Un vecchio proverbio cinese dice che ciò che sostiene il piedistallo d'argilla del mondo è il respiro puro dei tuoi figli. Sarà, ma a giudicare dal film di Monicelli (ancora lontano dal cinismo che lo contraddistinguerà) questi nostri pargoletti danno quanto meno preoccupazioni e molte magagne da sbrogliare. La pellicola si sviluppa in quattro spassosi episodi intrecciati che talvolta si intersecano, dando slancio a un’opera evidentemente pensata per un onesto disimpegno corroborato dalla grandiosità del cast (De Sica in primis).
Splendido, con un cast tutto di rispetto. Ben girato e ben interpretato. Zeppo di personaggi con tante piccole storie parallele che raccontano i rapporti tra padri e figli. La sceneggiatura è scritta bene perché ogni attore sembra un personaggio con la propria storia e non soltanto comparsa per fare da contorno ai protagonisti. Se vi piace il mondo di Mario Monicelli non perdete questo film, merita di essere visto. Marcello Mastroianni e Vittorio De Sica sono da Oscar.
Commediola che racconta del mondo dei padri (più che dei figli) e delle loro preoccupazioni. Sicuramente è un film minore sia per il regista che per gli attori, però le storie sono leggere e ben intrecciate e il cast è talmente ottimo da indurre a vederlo. De Sica è sicuramente il migliore, Mastroianni fa meno di quanto mi aspettassi ma fa sempre la sua figura, Carotenuto si conferma un perfetto comprimario. Nulla di particolarmente originale e imperdebile, ma può andare per una serata piacevole e allegra.
Commediola scialbamente ottimista, priva del velo di malinconia e del pizzico di cattiveria del Monicelli migliore (ma anche di quello... così così!). Mastroianni e De Sica sprecatissimi in questa celebrazione delle gioie e delle angosce dell'essere padre, e dell'essere figli (bambini, adolescenti, o... cresciutelli). Le storie si intrecciano senza neppure un guizzo di imprevedibilità, e grava su tutto una morale consolatoria e conservatrice: il destino di ogni figlio è quello di diventare uguale al padre. Spicciolo.
MEMORABILE: De Sica si accorge che la figlia è diventata grande misurandole il giropetto: da 85 a 93!; "E' che i figli nascono figli, ma noi non nasciamo padri!"
Bonaria commedia sui rapporti tra padri e figli e contemporaneamente un godibile spaccato di vita con un cast decisamente buono nel quale spiccano in particolare un ineffabile e coinvolgente Vittorio De Sica e una bravissima Marisa Merlini. Annoiano a volte alcuni momenti un po' troppo zuccherosi, perdonati però dalla regia di Mario Monicelli.
Commedia sulla bellezza e difficoltà dell'essere padre. De Sica e Mastroianni rappresentano in pieno la paura del cambiamento (nel primo caso il passaggio adolenziale della figlia e nel secondo la crescita di un figlio in prestito) che un papà deve affrontare. Comica quanto basta e a tratti anche commovente.
Discreto film di Monicelli; non uno dei suoi migliori ma comunque abbastanza dignitoso. Un film che parla in modo bonario e ottimista del rapporto tra padri e figli con storie parallele, non sempre coinvolgenti, quasi sempre mielose ma comunque significative e spesso divertenti. Un merito particolare comunque va all'ottimo cast, a partire da un magistrale Vittorio De Sica, anche se Mastroianni non gli è affatto da meno, così come ottima è la prova di Marisa Merlini. Monicelli dirige con brio. Gradevole.
L'accumulo di personaggi e situazioni può apparire in un primo momento caotico, ma certi arguti tocchi all'interno della sceneggiatura riescono a "scaldare" il materiale e a infondere calore umano a ogni singola storia, oscillando tra ironia (i duetti De Sica/Marchi) e tenerezza (il rapporto tra Mastroianni e il bambino). Toccante senza piagnistei, divertente senza risultare sguaiato, recitato con classe: forse l'opera più sottovalutata del regista.
Una boccata d'aria fresca, un elogio del valore della famiglia come il luogo naturale della faticosa educazione dei figli alla vita. Film in equilibro tra l'ottimismo di una comicità affettuosa e il codice ricercato di una meditazione toccante. La disciplina dell’orchestrazione del via vai degli attori e la precisione della concatenazione dei cinque episodi sono assicurate dell’infermeria interpretata da Marisa Merlini che si confronta a turno con tutti i personaggi principali del film. Spigliatezza narrativa, ritmo sostenuto, regia fervida.
MEMORABILE: Ruggero Marchi, con la sua recitazione concitata, brusca e tutta scatti, dà accenti di verità al personaggio del padre medico deluso dai suoi figli.
