una separazione. Farhadi conferma complessità di scrittura e sguardo cinematografico kieslowskiana, che nella seconda metà del film tuttavia procede (proprio come la recitazione di una inadeguata Bejo) per artificioso accumulo di tecnica ed espedienti altresì che per la limpida originalità etica che caratterizza buona parte di questa stessa opera. Resta un film al fondo sinceramente dolente di un regista capace di annodarci alle sue storie. In crescendo il duetto Rahim/Mosaffa.
Una famiglia allargata multietnica con problemi notevoli e un misterioso tentato suicidio. Uno spaccato angoscioso narrato con lucido realismo in cui i protagonisti si muovono consapevoli dei loro trascorsi che non hanno voglia di farsi da parte. Ritmo non proprio elevato ma tutto scorre con professionalità e alla fine rimane un dubbio che genera riflessione.
Farhadi ci immerge nella fitta dialettica che mostra le tensioni e le contraddizioni all'origine del fallimento di una coppia, in un quadro che si arricchisce man mano di dettagli di malessere e ipocrisia. Grande realismo e capacità di approfondimento psicologico e sociologico. Inferiore però, a mio avviso, a Una separazione: le infinite e avvitate discussioni familiari, senz'altro realistiche ma poco cinematografiche, risultano alla lunga esasperanti.
Che Farhadi sia un buon narratore di storie è ormai assodato: fino alla sua metà anche questo film è infatti coinvolgente, non banale e girato con misuratezza. Del regista piace sempre quel porsi in mezzo ai marosi della vita senza banalizzarli. Quando inizia però il Cluedo di eventuali colpe e futuribili espiazioni la storia perde incredibilmente intensità e finisce per risolversi in uno sterile e un po' noioso, esercizio di rimandi fini a se stessi. Bene i personaggi maschili, meno sorprendenti quelli femminili. Non male ma siamo abituati meglio.
Ahmad torna in Francia da Teheran per formalizzare il divorzio con Marie; a complicare la situazione la nuova famiglia della donna, cui si legano segreti e dubbi. Un Farhadi più meditativo del solito, attento come sempre allo studio intimista dei suoi protagonisti, ma meno interessato all'incisività degli imprevisti che regolano gli eventi, tanto che alcuni passaggi suonano quasi provocatori nella loro marginalità narrativa (la valigia aperta) o per la morigeratezza espositiva (la lite raccontata anziché mostrata). Comunque l'ottimo cast e la sincerità dello script sono sufficienti.
MEMORABILE: Il figlioletto problematico del nuovo partner; La verità sul tentato suicidio; La lite fra madre e figlia; Il delicatissimo finale aperto in ospedale.
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@Daniela Vedo che non hai ancora visto (o commentato) il precedente film di Farhadi, Una separazione. Recuperalo se puoi, merita assolutamente
DiscussioneDaniela • 27/11/13 08:38 Gran Burattinaio - 5887 interventi
Galbo ebbe a dire: @Daniela Vedo che non hai ancora visto (o commentato) il precedente film di Farhadi, Una separazione. Recuperalo se puoi, merita assolutamente Grazie Galbo, messo nella programmazione settimanale :o)
Cioè hanno dato oscar a film scandalosi tipo il paziente inglese e the artist. Non mi scandalizzerei più di tanto. La vita di Adele ha snobbato l'accademy uscendo una settimana dopo il limite consentito per concorrere...