E se il leggendario bardo di Stratford upon Avon non fosse stato quello che tutti conosciamo? Se il vero autore di quelle opere immortali fosse in verità un conte costretto a mantenere l'anonimato, che magari non fece altro che raccontare in parte quanto davvero gli accadde? Immaginiamolo pure, la tesi è suggestiva. Perché però frammentarla in mille flashback di flashback su flashback fin dal primo minuto, col risultato di rendere il tutto più caotico del necessario e abbassando drasticamente il livello di coinvolgimento? Dovendo mandare a memoria tanti nomi e facce diverse (che spesso perdono corrispondenza nel passaggio temporale) il rischio è di perdersi...Leggi tutto per strada particolari importanti, e in una storia così "costruita" può essere penalizzante. Emmerich, lontano dal gigantismo degli amati effetti speciali, si rifà con scenografie imponenti, ma la resa non è delle migliori e l'artificiosità di molti esterni danneggia la credibilità della ricostruzione storica. Meglio va con la fotografia, ma la restituzione dell'Inghilterra del 1500 è modesta, così come non convincono i dialoghi, destinati ad appesantire un'opera già tronfia per l'inevitabile tendenza "kolossaleggiante" del regista, decisamente più a suo agio nel catastrofico. Ad ogni modo, complice qualche buon colpo di scena e l'intersecarsi dei frammenti temporali, si ritrova a tratti l'interesse e si coglie la singolare drammaticità quasi da thriller in costume. Discreto.
Non si tratta di suggerire ponderosi dubbi sulla questione della reale paternità delle opere del Bardo. La tesi è qui netta (coincide con una delle ipotesi più leggendarie) e su di essa la sceneggiatura si compie, da subito. Emmerich dimostra di saper suggestivamente tradurre la sua notevole vis spettacolaristica fuori dal suo consueto catastrofismo di genere (siamo nell' Inghilterra di Elisabetta I), regalandoci caliginose ambientazioni storiche quasi virate in ocra, in tono col narrato e personaggi ben tratteggiati, con attori in parte.
MEMORABILE: Le riprese in panoramica e le luci che filtrano, densamente plumbee, dalle finestre delle stanze di corte; Le emozioni teatrali; De Vere morente.
L'Emmerich conosciuto non traspare mai, se non all’occhio dei suoi seguaci più costanti; quell’aura da complotto "fanta-storico" (con buona pace di chi avvalora la tesi) e quelle fondamenta coreutiche sono caratteri inconfondibili che sopperiscono all’insolita seriosità. Il suo è un thriller serratissimo (aggettivo che suggerisce già l'impresa), a tratti persino arduo da seguire, ma diretto con mano salda e sceneggiato ancora meglio. Rende triste constatare come un autore debba trattare Shakespeare per essere in un certo qual modo “considerato”... ***1/2
Svergognato polpettone pseudostorico che stravolge ogni realtà tentando di proporre una teoria che vorrebbe Shakespeare come un laido impostore. Se l'idea non era male, il risultato va al di là di ogni decenza, infilando una catena assurda di colpi di scena da far impallidire la migliore puntata di Beautiful. In più la narrazione confusionaria impedisce qualunque coinvolgimento emotivo. Un pastrocchio di ambizioni mal riposte e brutta recitazione, eccettuata la sempre maestosa Redgrave. Emmerich tenta il gran salto ma precipita rovinosamente.
MEMORABILE: La moglie a sir Edward: "Come puoi continuare a scrivere? Sei posseduto!" e la coda finale in stile "io non sono tuo padre, sono tua madre".
Essere o non essere (il vero Shakespeare)? Per Emmerich il dilemma è un altro: se prendere le armi cinematografiche in mano e costruire un degno kolossal o dileggiare ancora una volta la carne (ovvero il polpettone) di cui si nutre. Si risolve nel prendere le sembianze dell'opera impegnata, pur essendo il blockbuster nascosto sotto di essa. Ma non tutto è sprecato: laggiù è pur sempre l'ovest e la Redgrave è il sole della recitazione. Peccato perché, prima della mezz'ora conclusiva, il film sembrava disposto a dare il regno per un avvallo.
Decostruiamo Shakespeare. Il lavoro di Emmerich dà corpo a una delle ipotesi più suggestive: impossibile che un villano privo di istruzione abbia partorito quei versi. Ecco dunque nascere un intreccio storico anche piuttosto complesso. Più che l'accuratezza storica, si cerca tuttavia la risata dello spettatore (il fantoccio shakespeariamo che pratica stage diving?). Ne risulta un sorriso di benevolenza e l'eterna voglia di rileggere o assistere nuovamente alla rappresentazione di qualcuno di quei capolavori senza tempo.
