Note: Soggetto liberamente ispirato al romanzo "La donna e il burattino" (La Femme et le pantin) dello scritore francese Pierre Louÿs, pubblicato nel 1898.
L'anziano e ricco Mathieu si innamora perdutamente della giovane e bella Conchita, la quale lo tiene sulla corda - facendosi mantenere - senza mai dargli l'oscuro oggetto del desiderio... Ultimo sberleffo di Buñuel: abbiamo visto tanti film in cui la stessa attrice interpretava due ruoli, qui due attrici interpretano lo stesso personaggio (e il passaggio dall'una all'altra è arbitrario)! Così lo spettatore è già nei pazzi; al resto ci pensa zio Luis disseminando il film di psicanalisi, gag, divagazioni. Grande uscita di scena di un genio.
Ottimo film di Bunuel. La pellicola è ricordata soprattutto per l'idea (geniale) di far interpretare a due attrici (Carole Bouquet e Angela Molina) lo stesso ruolo. Non mancano comunque alcuni grandi pregi, come l'ottima interpretazione di tutto il resto del cast, la regia piena di idee e la sceneggiatura, ironica e ossessiva. Da non perdere.
Non è surreale come Il fascino discreto della borghesia ma ne mantiene i contenuti ironici e il brioso stile di ripresa. Propone tante chiavi di lettura del confronto tra età, sessi, classi sociali. E l'alternanza tra l'uomo burattino o violento e la donna ora vergine ora mignotta. Ma sia lui che lei sembrano aver bisogno dell'altro per dare senso alla propria esistenza. La sceneggiatura è notevole e impreziosita dalla doppia interprete femminile: come a dire paghi uno e prendi due (gnocche).
MEMORABILE: Quando si realizza che Conchita è interpretata da due attrici.
Un uomo desidera ossessivamente una giovane che lo tiene sulle spine senza mai concedersi. Buñuel trasforma la storia melodrammatica di Louÿs in un meccanismo enigmatico a incastri imperscrutabili, a cominciare dal fatto che due diverse attrici interpretino a turno la stessa ragazza. L'instabilità sociale causata dal terrorismo è specchio dell'instabilità emotiva della donna e dell'incertezza globale in cui si dipana la vicenda. Film traboccante di tranelli e simbologie per una visione che deve spingersi oltre le apparenze.
L'occhio del maturo dongiovanni è talmente fisso sul suo oscuro oggetto del desiderio, ben serrato fra le gambe, da non accorgersi dei due volti interscambiabili dell'amato bene, l'algida Bouquet e la sensuale Molina, entrambe vergini e puttane a corrente alternata. Lei gli si offre e poi al dunque si nega, perché sa che per averlo in suo potere deve stimolare il desiderio, che col possesso fatalmente si acquieterebbe. Entrambi prigionieri dei loro ruoli, in una guerra dei sessi di genialità beffarda, indimenticabile addio di un grande maestro.
Io adoro questo genere di film. Per me un capolavoro assoluto: sono quei film che se visti da ragazzi restano impressi per sempre e se visti da adulti ti fanno domandare perché non l'hai visto prima, costretto a guardare un sacco di vaccate. Film elegante, con un Fernardo Rey superbo, divertente, surreale a tratti come il cameriere che dice "finalmente ho catturato la mosca erano settimane che la cercavo... (come se ce ne fosse solo una)" o il topo bloccato nella tagliola in salone.
Una fantastica uscita di scena del maestro Luis Bunuel. Ci delizia con questo film enigmatico, a tratti comico e a tratti psicanalistico. La storia principale, già da sola impegnativa (numerosi inseguimenti e viaggi), è narrata quasi tutta in flashback in un vagone del treno da un anziano Fernando Rey agli altri compagni di viaggio. La bifacciale conquista (in tutti i sensi) gli si avvicina e allo stesso tempo si allontana da lui, il tutto accompagnato da una situazione politica tumultuosa.
