Il primo film diretto da Federico Fellini. Non è certo un capolavoro ma già rivela una certa maestria nella composizione delle inquadrature e nei movimenti di camera. In definitiva si tratta sicuramente di un film godibile e con degli argomenti trattati sicuramente interessanti. In Liliana possiamo vedere le centinaia di ragazzine odierne che, abbagliate dalle luci del varietà, sono disposte a tutto per il successo. Ed in Checco vediamo il classico dell'artista in discesa che perde la testa per la ragazza giovane.
Simpatico e nostalgico ritratto del mondo del varietà. Molto semplice e con qualche passaggio un po' tirato via (si veda la parte che anticipa il finale), ma dotato di alcuni spunti deliziosi, come il reclutaggio dei vagabondi o l'acido finale. Ottime prove recitative di Peppino De Filippo e Giulietta Masina, un po' meno soddisfacente quella di Carla Del Poggio.
Quando ho visto il trombettista nero spuntare dal nulla della notte mi son detto: Felliniano! Eppure sappiamo che questo è un esordio a metà, come co-regista con Lattuada, con cui i rapporti in seguito allo scarso succcesso del film peggiorarono. Ma il sottobosco di cabarettisti, circensi, fachiri e soubrette arriviste desiderose di mostrar le gambe in cambio del successo facile sono già il marchio del grande regista. Rivedremo Peppino de Filippo per Fellini in Boccaccio '70. Brava Giulietta Masina che si troverà spesso in ruoli simili.
Se tutti gli esordi fossero di questa caratura... Il Federico nazionale bypassa la gavetta con un prodotto che a posteriori potrebbe tranquillamente insinuarsi in un qualunque altro intermezzo della sua filmografia. Formalmente impeccabile, sciorina con disinvoltura ed indubbia genuinità alcuni dei temi cari all'autore: il microcosmo "circense" del varietà e l'inevitabile precarietà che lo caratterizza. Gustoso in quanto visibilmente "vissuto": Fellini fa dell'amarcord una vera e propria ragione di vita (non solo artistica). ***
C'è un'immagine piuttosto vera all'inizio, in cui si vedono gli spettatori, nella piccola sala del paese, che assistono, divertendosi, allo spettacolo di varietà. Dai bambini, che si muovono al ritmo delle musiche, ai vecchi, assopiti sulla poltrona, ci sono tutti, c'è tutto il paese. Poi si entra all'interno del mondo delle piccole compagnie e, tolti i lustrini e ricoperte le gambe grassocce delle "ballerine", emerge tutta la povertà di una vita di illusioni e di fame vera. Nonostante tutto le luci del varietà rimangono un richiamo irresistibile.
Il film apre uno spiraglio sul dietro le quinte di una trasandata compagnia di varietà dimostrandosi in alcune dinamiche sentimentali e umane sempre attuale. Si tratta senz’altro di un prodotto ben realizzato e diretto, ma era lecito aspettarselo visto il blasone e le capacità dei registi. Fellini è agli inizi eppure si intravede qualche timido segnale di quello che verrà. È più interessante da un punto di vista storiografico che di intrattenimento, utile per conoscere la realtà di un preciso periodo storico.
In una compagnia di guitti un'aspirante ballerina cerca di sfondare. Ritratto d'arte di provincia, la protagonista ha l'ambizione di avere un teatro per recitare e una minestra calda la sera. Regia ibrida dove si notano alcuni caratteri del Fellini che sarà (i treni in partenza, la vita notturna) con un'amarezza di fondo e un velo di bonaria malinconia. Bravo De Filippo con la sua tristezza chapliniana, mentre la Del Poggio (vorrebbe ma) non è la Mangano.
MEMORABILE: I balli ripresi dal basso; De Filippo e la Masina sul treno finale; La Valeri coreografa.
Notevole ricognizione nel mondo dell'avanspettacolo da apprezzare per la forza demitizzante (mai crudele, però) e certi caratteri minori (Caprioli, Valeri) abili a creare il profumo del retrobottega dell'arte popolare. Il tono medio del film è da ascrivere a Lattuada; nonostante la materia congeniale, il ghiribizzo o lo scarto felliniani mai intervengono, e questo rimane il limite del film. De Filippo forse non adatto a pieno per il ruolo, Del Poggio bellissima.
Primo film di Federico Fellini (ma c'è la co-regia di Lattuada), mostra il dietro le quinte del mondo dello spettacolo che, allora come oggi, si basava anche su favori e raccomandazioni. Un capocomico che crede nel proprio lavoro, spera di far fortuna lanciando una giovane soubrette, salvo poi capire che quel mondo che tanto ama non è poi così benevolo. Si ride, ci si appassiona, forse anche ci si commuove. Validi gli interpreti, con un qualcosa in più per la dolce Giulietta Masina. Da riscoprire.
MEMORABILE: I travestimenti di Giulietta Masina sul palco; La selvaggia e breve danza a piedi nudi della donna con i tamburelli durante le prove.
Una scalcagnata compagnia di varietà e l’infatuamento del comico maturo per l’aspirante soubrettina sono gli ingredienti di un film agrodolce, che mescola la malinconia per un mondo ancora vivo, lo sguardo disincantato e a tratti spietato, e un’intima partecipazione sentimentale. Il dietro le quinte del mondo dello spettacolo è affascinante e gli interpreti calzanti. Nell’opera fondamentalmente di Lattuada fanno breccia sporadiche illuminazioni di Fellini (il trombettista nero nella notte, la desolata camminata all’alba). Struggente.
Riuscito in parte, il film fotografa non solo il bislacco e malinconico mondo del varietà, con le sue meschinità e le sue stelle di cartone, quanto piuttosto i gusti di sempre, che premiano al solito un paio di belle cosce, ponendole al di sopra del bene e del male. Il racconto risuona spesso didascalico e convenzionale, privo di quella profonda risonanza intimista che avrebbe meritato. De Filippo fuori campo e la Del Poggio di una bellezza superata e semi-anonima.
Un maturo capocomico prende una sbandata per una ragazzetta ambiziosa di bell'aspetto e scarso talento tanto da lasciare la sua vecchia compagnia per allestirne una nuova di cui possa essere la stella... E' il mezzo punto dell'Otto e mezzo, anche se nella co-regia il peso di Lattuada fu maggiore rispetto a quello di Fellini, pur ravvisabile in alcune sequenze. Più che la trama, abbastanza scontata, conta il ritratto affettuoso e partecipe del mondo degli artisti delle piccole riviste di varietà itineranti, impegnati a mettere insieme il pranzo con la cena. Film poetico, cast valido.
MEMORABILE: Le reazioni del pubblico quando si strappa la gonna; La camminata all'alba; La corda nel dormitorio dei poveri.
Rivale di Vita da cani, ne è inferiore per una meno riuscita mistura di drammatico e di comico, per un brusco cambio di psicologia dopo l'arrivo a Roma (la Del Poggio da lì in poi rende meno, ma forse non è solo colpa sua), per una trama di base un po' troppo prevedibile. Film che si direbbe ben più di Lattuada (lo si vede nel finale mentre aiuta la Marchiò) che di Fellini. Restano le sàpide descrizioni del modo di arrangiarsi e dei problemi più o meno irrisolvibili. Il livello del buon cast è superiore al risultato del film. Si riconoscono, in due ballerinette, la Ralli e la Loren.
MEMORABILE: Lui, pensando di sfidarla: "Calcolo per calcolo, andiamo!". Lei, spiazzandolo: "Certo!",
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