Nell'Olanda di fine occupazione nazista, una ragazza si finge collaboratrice per aiutare la resistenza. Ritorno alla madrepatria per Verhoeven dopo un ventennio hollywoodiano. Qui riprende vecchie tematiche a lui care e le innesta in una sfolgorante confezione hollywoodiana. Il risultato è un dramma d'azione che mischia diversi generi al suo interno ,dotato di innegabile ritmo. A volte incline a un certo sensazionalismo (tipico del regista) è comunque un ottimo film, in cui il male si nasconde spesso dove c'è il bene e viceversa. Da vedere.
Tornato in patria, il regista olandese realizza uno dei film migliori della sua carriera. Black book è sia film bellico e noir (le sequenze della strage sulla zattera sono impeccabili e forti emotivamente) che thriller, con tanto di agghiacciante e spietato finale. Ottima la scelta di adoperare attori non conosciuti al grande pubblico internazionale, particolare che aumenta il coinvolgimento emotivo portato dal film. Ottima scenggiatura e bella regia. Tra i migliori film di genere degli ultimi anni.
Ottimo film di guerra che racconta la stessa non tanto sul campo da battaglia ma dal punto di vista del dramma delle persone che la hanno vissuta. A dir la verità definirlo un film di guerra è fin troppo riduttivo. È ben girato e Paul Verhoeven sorprende per la maestria con la quale ha assemblato il prodotto. Gli ultimi dieci minuti di film sono veramente intensi. Sicuramente un film da non farsi scappare.
Ben fatto. Riesce ad appassionare con una storia realistica sulla resistenza olandese al nazismo. La protagonista, unica sopravvissuta della sua famiglia, diventa cortigiana per infiltrarsi ma si innamora del nemico. Seduzione e tradimento, esattamente come in Lussuria, con più azione ma molta meno poesia ed introspezione.
Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale in Olanda, non si può definire un film storico, soprattutto per le scelte spregiudicate del regista nel mettere sullo stesso piano in alcuni casi nazisti e membri della resistenza olandese. E' un thriller drammatico e avventuroso, con alcune scene molto crude e un frenetico ed eccessivo succedersi di avvenimenti, con la guerra che non risparmia la deriva morale a nessuno. Il ritmo è sostenuto, ciò che manca è qualsiasi forma di sensibilità e di delicatezza. Avvince ma non convince.
La raffinatezza non è certo la qualità del regista Paul Verhoven e questa pellicola ne è la conferma. Aggraziato quanto un elefante e sobrio quanto un alcolizzato all'ultimo stadio, il film riesce tuttavia a farsi seguire piacevolmente mescolando storia (a dir la verità ben poca) e finzione filtrata attraverso i codici del feilleuton. Eccessivo e con una parte finale che convince poco.
Denso thriller bellico che sa proporre diverse situazioni, sia prevedibili che impreviste, in modo da mantenere vivo l'interesse dello spettatore. Verhoeven dirige con solidità, che non gli preclude la fluidità ma che lo penalizza leggermente nel tocco estetico. Una volta tanto si può dire che c'è molto arrosto e poco fumo, con una trama che offre tanti episodi, alcuni dei quali crudeli, basati sull'ambiguità. La quasi esordiente Carice van Houten regge benissimo il peso che il suo personaggio ha per la riuscita del film. ***!
Uno di quei film in bilico tra grande schermo e fiction tv, pericolo frequente in certi film "a largo raggio" sulla guerra e sulle ambiguità dei suoi protagonisti. Verhoeven purtroppo non fa eccezione, prova a condire la sua storia con ripetuti colpi di scena e scene forti ma la consistenza rimane nazional-popolare (specie alcuni dialoghi e negli esterni) e scivola anche nel comico (la sparatoria col delatore, le unghiate sul viso del nazista). Un plauso comunque all'espressività della van Houten e alla perfidia del nazi interpretato da Kobus.
Verhoeven nell'ultima trasferta europea confeziona un ottimo film riuscendo a rappresentare al meglio il clima ostico di quel periodo. Un'epoca nella quale, per paura o per interesse, ci si vendeva al miglior offerente e anche le persone più vicine potevano rappresentare una minaccia. Non saprei inquadrarlo in un genere preciso: guerra, dramma, azione si fondono assieme per formare una pellicola appassionante e ben costruita. Buona l'interpretazione di tutti i principali attori a cominciare dalla protagonista.
Verhoeven abbandona il genere fantasy per un tuffo nel racconto storico. Con ottimi risultati, perchè lo sfondo delle vicende della resistenza olandese gli dà l'occasione di imbastire una favola nera dai toni crudissimi, e di dar vita a un film particolarissimo e personale, dove convivono gli elementi del thriller e della rivisitazione storica, con esiti affascinanti. Deliziosa e brava Carice van Houten.