Bunuel analizza dal suo punto di vista questo traumatico rapporto amoroso, spaziando tra divertimento e ferocia, tra surrealismo e genialità (grande idea quella di far interpretare Conchita a due attrici diverse). Il tutto avviene su uno sfondo inquieto e minaccioso, fatto di attentati di crescente violenza, in Spagna e anche in Francia. Molto buona l'interpretazione di Fernando Rey, che impersonifica ottimamente questo classico personaggio borghese, molto orgoglioso. Da vedere.
Criptogramma brioso come un'operetta, estremo come un melò, ambiguo come un sogno. Conchita è un oggetto di desiderio oscuro perché incomprensibile nell'identità (è due donne diverse), sfuggente al giudizio morale (vergine, prostituta?), indefinibile nel suo ruolo sociale (amante, moglie, serva, donna libera?). Brucia l'amour fou di Mathieu, brucia l'Europa, devastata da improbabili attentati (altra de-stabilizzazione dell'ordine, come la follia, come l'amore), brucia Bunuel, nel suo ultimo film, le sue ultime, copiose scorte di genio e di rabbia.
MEMORABILE: Il cameriere: "Ho un amico a cui le donne piacciono: eppure, anche lui sostiene che sono sacchi d'escrementi".
Rey è il fantoccio, l’uomo ingenuo e cedevole manovrato da un oggetto del desiderio oscuro e inafferrabile perché nello stesso tempo bino ed uno, angelo e demonio (ora è l’algida, fine e distinta Bouquet; ora, la maliarda, caliente ed aggressiva Molina). Buñuel sintetizza i quasi sessant’anni della sua poetica - le sarcastiche provocazioni e l’entropia surrealiste, la misoginia, l’irrisione della classe borghese, l’amore, il sesso – in un linguaggio più uniforme ed intelligibile rispetto agli ermetismi del passato e, quindi, di maggiore fruibilità: l’ideale per il suo testamento artistico.
MEMORABILE: La mosca nel bicchiere; la zingara che culla il maialino; le donne come «sacchi di escrementi»; «La chitarra è mia e la suono per chi mi pare».
Il sacco di Mathieu, la sua mente, contiene la donna che lui vorrebbe, l'angelo del focolare pronta a mettere da parte il ricamo per indossare la camicia da notte. Non la trova certamente nelle due Conchite (ma dovrebbero essere molte di più per rappresentare la complessità della sfera femminile) anche se, alla fine, è proprio Conchita la più onesta e sincera. Il film non finisce qui, sono troppi i concetti che un grande Buñuel ha voluto inserire in questo lavoro dove nulla è lasciato al caso. Ogni scena ogni particolare ha un suo perché.
Prima di lasciarci, Bunuel ci regala l'ultima delle tante sue perle cinematografiche. Lo fa a modo e da par suo, non rinunciando a temi [il desiderio, (spesso represso), la borghesia, l'anticlericalismo, le donne)] e stilemi (i simboli) tipici del suo cinema e lo fa con una raffinatezza che rende il film piacevolissimo ad ogni visione. Bellissimi sono poi i dialoghi e certe situazioni, così come le atmosfere che si respirano (tipicamente bunueliane). Notevole e criptica la scelta di far interpretare il personaggio femminile a due attrici diverse: l'algida e ritrosa Bouquet; la carnale Molina.
Visione adatta agli uomini che hanno incontrato una donna di cui non han capito nulla e sono rimasti invischiati in un sentimento che li ha portati a compiere di tutto e il suo contrario. Il doppio ruolo femminile è azzeccato e i dialoghi sono ubriacanti per il continuo tiramolla. Poi Buñuel ci infila la solita critica sociale, qualche insetto da schiacciare e i rivoluzionari del Bambin Gesù; ma stavolta è solo la cornice, il protagonista è l’amour fou.
