Ray Milland dirige e interpreta un film di sopravvissuti in cui la "fine del mondo" alla quale si allude nel titolo italiano si ascolta soprattutto attraverso i drammatici bollettini diffusi via radio. Harry (Milland) e famiglia (moglie, un figlio e figlia poco più che adolescenti) sono per strada con macchina e roulotte quando esplode l'atomica su Los Angeles. Vedono di lontano il fungo e capiscono. Cominceranno a procurarsi benzina incontrando per strada gente esasperata. Dovranno farsi largo con la forza, usando pure le armi. All'epoca il post-atomico non era certo inflazionato com'è ora, e la fantascienza avventurosa di questo PANIC IN THE YEAR ZERO aveva una...Leggi tutto discreta dose di originalità, tra le sue componenti. Pur tuttavia lo svolgimento del film si rivela meno teso di quanto si sperasse a causa anche di una regia fiacca, che porta i protagonisti a trovarsi in situazioni non così eccitanti (salvo un paio di piacevoli eccezioni). Per fortuna si può contare sul Ray Milland attore, che da solo riesce in qualche modo a rendere credibile la vicenda. Eliminato ogni genere di effetti speciali (fungo escluso), resta ad appassionare solo la lotta per la sopravvivenza, con inconvenienti inevitabili e la moglie che non pare mai decisa ad accettare i compromessi dovuti a ripetute prove di forza. Un buon bianco e nero, ma musiche fuori luogo e una sceneggiatura modesta. A tratti godibile, soprattutto nella prima parte. Poi tende a spegnersi.
Considerato "reazionario" all'epoca, perché fra i sopravvissuti finisce col prevalere la "legge del più forte" (chissà che Milland non si sia parzialmente ispirato all'emblematico episodio della vecchia serie televisiva in bianco e nero "Ai confini della realtà" intitolato "Il rifugio/The Shelter", trasmesso per la prima volta nel settembre 1961), è invece uno dei più interessanti film ascrivibili al sotto-genere del dopo-bomba, nonché una delle migliori regie dell'attore Ray Milland. Indubbiamente da rivedere con più attenzione.
I primi cinque minuti sono incalzanti: fulgido bianco e nero, una famiglia scampa all'esplosione nucleare, l'anarchia subdola irrompe, una piacevolmente inadeguata lounge ad accompagnare gli eventi che degenerano. Poi effettivamente l'aspetto reazionario della vicenda si nota, non tanto nella descrizione (peraltro giustificata dai fatti) delle dinamiche del caos, quanto nello spietato rimettersi in moto della famiglia-nazione. Senza esitazione i quattro fanno la spesa dopo aver visto, distintamente, un fungo atomico alto chilometri (grande scena).
MEMORABILE: Il fungo atomico. "La mia famiglia deve sopravvivere".
Ray Milland protagonista si cimenta anche con la regia, offrendo allo spettatore una pellicola degna di nota. Lo aiutano un buon cast di contorno, un ottimo ritmo e una violenza abbastanza inusuale per l'epoca (le fucilate ai due giovinastri); solo il finale a mio avviso non è adatto allo spirito del film. Va comunque tenuto d'occhio.
Soprassedendo sulla colonna sonora, che quasi mai contribuisce a creare la giusta tensione, qusto datato film post nucleare non è male, soprattutto per l'interpretazione di Milland e per un certo realismo (la paura, la diffidenza e la speculazione, conseguenze della situazione creatasi, sono ben rese, nonostante l'incredibile e fulmineo adattamento del protagonista sembri un po' eccessivo). Per quanto riguarda il resto del cast, tutti fanno il loro dovere, compresa la moglie, che rappresenta una sorta di utile coscienza, mantenendo umanità. Il ritmo è discreto e lo si segue senza sbuffare.
MEMORABILE: All'armeria, dove il protagonista infrange per la prima volta la legge; Per passare con l'auto dà fuoco all'autostrada ultratrafficata; La caverna.
Piccolo fantascientifico post-atomico e survivalista in cui però i temi trattati non erano nuovi nemmeno per l'epoca (l'homo homini lupus, l'uomo che diventa "animale" per difendere il suo e così via). Tuttavia Milland costruisce un spettacolo abbastanza piacevole a cui avrebbe giovato però una maggiore tensione e qualche colpo che invece non arriva mai. Meglio la prima parte (e in generale quando si sofferma sulla trasformazione di un uomo mite in qualcosa di più sfaccettato e complesso) della seconda che diventa più prevedibile ed accomodante.