La sconosciuta resistenza olandese durante la II guerra mondiale descritta dal regista indigeno con discreta dovizia di particolari. In mezzo la storia di una cantante che si adopera in vari modi per la riuscita della causa. Un lungo flashback che parte da un inatteso incontro e genera un valida pellicola la quale, benchè non annoveri interpreti di alto livello, riesce comunque a farsi apprezzare.
Tolta la Van Houten (alla quale avrei con gioia consegnato anche i segreti dei razzi V2 e pure un pezzo di Renania) e salvate le interpretazioni più che convincenti di Koch e del laidissimo Kobus rimane un po' poco: da Verhoeven non mi aspetto la sobrietà ma il suo stile ridondante (sottolineato dall'inutile monumentalismo della colonna sonora) appesantisce una storia che sarebbe stata più incisiva se l'olandese avesse optato per uno stile più asciutto. Buono l'intento di raccontare la poco conosciuta resitenza olandese ma non del tutto riuscito.
Nonostante la sceneggiatura presenti situazioni già viste nell'ambito del genere, il regista è riuscito a ricreare quelle atmosfere pregne di paure, tipiche del periodo in questione, paure con cui gli ebrei dovevano fare i conti nel periodo storico più buio dell'intera umanità; in più ha osato, inscenando una storia d'amore tra un'ebrea e un nazista e anche di questo gli va dato merito. La pellicola presenta inoltre una ricostruzione storica eccellente. A differenza di Bastardi senza gloria, non c'è ironia ma solo terrore e voglia di sopravvivere. Cult.
Sfuggita a un eccidio, la giovane cantante Rachel trova rifugio nella resistenza olandese, restando coinvolta in una tela di tradimenti e doppi giochi. Verhoeven affronta il tema dell'occupazione nazista in Olanda senza ricorrere al bianco e nero, né ad un grigio uniforme: personaggi ed eventi sono descritti con un grado di complessità che, sorprendentemente, ben si accompagna allo stile ricco e quasi melodrammatico. L'unica cosa a non convincere è il breve epilogo, che istituisce paralleli gratuiti con Israele. Perfetta Carice van Houten.
Bel film drammatico, ricco di azione e sentimento. Magari non originalissimo, ma comunque girato bene e mai noioso. Buona la prova degli attori. Un piccolo gioiello poco noto al pubblico di massa, ma che avrebbe certamente meritato maggior risalto. ***
Ottimo film storico girato da un Paul Verhoeven che questa volta ci mette un tocco di classe in più, dimostrando di non essere solo un esibizionista della mdp, ma di saper bilanciare saggiamente sceneggiatura e personaggi senza far mancare i dovuti colpi di scena. Gran merito va anche alla splendida Carice van Houten (interpretazione difficile e carica di sensualità) e all'ottima scelta in generale del cast. Peccato che il film perda qualche colpo nel finale, incartando un po' troppo la trama per giungere ad una soluzione, ma comunque merita.
Tutto si può imputare al Robocop olandese tranne che non sappia utilizzare, alcune volte anche in palese malafede, l’ardita dote della contraddizione. La sua “riscrittura” della resistenza Orange è così altamente provocatoria, innestando l’ambiguità stilistica che gli è congenita su un cotè melodrammatico in cui tutto è cinematograficamente in perenne movimento (buoni e cattivi, moralità e passione) attorno ai due fulcri inamovibili del sesso e soprattutto della guerra (come testimonia lo splendido finale). La Van Houten sinuosa e inafferrabile,
MEMORABILE: Ellis de Vries che canta (e vomita) alla festa nazista; Rachel/Ellis e il capo partigiano che attendono sul ciglio della strada la morte di Hans,
Un alto ufficiale tedesco gentile e romantico; membri della resistenza doppiogiochisti, corrotti e/o apertamente antisemiti; i nuovi vincitori che non si comportano meglio dei vecchi... Materia atta a suscitare polemiche ed accuse di revisionismo, che del resto non devono essere dispiaciute al "provocatore" V. Ma il problema non è quello di una rilettura anticonvenzionale della storia quanto del modo in cui questa è condotta: un feuilletton ottocentesco sulle sventure di una Justine sadiana che passa indenne attraverso le peggiori sventure, fino ad una agnizione finale di rara incongruenza.
Avvincente thriller bellico incentrato sulle vicissitudini di una giovane ebrea olandese reclutata dalla Resistenza. Verhoeven sceglie un approccio che sembra fatto apposta per scatenare polemiche, ma i risultati gli danno ragione: tensione costante, ritmo sostenuto, colpi di scena, improvvisi scoppi di violenza, qualche frammento di erotismo ed ecco che le oltre due ore scorrono che è un piacere. Chi cerca la verità storica magari potrà storcere il naso, chi si accontenta di un bel film sicuramente no. Fantastica la protagonista.
