Christmas evil - Un Natale macchiato di sangue - Film (1980)

Iniziatore e miglior esempio del filone horror natalizio. Il film offre una trama ben articolata, dallo spunto banale ma dallo svolgimento inusuale. La psicologia dei protagonisti viene ben delineata, rispetto ad altri prodotti analoghi; eccellente Maggart (che nella vita è il padre di Fiona Apple!) nel ruolo del pazzo omicida dalle molte sfaccettature, a suo modo triste e sognatore. Il film non esagera sul gore ma ha un'ottima atmosfera; offre anche qualche spunto di riflessione. Geniale il twist finale, che lascia spazio all'immaginazione.

In fondo alle piaghe del classico slasher il film di Jackson spalanca i cancelli del politicamente scorretto, delineando nel suo protagonista uno dei più riusciti outsider del cinema horror ottantiano. Bravissimo Brandon Maggart, che un po' come il killer di Lustig si trascina tra i fantasmi del passato circondato dai suoi martellanti feticci. Ruvide ma assolutamente efficaci le scene gore e splendida la fotografia curata da Ricardo Aronovich. Da (ri)scoprire.

Dal più classico dei traumi infantili si origina il disagio di una mente disturbata. Sullo sfondo il Natale viene trasformato in qualcosa di opposto rispetto alla normnale occasione gioiosa. I fari si concentrano sul travaglio psicologico del protagonista, riuscendo a trasmettere sensazioni di malessere crescente e leggermente angoscianti. Non manca qualche buon colpo di violenza improvvisa che accende la miccia fino a quel momento sopita. Nonostante gli anni, si lascia guardare con moderata soddisfazione.

Vero pilastro di tutto il filone dei Babbi Natale assassini, più ancora di Natale di sangue. Ancor più della parte splatter, colpisce il quadro della disperata solitudine di Harry (un eccellente Maggart), voyeurista, vagamente pedofilo (il diario "Good Boys and Girls"), sessuofobo, feticista dei giocattoli natalizi (vedi Maniac) che alla fine sbarella del tutto e si identifica con Santa Claus, premiando i bambini buoni e massacrando gli adulti cattivi. Atmosfera semifiabesca, musiche perfette, toccante e poetico il finale.

Non è la prima volta (Racconti della tomba) né l'ultima (Natale di sangue) che la figura di Santa Claus viene demonizzata, ma questo slasher psicologico, ben diretto da Jackson, si fa notare. Da una parte è un tetro ritratto della follia del protagonista (un Brandon Maggart il cui sguardo malinconico rimane impresso), dall'altra non rinuncia a tocchi di umorismo grottesco (gli omicidi con giochi e decorazioni), nonché a punte di bizzarria a un passo dal surreale. Dramma cupo e fiaba nera al contempo, imperfetto ma da vedere. Ottimo il finale.

Più Maniac esangue che antesignano di Natale di sangue, un cupo e morboso ritratto di mente instabile, ben interpretato e confezionato, non privo di spunti gustosamente perversi (il rapporto tra il protagonista e i bambini) e di finezze nel tratteggio del personaggio principale, ma con troppi giri a vuoto che abbassano il livello di interesse. Ruvido e malinconico ma fiacco in ritmo e bodycount, tanto che stupisce l'interesse suscitato nella Troma, che ne curò la riedizione. L'impennata (in tutti i sensi) finale è un inaspettato colpo di genio.

Molto vicino alle linee di Natale di sangue, lo anticipa di circa quattro anni. La causa scatenante del raptus nasce sempre dallo shock di un bambino verso Babbo Natale, ma qui il tema è sessuale e non cruento; una volta adulto poi si identifica in Santa Claus. Come molti slasher o proto-slasher 70-80 il canovaccio è pervaso da temi chiaramente puritani, in cui l'omicida punisce chi è moralmente deprecabile o impuro. Non così interessante come la successiva pellicola di cui sopra e con pochi spunti brillanti, ha però il merito di essere stato se non il primo, quasi.

Passa come un proto slasher ottantiano, ma il ruolo gli compete solo in parte, configurandosi piuttosto come uno psycho thriller interessato a dettagliare innanzitutto il conflitto psicologico del protagonista - uno sgradevole ma efficacissimo Maggart - affetto da una fobia sessuale che lo congela nell'età infantile, con conseguenti spettri pedofili: il Natale diventa un habitat mentale, una riserva edenica escapista, come rivela il finale, vero colpo d'ala che risolve e libera un'opera altrimenti confinata in un ritmo poco coeso e in una messa in scena assai rozza. Da conoscere.

Un discreto e purtroppo poco noto horror a tema natalizio (in parte debitore del capolavoro di Bob Clark) in cui manca ogni umorismo e caratterizzato dalla permanente oscurità nelle sequenze madri (il film si svolge per buona parte di notte). Bisogna tuttavia certamente dargli il merito di aver dato il via alla scia di slasher con protagonista un babbo natale assassino, ben prima del mediocre e decisamente meno riuscito Natale di sangue. Non un capolavoro, ma certamente da vedere e da apprezzare.

Insolitamente snobbato nel nostro paese, il film è una sintesi di Maniac, che tanti aveva influenzato in quegli anni, e il filone horror a sfondo natalizio inaugurato nel decennio precedente da Bob Clark. La prima parte è preparatoria, analizza accuratamente la figura di Harry/Maggart, colto nelle sue nevrosi ereditate dall'infanzia, mentre nell'ultima mezz'ora si fa più sul serio col deflagrare della follia del protagonista. Peccato per diversi momenti di vuoto che spezzano il ritmo, altrimenti sarebbe stato un gioiellino.

Meriterebbe di scippare allo scombiccherato Silent night di Sellier Jr sia la fama che il brevetto: il disagio serpeggia tra devianze bisbigliate (morbosamente terrifico il libro dei bimbi buoni e quelli cattivi), esplode nel sangue fuori dalla chiesa, precipita nella folle fuga di un sogno frantumato e disperato. Una cartolina, nell’economia orgogliosa di mezzi, nobilitata dallo strepitoso Saint Nick di Brandon Maggart, pauroso e compassionevole, dolente e fiabesco. Ci lascia con un finale magico e inaspettato: è proprio vero, con Babbo Natale tutto è possibile.