Storico italiano senza troppi motivi di interesse. La ricostruzione storica è molto buona, così come i costumi ma il film, nonostante sia registicamente accettabile, è dominato da una fastidiosa atmosfera di fiction televisiva. Anche i ritmi sono da piccolo schermo, dato che Faenza si concede tutte le divagazioni possibili dimenticandosi che la noia potrebbe essere dietro l'angolo. Cast di livello altalenante, che va dal mediocre Alessandro Preziosi (ridicolo e sopra le righe) al bravissimo Lando Buzzanca. Colonna sonora assolutamente anonima.
Deludente trasposizione cinematografica del romanzo di Federico De Roberto realizzato da un regista altre volte più efficace come Roberto Faenza. In questo caso appare abbastanza riuscita la caratterizzazione ambientale, con costumi e scenografia molto curati e che rendono parecchio suggestivi alcuni momenti del film. Di contro minimo appare l'approfondimento dei personaggi, che vengono banalizzati quasi come protagonisti di un'opera televisiva. A parte qualche eccezione inoltre (vedi Buzzanca), il cast è totalmente inadeguato.
Durante la visione consultavo il libro: nulla da fare... trasposizione liberissima dell'antesignano de Il Gattopardo; d'altronde lo spunto dichiarato è quello, compreso il fasto visivo delle ambientazioni. Peccato che tutto sia confezionato in una patina da fiction e la storia si risolva in continui colpi di scena alla Beautiful, con la storia confinata in un cantuccio. Bene Buzzanca, Preziosi non pervenuto, la Capotondi... occasione decisamente sprecata.
Visto nella versione lunga tv, funziona in effetti (a tratti) come riesumazione del vecchio sceneggiato fastoso da Rai bernabeiana, un feuilleton in piena regola e senza scosse, perfettamente prevedibile nei suoi snodi. Quindi un'operazone sostanzialmente inutile, se non per convincere la recalcitrante e sussiegosa tribù dei critici alla definitiva rivalutazione (in vita, grazie al cielo) del grandissimo Lando. Quanto alla resa ambientale, il bozzettismo cattivo scaccia quello buono.
Superproduzione RAI con costumi da Oscar (Milena Canonero), il racconto della famiglia Uzeda nel tragitto storico dai Borboni all'Unità non coinvolge e non offre punti di vista nuovi sulla vicenda storica. Confezione patinatissima e fastosa, regia in linea con dovizia di panorami e dettagli d'interno raffinatissimi, ma senza anima. Cast sbagliato, Preziosi in testa a tutti. Anche Buzzanca non ha la statura per un personaggio tragico come il Principe Uzeda. Mi è piaciuto molto Pelligra nella parte del figlio illegittimo fattosi maggiordomo.
Mi è sembrata tutto sommato una buona trasposizione del romanzo di De Roberto. L'ambientazione è molto curata, gli scorci di Catania assai suggestivi. Una sorpresa in positivo l'interpretazione di Buzzanca, attore maturo, dalla presenza scenica imponente e lontano dai filmacci di gioventù. Una sorpresa in negativo (e dire che non mi aspettavo certo faville...) l'interpretazione di Preziosi, semplicemente improponibile. Bravina la Capotondi. Ovviamente Faenza non è Visconti, insomma non un capolavoro, ma comunque da vedere. Due palle e mezza.
MEMORABILE: Il bubbone di Buzzanca e i rimedi rigorosamente scientifici da lui scelti per la guarigione.
È molto comodo prendere un romanzo (in questo caso il capolavoro di Federico De Roberto, nientemeno), sottolineare le frasette famose, poi raffazzonarne un riassuntino degno di uno studentello svogliato e infine mettere qualche (pessimo) attore in costume a girare due ore non di noia, ma di autentico fastidio. Comodo, ma non deontologicamente corretto. Con un'aggravante: si è tentato di far passare il tutto per una nobile operazione culturale, quando invece siamo ai livelli d'estro delle più banali fiction da tv generalista.
Il capolavoro di De Roberto meritava ben altra sorte. E invece siamo alle solite: fiction (ne esiste anche una versione tv ben più lunga) travestita da cinema. Inoltre
Faenza si discosta non poco dalle pagine del romanzo, infarcendo la pellicola di frasi a effetto e qualunquistiche che vengono così svuotate del loro significato primigenio. Regia e cast inadeguati. Si salvano gli splendidi costumi del premio oscar Milena Canonero. Della serie: chi troppo in alto vola...
Grandi mezzi a disposizione, scenografie, costumi, ambientazioni molto curate; bel contenitore, molto mediocre il contenuto. Niente che emozioni, o che almeno susciti un minimo di attenzione. Una serie di quadri che sfilano prevedibilmente senza un'anima, lunga sequela di luoghi comuni, personaggi caratterizzati malamente che non lasciano nessun segno, anche dove la prova attoriale si sforza di dare il massimo. Preziosi fuori luogo nella figura di Consalvo (importante in tutto il contesto) abbassa ulteriormente il livello di interesse.
Nonostante i generosi tagli apportati, è palese l'origine prettamente televisiva di questo filmetto in cui si salvano soltanto i bei costumi e la bravura del sanguigno Buzzanca. Il romanzo di De Roberto aveva il suo punto forte non tanto nell'intreccio, quanto nella minuziosa caratterizzazione dei numerosi quanto diversificati componenti della famiglia Uzeda: qui, al contrario, abbandonano i fatti (inventati) mentre i personaggi sono incolori e per giunta interpretati da un cast nediocre. Non è certamente questo il modo di avvicinare i giovani alle opere letterarie.
MEMORABILE: La prima notte di nozze di Teresa, top dello scult.
Tratto dal romanzo di De Roberto del 1894, il film di Faenza pare promettere bene fin dalle prime battute. L'ambientazione c'è, è efficace, e c'è un eccellente Lando Buzzanca che dimostra di essere un attore capace, facendo dimenticare (col dovuto rispetto) le pellicole che lo resero noto. Però la caratterizzazione dei personaggi, a poco a poco che si dipana la vicenda, appaiono abbozzati, poco definiti. Merita quindi una visione, ma lasciando un senso di amaro in bocca per qualcosa che poteva essere davvero indimenticabile.
MEMORABILE: La progressiva malattia del principe Giacomo.
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In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
Trasposizione decisamente non riuscita. I fasti della fotografia ricordano il più compiuto Marianna Ucrìa, ma proprio non ci siamo: mi rendo conto che era difficile condensare un volume di 669 pagine, ma a mio parere lo spirito della vicenda è stato completamente stravolto in nome di una confezione lussuosa ma tutto sommato abbastanza incoerente.
Salvo Buzzanca e l'interprete del cugino Giovannino, per il resto anche Lucia Bosè è stata condannata ad un ruolo che invece nel libro aveva ben altra caratura.
DiscussioneBuiomega71 • 23/03/20 14:38 Pianificazione e progetti - 24784 interventi
L'accento sulla lettera finale, nel titolo del film, è grave (è), mentre in italiano corretto si scrive e si pronuncia acuto (é). Probabilmente lo si è fatto per seguire la pronuncia usata in Sicilia.