Buiomega71 • 7/12/12 10:30
Consigliere - 26006 interventi Non c'è nulla da fare, amo troppo il divino Lars, ogni sua opera e un esperienza che và vissuta fino in fondo: viscerale e ipnotica, assoluta e pessimistica (ma non sempre)
Ordunque,
Melancholia non ha la stessa forza dirompente e travolgente di un
Le onde del destino o di un
Antichrist (che per me sono vette irraggiungibili), anche se i primi minuti sono visivamente e irresistibilmente STRAORDINARI. Tableaux vivants di rara forza espressiva, ipnotici e onirici, celestiali e furenti (il ralenty, il cavallo che si accascia al suolo, la Gainsbourg che si impantana nel campo da golf con in braccio il bambino, il volto "zombesco" della Dunst-che apre il film- mentre alle sue spalle c'è una terribile moria ornitologica, l'energia tra le dita, il bimbo che intaglia un bastone e su tutto Melancholia che si avvicina alla terra, di più, sempre di più)
Basterebbero questi pochi minuti a far schizzare il film nell'empireo dei cult movie, e (ri)confermando Lars come uno dei più grandi registi viventi (mi chiedo se il divin danese avesse girato il film tutto in quel modo, che libidine ne sarebbe venuta fuori)
Opera che divide (come Lars del resto), come solo i grandi autori sanno fare (chessò penso a Lynch o a Greenaway), forse imperfetta (non e il capolavoro di Von Trier) ma ipnotica e sinuosa, affascinante e dirompente.
A volte Lars sembra che giri a vuoto (penso ad alcune narrazioni durante il pachidermico banchetto nuziale, l'andare a cavallo delle due sorelle, il bighellonare allucinato della Gainsbourg nella seconda parte) e cede un tantino al torpore (inutile nasconderlo)
Ma, se da un lato, 130 minuti che girano intorno ad un pianeta distruttore sembrano esagerati, dall'altra Lars regala momenti unici, visivamente straordinari e impregnati nel sua inconfondibile poetica (inizio a parte, Udo Kier che si rifiuta di guardare in viso la Dunst dopo che le ha mandato a puttane il matrimonio da lui organizzato, la Dunst che fà pipì sul campo da golf guardando verso Melancholia, la gratuita scena di sesso all'aperto, il corpo marmoreo della Dunst abbagliato dalla luce bluastra di Melancholia, dove sembra una scena d'amore tra lei e il pianeta menagramo, sposalizio perfetto tra fiaba, natura e arte pittorica, il devastante finale che spazza via lo schermo-che come potenza visionaria fà comunella con quello delle
Onde del destino e di
Antichrist-, le improvvise nevicate fuori stagione).
Lo trovato molto vicino a
Antichrist (la minaccia che incombe, la stessa palpabile angoscia, i boschi quasi fatati, gli insetti che sbucano dalla terra, il radicale pessimismo, lo stretto contatto con la natura), e il "caos regna" anche qui, visto che secondo Lars l'umanità non merita altro che essere annientata e spazzata via, senza alcuna possibilità di fuga (come dirà la stessa Dunst a sua sorella).
Come se
Meteor fosse stato rivisitato da Peter Greenaway, in una danza planetaria di morte e punizione senza alcuna speranza.
Come sono straordinari i momenti di crisi depressive della Dunst (di un realismo impressionante), o quando la Gainsbourg le vuole fare il bagno e il polpettone sa di "cenere".
Autore unico, straordinario , che ti piglia i visceri (che piaccia o meno) e regala solchi profondi che rimangono indellebili, anche in un film imperfetto come
Melancholia
Non metto manco a paragone con i "disaster movie" di quel trombone di Emmerich, qui siamo su un altro pianeta, appunto. Forse l'apocalisse più angosciosa vista su grande schermo, con quel pianeta che si fà grande ogni momento che passa, regalando momenti assoluti e panici che restano impressi nella memoria, fino al devastante finale.
Insomma, il divino Lars anche questa volta mi ha conquistato, forse anche un pò annoiato, ma alla fine esclamo sempre: "Questo uomo è un GENIO!".
Dopo le streghe, le puttane santificate, il musical, l'america amara e violenta, gli ospedali dell'orrore e i perfetti idioti scoperecci e ora la volta dell'apocalisse, dove sarebbe opportuno nascondersi tutti nel "cesso".
Immenso Lars!
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