Da Roland Emmerich il film che non ti aspetti. Al posto del "disaster movie" al quale il regista tedesco ci ha abituato, una pellicola di carattere storico (o fantastorico) e letterario, decisamente ben realizzata. Vicenda intrigante (sebbene un pò improbabile), ottima caratterizzazione ambientale e un cast di altissimo livello con un eccellente protagonista come Rhys Ifans, attore che merita maggiore considerazione. Da vedere se possibile in lingua originale.
I secolari dubbi sull’identità di Shakespeare danno la stura a uno spettacolare film fanta-storico di poca sostanza filologica ma di grande impatto, che s’infila nell’interstizio kolossal-complottistico ideale tra La maschera di ferro e Il codice da Vinci, con aggiunta di una spruzzata di Amadeus. Insomma, un drammone pieno di intrighi e misteri, ambientato efficacemente nella Londra cinquecentesca, sostenuto da un ottimo ritmo, da una sceneggiatura impeccabile e da personaggi scolpiti a tutto tondo con caratteri... shakespeariani. Gustoso.
Il re del disaster movie cambia completamente genere e si butta sul film in costume con annesso thriller sulle origini del divino Bardo. Non mi ha convinto granché: la piattezza/vuotezza della regia emmmerichiana negli altri film veniva compensata dalla profusione degli effetti speciali e dalla spettacolarità estrema, che qui ovviamente manca. Un film corretto, dove tutto è fatto benino ma non coinvolge più di tanto; si respira banalità. Simpatico l'attore che fa William Shakespeare. Emmerich è meglio torni ai disaster movie...
La scarsità di documenti sulla vita del Bardo ha da sempre alimentato leggende e supposizioni più o meno azzardate, compresa quella che fosse in realtà un prestanome. Qui Emmerich, in vacanza dal genere catastrofico ma senza rinunciare alla spettacolarità, spinge il pedale in questa direzione, senza lesinare sui colpi di scena e le battute ad effetto. Ne risulta un film assai opinabile nell'assunto, talvolta faticoso da seguire per i continui intrecci temporali, ma a suo modo affascinante, proprio per quanto eccessivo e spudoratamente melodrammatico. Cast in parte, a cominciare da Ifans.
Emmerich, abbandonando il terreno abituale di gioco, mostra di possedere una poliedricità non indifferente. La bontà dell'operazione è garantita dall'eleganza della sceneggiatura che rispolvera una vecchia leggenda in cui si sbugiardava Shakespeare come autore delle proprie opere. Ottimo il senso del ritmo che inchioda alla poltrona nonostante la durata non indifferente (130 minuti). Emmerich, fra intrighi politicie affascinanti suggestioni, si sente a proprio agio girando con mano ferma. Preziosa la ricostruzione ambientale e la prova di Ifans è pura meraviglia.
Abbandonati i disaster-movie, Emmerich si tuffa in una sorta di giallo storico dimostrando di essere davvero un regista coi fiocchi. Al di là della tesi sostenuta nel film sulla paternità delle opere il film è davvero ottimamente confezionato. Il periodo elisabettiano e gli intrighi di corte sono magnificamente rappresentati e i costumi e le scenografie davvero impeccabili. Grandissima prova di Ifans nei panni del Conte di Oxford e della Redgrave in quelli della Regina. Notevoli anche la colonna sonora e la fotografia.
Una specie di mostro fantastorico che facendo leva sulla vecchissima questione dell'identità di Shakespeare, mescola in modo impudente storia politica, intrighi di corte, rappresentazioni teatrali pasticciate e tanta cartapesta. La pletora di personaggi in ambienti perennemente bui, l'eccessiva durata e i salti temporali impediscono di seguire un filo logico a cui aggrapparsi, perdendo di vista persino il tema portante relativo al grande poeta. Anche la ricostruzione ambientale, i costumi e la gestualità degli attori sanno di inautentico e di posticcio.
L'altra faccia di Emmerich... Abbandonati per una volta gli effetti più "fracassoni", si spinge nei territori (fanta)storici per sposare una delle tante tesi mirate a dare un volto diverso (rispetto a quello ufficialmente riconosciuto) all'autore inglese per eccellenza. Bisogna impegnarsi non poco per non perdere il filo del discorso durante i numerosi salti temporali ai quali il regista ricorre (forse per "vivacizzare" un po' la trama), ma alla fine il film risulta interessante e ben realizzato, pur con qualche eccesso nella trama.
Impossibile stabilire quanto e cosa ci sia di concreto nella teoria sulla vera identità di Shakespeare. Ciò nonostante, Emmerich svolge un buon lavoro, ben fatto sia sul piano visivo che narrativo, intrecciando l’arcano del Bardo con il complesso contesto storico del periodo. Necessita di profonda attenzione a causa dei continui spostamenti temporali, dei tanti nomi e delle dinamiche tra loro. Eppure il coinvolgimento non manca e costringe a seguirlo ogni istante, pur di non perdersi nessun particolare. Meritevoli anche solo per la celebrazione, seppur indiretta, di opere immortali.
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