Thriller falsamente tradizionalista in realtà piuttosto anomalo in cui la ricerca degli indizi e la stessa scoperta del colpevole diventano secondari al rapporto che si instaura tra i due protagonisti. Se cioè la confezione, le dinamiche, lo schema che il film in apparenza segue ricalcando stilemi tipicamente novantiani (la sceneggiatura proviene da quegli anni lì, rimasta quindi in coda a lungo prima di essere portata su schermo) regalano la sensazione di qualcosa di ampiamente già visto, dalla seconda parte in poi si rilevano invece tracce di un cinema molto più moderno, decisamente indirizzato verso i finali aperti, i dubbi che restano sospesi tormentando, i colpi...Leggi tutto di scena che si sganciano dall'inchiavardamento a regole codificate che esigono risposte certe. Il prologo porta già in scena il serial killer a cui la legge darà a lungo la caccia: raggiunge una giovane donna con l'auto, l'affianca, la spaventa, ma quella riesce a sfuggirgli. Il poliziotto Joe Deacon (Washington), che si occupava al tempo del caso, è stato nel frattempo sospeso dal servizio ed è ora un semplice "vice" che raggiunge Los Angeles per recuperare alcune prove utili in processo. Lì viene in contatto col detective che l'ha sostituito, Jimmy Baxter (Malek), e dopo qualche piccolo screzio deciderà di aiutarlo a seguire le tracce di un serial killer che potrebbe ancora essere quello che Deacon cercava al tempo e non era mai stato trovato. L'interazione tra i due diventa presto centrale, anche perché sostenuta dalle prove di ottimi attori capaci di dare le corrette sfumature ai loro personaggi. Così, mentre la linea investigativa si sfalda in qualche ellissi di troppo che fa perdere un po' il filo lasciando intuire la scarsa importanza della stessa, lo sviluppo dei caratteri ci permette di conoscere meglio i protagonisti lasciando che lentamente si faccia strada la figura del sospettato principe (Leto), la figura che va a comporre il terzo lato del triangolo; è la più interessante delle tre, la più misteriosa, carica di quell'ironia beffarda che la fa progressivamente salire al centro dell'attenzione e che dà finalmente senso a un film fin lì piuttosto adagiato sui binari della banalità, annegato nella patina scintillante di una notevole fotografia, elevato da una efficace colonna sonora ma, nel suo insieme, fonte di una evitabile sensazione di déjà vu. Poi appunto qualcosa si smuove, si passa a un approccio più ambiguo e si viene a sapere il motivo che ha condotto Deacon sull'orlo dell'esaurimento con conseguente "declassamento" lavorativo (perché naturalmente prima lui era un asso, il migliore nel suo campo...). La sceneggiatura è sufficientemente ricercata da soddisfare gli appassionati, l'atmosfera è spesso quella giusta e quindi, benché non si possa certo gridare al miracolo, il film si lascia vedere, nonostante gli evidenti agganci a una concezione del thriller ormai un po' sorpassata. Marcel M.J. Davinotti jr. Chiudi
Un ex detective di Los Angeles torna in città dopo cinque anni per partecipare alla caccia ad un serial killer. Diretto da Hancock, un cupo thriller ambientato nei sobborghi della città degli angeli, in cui il protagonista (un tormentato Washington, affiancato dall’ottimo Malek) vive il passato con l’amarezza legata al passato professionale. Debitore di qualche pellicola del passato, un film dal ritmo piuttosto serrato nel quale a volte le atmosfere e la caratterizzazione dei personaggi, il cui vissuto viene progressivamente svelato, contano più della vicenda stessa.
Un thriller particolarmente vecchio stampo, che richiama ai classici degli anni Novanta (e non a caso l'ambientazione è quella) tra scenari metropolitani cupi e detective ombrosi quasi quanto la loro nemesi. Washington e Malek non funzionano benissimo come coppia ma il primo offre la solita performance convincente e ruba la scena, così come un Leto dimesso e disturbato si appropria della seconda parte. Giusta anche se senza guizzi la regia di Hancock. Un film che si lascia seguire fino ad un finale molto interessante.