Gran bel film di Monicelli che dipinge un'Italia che fra mille contraddizioni diventava grande. Lo scontro generazionale nasconde un processo sociale profondo, tipizzato dalle famiglie molto diverse che nel film si incontrano (e a volte si scontrano). Grande cast dove vincono un intenso Mastroianni, la Merlini in stato di grazia e Carotenuto molto in ruolo. Dialoghi non banali con punte amare, anche se si sorride parecchio. Monicelli conferma il candore che gli permetteva di dirigere i bambini come pochi altri. Merita una visione attenta.
MEMORABILE: "Ma tu l'hai visto La rosa tatuata?"; La lezione della Merlini a De Sica; Carotenuto tutto; Il rapporto fra Mastroianni e il nipotino.
Il tema della paternità (effettiva, desiderata o imminente) svolto da Monicelli in maniera garbata e scorrevole attraverso storie diverse tenute insieme dalla procace (e prolifica) infermiera Marisa Merlini. De Sica e l'ottimo Ruggero Marchi, genitori alle prese con le scappatelle dei figli adolescenti innamorati l'uno dell'altra, sembrano avere una parte preponderante nel film, ma le altre storie con Carotenuto, Interlenghi e Mastroianni (in perfetta sintonia con il piccolo Franco Di Trocchio, che ritroveremo nel Vigile di Luigi Zampa) non sono certo meno rilevanti.
MEMORABILE: Raffaele Pisu nel ruolo del figlio scavezzacollo di Ruggero Marchi e lo sfogo di quest'ultimo al commissariato di polizia.
I figli del dopoguerra crebbero come alieni: i genitori avevano assaggiato altri rigori e lo stridore generazionale provoca ilarità ma pure un monte di problemi. Il cinema di Monicelli, insomma. I migliori, attorialmente, sono di gran lunga i papà: il leonino Carotenuto, Interlenghi, De Sica sarto (apice d'ironia e eleganza) e soprattutto il fumantino Ruggero Marchi. C'è anche un delicato Mastroianni, marito senza figli. Corale ma non dispersivo, grazie agli incastri di montaggio di Serandrei e Colangeli. Vinse l'Orso d'argento a Berlino.
MEMORABILE: Il dottor Borghi: "Il fatto è che noi vogliamo insegnare i figli a fare i figli, ma a noi, a fare i padri, chi ce l'ha insegnato?"
Molte le cose che colpiscono. La saldezza narrativa, nonostante i molti nuclei familiari le cui vicende si intrecciano; un cast di rara perfezione, con vertice assoluto nei duetti fra De Sica e Marchi; la verosimiglianza delle vicende, ora tristi, ora felici, che discendono dell'essere genitori; le trovate umoristiche, con particolare riguardo ai tocchi di "uomo di mondo" dell'immenso De Sica. Ne esce un film fresco, brillante, talora commovente, con tocchi che spesso colpiscono in modo particolare chi genitore lo è diventato per davvero. Monicelli dirige con indiscusso mestiere.
MEMORABILE: De Sica al biliardo. De Sica che, leggendo il giornale, sottolinea che viviamo in un mondo di brutte notizie: poi si scopre che legge "Il cavallo".
Il soggetto dei padri che cercano di educare i figli è visto in una chiave severa all'inizio che vira poi nel comprensivo. Le storielle che coinvolgono i bambini fanno capire l'impegno che i padri danno e toccano le corde più emotive (la malattia, l'orfanotrofio). Più si sale d'età più aumentano i problemi: De Sica interpreta con classe il maturo che fu scavezzacollo e fa immedesimare nel personaggio. Monicelli dirige con buona fluidità senza cadere nella commedia di costume e dando sfumature diverse alle sottotrame.
MEMORABILE: I bambini chiusi nella gabbia allo zoo; Il dente di un altro bambino; La partita a boccette coi ragazzi più giovani; La scelta del neonato.
Parte integrante di quel percorso di commedia sociale, mosso dalla volontà sincera di indagare piccoli e grandi movimenti nella antropologia del Belpaese (qui declinati nel confronto generazionale), lungo cui si mosse precipuamente il cinema di Monicelli negli anni '50 soprattutto. Tecnicamente ragguardevole il montaggio che, a dispetto della "episodicità", mantiene potente compattezza narrativa e fluidità di racconto nell'alternarsi ritmato dei toni. Nella splendida galleria di personaggi e attori, encomio particolare per Marchi, padre addolorato dal mistero insondabile dei figli.
MEMORABILE: Lo schiaffo di Marchi al figlio finito in commissariato; L'incommensurabile De Sica attore.
Notevole film nel quale Mario Monicelli manifesta il suo evidente desiderio di passare dalla commedia "per far rudere" a una commedia che tratta anche argomenti più seri. Domina la scena De Sica padre pieno di contraddizioni, ma anche Raffaele Pisu figlio scapestrato sa dire la sua con efficacia. E quando Mastroianni si reca all'orfanotrofio, il mix tra divertimento e riflessione raggiunge il massimo.
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