Il testamento artistico di Buñuel è una brillante opera in cui non manca lo spirito sarcastico che ha contraddistinto la sua poetica di autore. Geniale far interpretare Conchita a due attrici, a voler rimarcare quanto il signorotto sia interessato soltanto "all’oscuro oggetto del desiderio" al punto da non accorgersi del cambiamento fisico della donna: una espressione figurata semplicemente splendida. Nemmeno la donna, però, esce linda e scevra da sbeffeggi e irrisione in quanto la critica è feroce per ambo le parti. Un commiato in grande.
MEMORABILE: "La rovina delle ragazze sono i consigli delle donne. Ne conosco certe che hanno il rosario fra le mani e il demonio sotto le sottane!"
Quell'oscuro oggetto del desiderio è una sorta di testamento artistico del grande Buñuel. In esso troviamo tutta l'essenza surrealista di un cinema che non smette mai di interrogarsi sulla vita. L'attesa del piacere diventa un godimento masochista che prende le distanze dal sentimento dell'amor puro. La donna dai due volti incarna l'innocenza e allo stesso tempo la colpevolezza di chi si mette al servizio dei propri ideali e del proprio godimento. Tutto intorno attentati rivendicati da gruppi assurdi rendono il film un oggetto indecifrabile.
L'ultimo film del grande maestro è ancora una variazione sui temi della passione (senile) e del desiderio che sfociano in ossessione. Il gioco solo parzialmente consapevole di Conchita è reso alla perfezione dalla doppia interpretazione Bouquet/Molina, tanto che non genera domande o ambiguità ma si inserisce nello svolgimento della trama con grazia ed equilibrio. Il parallelismo tra le azioni terroristiche e il ménage amoroso è calzante anche se vagamente didascalico (oggi). Rigoroso, forse un po' freddo, ma magistrale.
Buñuel, come Kubrick, chiude la carriera parlando di sesso. Il regista spagnolo però affronta le dinamiche di una coppia assai poco canonica, un Rey sessantenne innamorato follemente (come Tognazzi) di una bambolona diciottenne che s'approfitta di lui. L'idea geniale del film è senz'altro quella di utilizzare due attrici per lo stesso ruolo: una Bouquet più algida e la Molina più trasgressiva, soluzione lynchiana che all'inizio disorienta. Intorno alla vicenda la cornice è - letteralmente - esplosiva, essendo il 1977. Chiusura di carriera degna di un grande cineasta.
MEMORABILE: Il topo nella trappola, la mosca morta nel bicchiere, l'auto che esplode: tutto vicino al protagonista pare morire.
Buñuel si districa tra realtà e immaginazione, amore e violenza, politica e lotta, in questo film come suo solito che lascia sempre con un senso di sospensione e con la consapevolezza di aver visto qualcosa di unico. Rey interpreta ottimamente un personaggio buono ed eccessivamente accondiscente, forse ingenuo, che cade tra le braccia di una suadente Molina (o Bouquet), senza dubbio il carattere più ambiguo di tutto il film. In mezzo c'è tanta politica, neanche troppo sullo sfondo e il fermento di una lotta sociale che si sta scatenando in tutta Europa in quel periodo. Notevole.
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Disponibile in edizione Blu-Ray Disc per Eagle Pictures:
DATI TECNICI
* Formato video 1,66:1 Anamorfico 1080p
* Formato audio 2.0 DTS HD: Italiano
2.0 Surround Dolby Digital: Italiano Francese
* Sottotitoli Italiano NU
* Extra Booklet
Nel film durante le prime scene girate sul treno, viene citato Nietzsche (Cosí parlò Zarathustra): “Vai dalle donne? Non dimenticare la frusta!”; nel doppiaggio italiano però al posto di frusta viene detto "bastone".
CuriositàDaniela • 11/05/20 20:00 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Soggetto liberamente ispirato al romanzo "La donna e il burattino" (La Femme et le pantin) dello scritore francese Pierre Louÿs, pubblicato nel 1898.
Allo stesso romanzo si sono ispirati vari altri film, tra cui:
Capriccio spagnolo (1933) diretto da Josef von Sternberg con Marlene Dietrich;
Femmina (1959), diretto da Julien Duvivier con Brigitte Bardot.