Un detective di provincia si trova impelagato nell'indagine su alcuni omicidi seriali probabilmente legati al caso che anni prima provocò il suo allontanamento dalla polizia losangelina... La sceneggiatura è stata scritta negli anni '90 ed il film conserva questa ambientazione old style puntando sulla coppia formata dal valido Washington, ossessionato dai fantasmi del passato, e da Malek, impacciato come giovane rampante ma intimamente fragile, mentre Jared gioca facile nel ruolo del gatto travestito da topo. Film poco originale ma il clima cupo è ben reso, la trama più o meno regge.
MEMORABILE: La panoramica dall'alto che svela le buche nel campo; Il fermaglio rosso.
Trama classica nella quale riecheggiano frammenti di celeberrimi thriller anni 90 come Seven e Il silenzio degli innocenti. Quello che la mantiene sopra gli standard del genere è la prova dei due protagonisti, amalgamati e rivelati con gradualità dalla mano di Hancock. La coppia formata dall'immarcescibile Washington e da un insolito Malek regge bene e polarizza l'attenzione, aiutata anche da una discreta cornice ambientale e sonora.
Come già abbondantemente ribadito, Hancock rimastica sul piano della trama vicende da altri raccontate in maniera ben più stratificata e con più autorevole intenzionalità. Resta tuttavia un discreto quadro d'ambiente, dall'atmosfera ninety ricreata con appropriato gusto scenografico mentre Denzel Washington apporta un quid di disfacimento fisico emotivo piuttosto credibile. Meno in parte, perdente nel suo ruolo (molto mal scritto per la verità) di progressiva (perlopiù inopinata) immersione nel lato oscuro Malek, messo sotto da un Leto che sibila turbamento. Densamente insussistente.
Ambientazione anni '90 per un thriller che si svolge nei sobborghi di Los Angeles con protagonista una coppia di poliziotti, analoga a quella di Seven, alle prese con un omicida seriale.Trama piuttosto usuale che fa leva su un passato rimosso (Deke) e sull'instabilità emotiva (Baxter) per caratterizzare il modus operandi relativo alle indagini, che sembrano più spedite nella prima parte, per poi concentrarsi sulla figura del (presunto) colpevole. Una regia distesa ed elegante che lascia spazio al giusto tempo della narrazione, con attori di spicco anche se non proprio amalgamati.
MEMORABILE: I due poliziotti e l'interrogatorio di Sparma; Il passato di Deke; Le fosse scavate.
Hancock porta sullo schermo una sceneggiatura da lui stesso scritta negli anni '90, e infatti non soltanto l'ambientazione ma anche l'atmosfera è quella del periodo. Più della storia, che non riserva eclatanti colpi di scena ma sfocia comunque in un epilogo bello e amaro, contano però i personaggi: Washington ammanta del consueto carisma il poliziotto tormentato da un passato oscuro che si rivelerà soltanto al termine, Malek se la cava nei panni del collega che dopo la spavalderia inziale rischia di ricalcarne le orme, Leto convince come sospettato allucinato. Ottima la confezione.
Non che si tratti di una vicenda particolarmente complessa e intricata (sebbene questa sia la sensazione iniziale) e non che la messa in scena sia da indie (dopotutto non è cosa da Hancock), eppure, ancora una volta, funziona. Anzitutto nel trio Washington/Malek/Leto (quest'ultimo un po' caricato), ma anche e soprattutto nelle sensazioni che trasmette; più che lavorare sull'intrigo, lavora infatti sull'aspetto emotivo, sorretto da un commento sonoro adattissimo e alleggerito in sede di montaggio: dopotutto non è l'analisi dei delitti la chiave di questo lavoro.