La terra è attaccata e distrutta in più punti e da uno di essi si sviluppa la storia di una famigliola americana scampata per caso al disastro. Non è poi gran cosa, questo film che si appoggia sull'ansia da autodifesa e che conduce l'umanità a una dimensione "giunglesca", sufficiente per scampare alla sopraffazione altrui; per fortuna c'è Ray Milland che ne risolleva un po' le sorti...
Davanti alla legge dell’istinto non c’è megatone che tenga, anzi la barbarie chiama barbarie. A fare i disonori di casa è Milland, che pur di preservare la famiglia non esita ad arrischiarla, forte di una legge non più esecutiva, e ai sensi di un ritorno all’età della pietra è emblematico il presidio di una grotta tutta geroglifici. Purtroppo il film non travalica la falsa partenza: manca di tensione drammaturgica e di verismo ecatombal-catastrofico, tiene la bomba sullo sfondo, quasi innocua, per mostrare l’altra faccia della medaglia sociale. Ma dal 1967 non si poteva pretendere un Threads.
La fine del mondo e l'americano medio. Un padre di famiglia, dopo l'olocausto nucleare, si trasforma in una macchina da sopravvivenza a difesa della propria famiglia: l'utilitarismo di Robinson Crusoe aggiornato ai tempi della Guerra Fredda. Essenziale e solido l'inizio, perbenista e sempliciotta la seconda parte (i Nostri sembrano capitati in un quartiere malfamato pieno di giovinastri). Milland, comunque, dimostra una professionalità, di attore e regista, molto sottovalutata.
A parte la storia ormai risaputa che in caso di guerra o di catastrofe nucleare l'uomo diventa lupo degli altri uomini, questo film non crea troppe occasioni per farsi veramente apprezzare. E' molto americana l'ossessione di proteggere e far sopravvivere la propria famiglia a ogni costo, non fino alla fine ma per un nuovo inizio, anche se il concetto di anno zero è poco persuasivo. Ironia del destino, al giorno d'oggi si rimpiange la guerra fredda visto che ormai il cavallo di legno è già dentro le mura di Troia e ha pure connotati poco definiti...
MEMORABILE: Il benzinaio che esige il pagamento anticipato e l'armaiolo che non accetta l'assegno.
Film reso interessante da una profonda contraddizione: da un lato, aspira al realismo nel mostrare la subitanea trasformazione di un onest'uomo in un individuo disposto a tutto pur di proteggere la propria famiglia, dall'altro la quasi totale assenza del senso di catastrofe (a parte pochi fugaci accenni, nessuno sembra addolorato per la perdita di parenti/amici/colleghi/compagni di scuola) trasforma questo post-apocalittico in una scampagnata con imprevisti. Non stupisce invece la mancanza di preoccupazione per il fallout nucleare, comune ad altri film del periodo di analogo argomento.
MEMORABILE: Come si fa ad attraversare una strada trafficata: gli si dà fuoco! trucco da tenere presente per le tante occasioni simili anche senza funghi atomici
Uno dei primi esempi di cinema post-atomico, ma della catastrofe non viene mostrato nulla (e tutto sommato la si avverte poco): l'attenzione è rivolta alle reazioni della gente comune, improntate all'istinto di sopravvivenza e all'egoismo. Più convincente la prima parte della seconda, mentre Milland se la cava bene sia come attore (ed era prevedibile), sia come regista (e questo era meno scontato). Peccato che su tutto aleggi quella fastidiosa esaltazione dell'individualismo tipicamente americana.
Post-apocalittico d'altri tempi, interessante per l'approccio anti-spettacolare alla materia (vedremo solo un fungo atomico). Ci si sofferma sui rapporti interpersonali (fra i gruppi di superstiti e fra i componenti stessi della famiglia protagonista), sull'istinto di sopravvivenza che giustifica le azioni più nefande (la seconda parte è un vero e proprio rape and revenge in formato ridotto). Peccato che Milland (meglio come attore che come regista) non generi il giusto pathos. Il senso di minaccia e distruzione è minimo, anche per le inadatte musiche jazz. Ingenuo, ma guardabile.
MEMORABILE: Milland minaccia il venditore di armi; La strada sbarrata dal fuoco; Lo stupro della ragazza; Milland si improvvisa giustiziere armato di fucile.
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CuriositàZender • 17/02/08 11:00 Capo scrivano - 48839 interventi
Fa parte dei cento film (realizzati tra il 1950 e il 1980) che Stephen King ritiene abbiano dato "un peculiare contributo al genere horror".
(Fonte: S. King, Danse Macabre, 1981)