Tornato in Europa Verhoeven dirige quello che a parer mio è il suo miglior film. Senza il finanziamento hollywoodiano il film è in qualche modo un "unplugged", scarno, un po' stile B-movie ma con ottimo ritmo, tensione e una sceneggiatura non ordinaria. Vagamente Anni Trenta il legame sentimentale, ma per il resto si tratta di un eccelente spy story. Bravi tutti gli interpreti.
MEMORABILE: Da riflettere il passaggio da vittima a carnefice e impressionante e forse non surreale la fucilazione dopo la resa tedesca.
Ebrea tedesca che entra nella resistenza olandese per infiltrarsi nell’esercito di occupazione nazista. Il film si distingue per la descrizione dei personaggi fuori dagli schemi classici (contraddizioni, nazisti “normali” quanto spietati, influenza del personale sugli ideali). Verhoeven non rinuncia al thriller drammatico e ai colpi di scena. Un bel film per riuscire a parlare di una guerra tra europei. Prova al limite della perfezione della protagonista femminile. Molte le sottotrame interessanti. Un film per discutere.
MEMORABILE: Il capo del nucleo della resistenza: "Da quando in qua un ebreo qualunque vale di piu di un rispettabile olandese!"; La contraddittoria scena finale.
Film intenso e pieno di drammaticità che ha il merito di raccontare una interessante vicenda della Seconda Guerra Mondiale poco conosciuta al grande pubblico. Tanti i colpi di scena, al punto che alla fine la pellicola perde un po' in omogeneità e linearità. Il livello di interesse però rimane sempre abbastanza alto ed è quello che conta di più. In sostanza un bel film che si lascia vedere con un certo trasporto.
Più che un film, un’opera che ha il sapore della fiction, per l’inverosimiglianza della trama quanto mai avventurosa e variegata. C’è un tesoro tristemente accumulato depredando povere vittime ebree e attorno predoni e prede. Il succo è che non vi è mai un limite netto fra buoni e cattivi, anche in guerra. Ricostruzioni scenografiche a volte approssimative, ma il ritmo e i colpi di scena tengono sempre, facendo dimenticare i difetti, giù a capofitto verso un finale speranzoso ma non privo di dolore.
MEMORABILE: La cioccolata che salva la vita alla nostra eroina.
Sulle spalle di una splendida Carice van Houten (che diverrà in seguito più nota nei panni di Melisandre ne Il trono di spade), un drammatico storico anche un po' noir e thriller che procede a spezzoni, ha dei bei colori e prova a dire la sua sulla WWII. L'opera procede un po' a spezzoni, ciascuno organico in sé, ma con la sensazione che non si raggiunga un'omogeneità complessiva, ma tutto sommato funziona, soprattutto in forza di una sensualità non trascurabile della protagonista. Oltre a lei un buon Sebastian Koch e un Thom Hoffman che ricorda Kevin Spacey.
MEMORABILE: La fuga in massa in barca; Il tentativo di liberazione dei prigionieri; L'umiliazione a guerra finita.
Comprensibilmente criticato per il suo vago cerchiobottismo (il nazista 'buono" e l'ebreo che vende i suoi fratelli), Verhoeven in realtà non salva nessuno se non la protagonista, peraltro straordinaria. Disinibita nelle scene di nudo (singolare la "tinta" dei peli pubici per sembrare bionda naturale), credibile in quelle d'azione o di incredibile umiliazione (la doccia di feci umane). Ispirato a fatti veri, certo non accaduti alla stessa persona, è uno spaccato che riesce talvolta a sorprendere nonostante il tema e il periodo siano molto frequentati. Veloce e cangiante.
Ritorno nella natia Olanda per Verhoeven dopo i fast hollywoodiani per questo noir/dramma sullo sfondo della Seconda Guerra Mondiale. Tradimenti, agguati, doppi giochi e colpi di scena; lo script funziona malgrado qualche forzatura e qualche semplicismo di troppo. Verhoeven dirige bene con uno stile a metà tra la patinatura del periodo americano e quello più a tinte forti di inizio carriera. Promosso il cast, molto brava e in parte la Van Houten.
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Festival di Venezia
Nomination al Leone d'oro per Paul Verhoeven, vincitore del Premio speciale della giuria.
La pellicola ha vinto vari premi, ma è stata tacciata di revisionismo politico.
DiscussioneRaremirko • 1/08/19 21:06 Call center Davinotti - 3863 interventi
D'accordissimo con Capannelle, il film è curato ma non decolla mai, a causa per lo più della pochezza del narrato (e 130 minuti di durata non aiutano molto).
Sexyssima la Van Houten, un pò anonimi gli altri, bene la ricostruzione storica.
Più che i pregi del celebre regista, tale pellicola, che qualche potenzialità ce l'aveva pure, ne sottolinea i difetti.