Grana internazionale per il commissario Maigret, alle prese con dei sicari americani e con l'FBI... Ultimo Maigret di Gabin, che contamina (ma appena un poco) le tradizionali e dimesse atmosfere simenoniane con una spruzzata di hard-boiled, ma sempre aromatizzato al pernod. Ritmo non proprio travolgente, ma film godibile, e il vecchio Jean (doppiato da Cigoli) come sempre superbo. Bozzuffi stavolta è dalla parte della giustizia, Constantin invece fa il solito villain taurino.
Partendo dal presupposto che preferiamo il Maigret di Gabin a quello di qualsiasi altro attore, va detto che questo film ci è piaciuto leggermente meno degli altri. Sarà forse per la strana contaminazione con i gansters americani e con l'FBI, sarà perché ci mancano alcuni dei caratteri tipici delle inchieste del commissario francese, come le chiacchiere apparentemente oziose davanti a un bicchierino di calvados, le schermaglie con la moglie, i panini e la birra fresca consumati in questura. Comunque un buon film.
Discreto film con Maigret con l'ottimo Gabin. Non è totalmente "francese" e questo lo porta un pochino sotto il solito alto livello delle narrazioni di Simenon. Film comunque correttissimo e ben interpretato. Cast curioso: al di là di Bozzuffi e di Costantin, spiccano Armontel (il prete de La bestia), Dynam (sempre presente, sin dal primo, nei Fantomas con De Funès) nel ruolo di Lucas e l'italiano Sanipoli, che duetta impeccabilmente con un mostro sacro, nelle produzioni francesi, non certo per l'unica volta...
Maigret si trova invischiato in un caso di tentato omicidio e sequestro, di mezzo ci sono banditi americani in trasferta, ma non solo. Gabin sembra in posa per lo scultore del suo monumento e recita per inerzia. La storia è ingenua (siamo nel 1963, sembra il 1923) e piena di semplificazioni (testimoni che spifferano tutto alla prima occhiataccia, killer spietati che sbagliano mira da due passi). Non c'è un personaggio che rimanga impresso e il tutto ha l'aria di un'operazione fuori tempo massimo.
Gabin scorrazza incontrastato per l'ora e mezza come un monarca assoluto. Il suo Maigret è sempre più convincente, alternando i classici sintomi caratteriali della creatura di Simenon: a volte placido come un bue a volte incalzante, sbotta, fa il sornione, sbuffa, ordina secco o accondiscende con una pudicizia tutta provinciale. Peccato che il resto del film sia solo corretto, e, rispetto al romanzo, deprivato dello scavo psicologico dell'ispettore Lognon (Inspecteur Malgracieux).
Dopo essersi conquistato con i primi due film diretti da Delannoy la palma del miglior Maigret del grande schermo, Gabin torna per la terza ed ultima volta a vestire i panni del commissario: le investigazioni precedenti, incentrate su delitti maturati in torbidi climi familiari, cedono il posto ad un indagine su una vicenda ben poco interessante in cui sono implicati gangsters americani in trasferta, condotta con un ritmo fiacco che lascia spazio alla noia nonostante la breve durata. Anche Gabin sembra svogliato e si limita a "presenziare". Peccato perché il cast di contorno era discreto.
Jean Gabin per la terza e ultima volta nei panni di Maigret, ma rispetto alle due inchieste precedenti qui siamo più dalle parti del poliziesco vero e proprio, con il commissario che deve affrontare dei gangster americani giunti a Parigi per regolare i loro conti. Una vicenda non troppo nelle corde di Simenon e infatti il film, nonostante la brevità, risulta superficiale e un po' farraginoso, risollevandosi parzialmente grazie a un finale piuttosto brioso. Il protagonista, comunque, è sempre in gran spolvero e nemmeno i comprimari deludono.
Se si voleva fare un esame di recitazione a Jean Gabin obiettivo centrato, per il resto acqua da tutte le parti: Costantin nei suoi soliti panni si sarebbe diviso gran parte degli 82 minuti di pellicola, ma qui si sacrifica in poche e brevi apparizioni per nulla incisive. Brava la Fabian nel ruolo di colei che prova empatia per qualcuno. Sanipoli raramente lo si ritroverà in una parte così lunga. Che dire poi della costruzione del soggetto? A stento si comprende il fattore scatenante di tutta l'escalation. Bozzuffi giovane e marginale.
MEMORABILE: La comprensione di Maigret nei confronti del subalterno col volto tumefatto e i consigli per il prosieguo delle indagini.
Questa volta Maigret dovrà vedersela con una storia di gangster americani in trasferta a Parigi, dove la malavita al confronto pare fatta di furti nei pollai. Gabin ne fa un ritratto fra lo scocciato e il duro senza riserve, col risultato di irritare più che attirare simpatie. La storia è complessa, sebbene l'annodamento sia unico, con risvolti, sviluppi, in cui c'è posto al solito per una bella signora che qui ha le fattezze di Françoise Fabian. Hard boiled che ha sempre un certo fascino.
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