Greenaway torna ai fasti dei suoi capolavori assoluti realizzando un'opera coraggiosa, dissacrante, blasfema ed erotica, in odore di scandalo; visivamente ricca di fascino, tecnicamente pregevole, con costumi incredibili e una fotografia eccelsa. Intriso di nudità e riferimenti pittorici, il nuovo tassello della cinematografia del cineasta è sempre sperimentale ma più vicino al cinema classico che a quello digitale. Le più controverse storie del Vecchio Testamento tradotte in immagini possono scioccare ma anche far urlare al capolavoro. Teatrale.
Film originale, pesantissimo, diretto da un Greenaway particolarmente in vena di sperimentare, che tramite trucchi fotografici e proiezioni multiple crea un sorprendente effetto 3D senza occhialini. Se la tecnica è stimolante, la narrazione eccede in ridondanza e cripticità, azzarda molteplici piani di lettura ma a ben vedere se si resta svegli è solo grazie al susseguirsi di eccessi sessuali e primi piani anatomici spesso ai limiti dell'hard. Il cast sta al gioco. Noioso ma visivamente unico. Mezzo pallino in più per la tecnica innovativa.
Greenaway scrive e dirige un film di grande complessità che merita più di una visione per gustare e digerire appieno tutta la carne (forse troppa) messa sul fuoco e le tematiche stimolanti ed importanti trattate (il sesso, l'arte, la religione, la libertà, la conoscenza e tanti altri). Visivamente una gioia per gli occhi, con immagini raffinatissime, di grande bellezza e piene di echi e riferimenti pittorici. Peccato che mi sia sembrato un po' troppo cerebrale, ragionato e costruito. Ma è di sicuro un bel film.
Sono sei i tabù che la compagnia di Goltzius mette in scena (attraverso altrettanti episodi biblici) per ottenere dal mangravio di Alsazia i finanziamenti per la stampa di un libro d'incisioni proibite. Greenaway esplora i processi produttivi dell'opera d'arte, inchioda il mecenatismo più liberale ai suoi retaggi cattolici e dal "libero esame delle Scritture" esuma i fondamenti dell'immoralità: espone il tutto in una mise en abyme edotta, fastosa, estenuante, che fonde pittura e teatro, artefatti digitali e grafica esplorativa. Un graditito ritorno del regista all'enciclopedismo impertinente.
MEMORABILE: I sei tabù sociali secondo Peter Greenaway: voyeurismo, incesto, pedofilia, prostituzione, adulterio e necrofilia.
Greenaway piazza un'altra delle sue opere pesanti e ripetitive, giocate come era facile supporre sulla morale e sulla trasgressione, viste in chiave storica e pittorica. Dei sei peccati/episodi proposti alla platea purtroppo non se ne salva uno; anche i dialoghi non sono particolarmente brillanti e lo stampo è decisamente teatrale. Tra gli attori spicca solo la Hassing e mancano quelle belle note musicali che avevano contraddistinto molti suoi lavori.
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L'olandese Hendrik Goltzius è stato tra i primi incisori di stampe erotiche del tardo Cinquecento. L'opera di Greenaway traduce in immagini le più controverse storie del Vecchio Testamento, in particolare concentrandosi sui racconti erotici di Lot e le sue figlie, di Davide e Betsabea, di Sansone e Dalida e di Salomé e Giovanni Battista.