Quello che, a prima sensazione, sembrava un terribile sospetto, con
New Rose Hotel diventa amara realtà, il buon Abel non ha più nulla da dire e il suo cinema (dopo lo straordinario exploit di
Fratelli) gira su sè stesso con teatraleggiante spocchia masturbatoria autoriale che sembra diverta solo a lui, in un coacervo indigesto di parole e dialoghi, dove la trama non esiste e tutto sembra improvvisato.
Questo suo drastico cambio di rotta (una svolta quasi radicale, che giudico deleterea, che per molti è dovuta all'abbandono del suo guru ispiratore in fase di sceneggiatura, Nicholas St. John) già si percepiva in
Occhi di serpente, anche se il suo personale "effetto notte" qualche barlume del Ferrara che fu riusciva a regalarlo. Poi venne
Fratelli e tornò il Ferrara sanguigno e viscerale che tanto ho amato in gioventù. Nella terra di mezzo del regista della redenzione, però, c'è quella insulsa e insopportabile allegoria vampirica che è
The Addiction, eppoi venne l'inutilità messa su pellicola che è
Il nostro Natale, che narra del niente sullo sfondo del nulla, dove Ferrara pare stia girando il filmino casalingo delle vacanze natalizie.
New Rose Hotel è, nè più ne meno, inutile e brutto come
The Addiction e
Il nostro Natale, con la differenza, seppur minima, che almeno , in questi due, qualche flebile eco ferrariano faceva capolino quà e là, mentre in questa sottospecie di
Alphaville ferrariana (o di
Nirvana poveristico) c'è solamente il nulla cosmico, il niente assoluto, dove si salva unicamente, e paradossalmente, la sensualità di Asia (e il suo turpiloquio).
Il resto è un indigesta pantomima futuristica intinta in un atmosfera da stantio pseudonoir, fitta di dialoghi insulsi, che gira attorno ad un terzetto attoriale dove Walken zoppicante gigioneggia a tal punto da uscirne ridicolo e patetico, Dafoe si strugge d'amor perduto facendo le facce e Asietta mostra le tette, fa la porcellina in numeri lesbo da night club di quart'ordine e si fa zoomare sul tatuaggio sotto l'ombelico.
Multinazionali, orrende riprese in video da mal di testa e fastidiosamente antiestetiche, dove non si capisce un tubo, una fotografia satura da dare sui nervi, camere d'albergo, virus mortali, pagliacciate attoriali (la festa di compleanno di Dafoe con le prostitute giapponesi, dove Walken dà il peggio di sè), una Tokyo farlocca che in realtà è New York (ma questo è il male minore), una flebile e sottotrama spionaggistica appiccicata con lo sputo di cui frega niente a nessuno, 90 minuti che sembrano tre ore, flashback finali dove si vuol cambiare la prospettiva del racconto ma aggiungono solo noia su noia, confusione su confusione e inutilità su inutilità, in un finto e rancido maledettismo da discount che irrita e infastidisce, e lascia totalmente indifferenti, non vedendo l'ora che questa agonia su pellicola giunga ai tanto agognati titoli di coda.
Sfido chiunque a sostenere che
Fratelli (di appena due anni prima) sia stato diretto dallo stesso regista di questa roba inguardabile quì, e più andavo avanti con l'insostenibile visione più mi domandavo che fine miserabile avesse fatto l'autore di
King of New York, e che il mio timore di un suo drastico cambio di pelle (vedi
The Addiction e
Il nostro Natale, per non parlare di
Mary) si è fatto tangibile e reale, quello di
New Rose Hotel è il nuovo Ferrara? Pare proprio di sì, in un autore che non riconosco più e che da mio "cattivo maestro" è diventato uno dei registi più indisponenti, spocchiosi e insopportabili sulla piazza.
Ha ragione il
Mereghetti quando scrive che Abel, così facendo, si stà perdendo per strada i suoi vecchi fan, con il rischio che non lo seguano più (in questo caso , con me, il "nuovo" Ferrara ha chiuso definitivamente, perchè tre cocenti fregature una dietro l'altra sono anche troppe), di un autore che ha perso del tutto il suo fulgore narrativo e la sua febbrile carica provocatoria, in cambio di due o tre attori feticcio che improvvisano sullo schermo lo zero assoluto (in quanto a contenuti) dove Abel se la sghignazza alla faccia nostra, tutto felice di prendere in giro il povero spettatore che lo venerava con assoluta devozione, in quello che è, a tutti gli effetti, un tradimento imperdonabile. E allora è meglio recuperare i suoi esordi hard a questo punto.
SPOILERL'improvviso suicidio di Walken, poi, è talmente buttato lì da rivederlo per crederci.
FINE SPOILERA parte Asietta c'è poco o nulla da salvare (forse i titoli di testa in inglese, mischiati con il tedesco e con gli ideogrammi giapponesi), in questo terribile e miserissimo cyber movie fatto in casa Ferrara, tra karaoke, sesso soporifero da peggior
Colpo grosso, spionaggio industriale (niente meno), night club, istruzioni di seduzione, insipide storielle d'amore e conti in banca.
La pura quintessenza dell'anticinematografia, in un'ineccepibile vaccata tra le più sonore viste negli ultimi anni.
E con rammarico l'autore del
Cattivo tenente, ahimè, non abita davvero più quì.