Davvero piacevole, nel 2021, assistere ad un film appena sfornato in pieno stile anni 90, quando i thriller di livello del periodo sapevano intrattenere. Le sceneggiature erano tutte più o meno simili. Eppure. Conservavano un certo fascino. Come questa pellicola che non apporta nulla di strabiliante, ma vanta attori di ottimo livello e un’atmosfera plumbea che ammanta. Interessante, soprattutto, è il rapporto che si crea pian piano tra i protagonisti. Debolezze, fragilità, follia e, su tutti, il dubbio. Epilogo, amaro, un po‘ telefonato ma perfetto per il genere. Promosso!
Denzel Washington è il bravo protagonista di questo thriller dalle atmosfere anni '90, costruito su una buona sceneggiatura e sorretto da un cast convincente. La vicenda è piuttosto cupa e tutto il film è pervaso dalla sensazione di disagio che provano i due protagonisti nella ricerca del serial killer. Tra gli altri, bene Rami Malek e non male Jared Leto, che fa il suo. Dal finale era lecito aspettarsi qualcosa di meglio. Discreto, nell'insieme.
Trama deboluccia nel cui finale si vede il chiaro ammiccamento a Seven. Ma se Seven era un signor thriller, questo fa un po' acqua da tutte le parti dal momento che sono abbastanza inverosimili molti degli avvenimenti descritti nel film. Meno male che a salvare il tutto ci pensa prima Jared Leto (malamente imbruttito), che sfodera una caratterizzazione davvero gagliarda e poi la coppia Washington-Malek, non proprio affiatata ma che mostra un gran mestiere. Francamente si sperava in qualcosa di più, considerata anche l'ambientazione anni 90.
Poliziesco d'atmosfera nel complesso riuscito, non soltanto grazie al supporto scenografico (la Los Angeles dei primi anni '90) e al cast adeguato (buona, per quanto classicissima, l'accoppiata investigativa di Washington e Malek), ma anche paradossalmente per merito di uno script di studiata imperfezione, che pare farsi beffe di spettatori e protagonisti instradandoli verso vicoli ciechi, sia per quanto concerne le indagini sia in materia di focus narrativo (dallo sconnesso incipit on-the-road in stile Urban legend fino alla conclusione triplamente beffarda). Troppo lungo ma valido.
MEMORABILE: La ragazza morta in casa; Le fumosissime dichiarazioni di Jared Leto; Malek e Leto come Pitt insieme a Spacey; Il flashback rivelatore di Washington.
Una pellicola in grado di far respirare allo spettatore tutta l'atmosfera tipica dei thriller americani degli anni Novanta (la sceneggiatura è infatti di quegli anni), con una storia che punta molto di più sulla caratterizzazione dei personaggi e del loro rapporto (soprattutto Washington e Malek) rispetto alla risoluzione del caso (deludente). Ambientazione di livello con tocchi di grande cinema ma non sempre brillante, soprattutto nella parte conclusiva. Un'opera che mostra quanto l'ossessione possa giocare brutti scherzi, soprattutto a livello di affetti personali. Eccellente Leto.
MEMORABILE: Il palazzo con vista sulla stanza del delitto; Le buche nel deserto; Il fermaglio rosso.
Un vice sceriffo e un sergente indagano su una serie di omicidi a Los Angeles. Thriller abbastanza riuscito. E dire che la prima parte sembrava portare a una conclusione più accettabile, meno forzata e prevedibile. La tensione non manca, ma è troppo poca. In un cast tutto sommato convincente, il migliore risulta Jared Leto. Discreta la colonna sonora. "The little things", il titolo originale, meglio di quello italiano.
Film-cliché in cui basterebbe già la camminata di Leto/Spacey a rassicurare il pubblico sull'identità dell'assassino. Lento e farinoso emulo in cui persino Washington annaspa evocando Freeman, mentre Malek/Pitt subisce tutto il peso del confronto. Ma se Fincher inventava la ruota, questo Hancock la fa rotolare in basso senza molta convinzione; manca un po' tutto l'archetipo grondante orrore e giudizio del thriller maximum, mentre abbonda l'incredulità della compiacenza tra i vari protagonisti in divisa, e in camice. L'effetto è simile a quello di un prodotto scongelato al momento.
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