Non che mi faccia impazzire particolarmente il (de)genere del torture porn, e ho sempre sostenuto che
Hostel abbia creato degli emuli mostruosi, dove a farla da padrone sono la quantità di macelleria , l'alto tasso di splatter e gore e una tramina scritta su un cleenex per mostrare frattaglie e supplizi a buon mercato, dove, poi, a farla da padrone rimane la noia e l'assuefazione.
Sulla
Petite mort avevo ben pochi presupposti e poca voglia di affrontarne la visione (il genere mi procura noia, e la violenza fine a sè stessa, senza un contesto ben preciso, mi risulta apatica), per di più di produzione tedesca (non sempre sinonimo di qualità), ma mi accorgo che sul sito mancava, e la breve durata era invitante.
Poi vedo il suo regista, che in foto pareva un incrocio tra Jovanotti e un bimbominkia, e mi sono detto "E' fatta, sarà un'immane porcheria da poco ambita monopalla".
Ma con tutti i suoi difetti, questo emulo hosteliano, alla fine, non è stato poi così terribile.
In primis ho apprezzato le caratterizzazioni di alcuni personaggi (la mostruosa "mamma" di Manoush, il repellente sadico con la faccia sfigurata che scrive bigliettini "poetici" qui si basano i suoi nascosti e perversi desideri sugli strazi carnali femminili-la bionda e la pelata-, per vederlo, poi, saltellare quà e là come un bimbetto maligno in una stanza zeppa di balocchi c'ha il suo effetto alquanto disturbante quasi più delle torture stesse, le crisi isteriche di Angelique la carnefice bionda dalla faccia da angioletto, a cui piacciono le "docce" a base di viscere maschili, la ragazza cieca, il confronto tra perbenismo-i ragazzi che si avventurano malauguratamente nel club sadomaso-e sfrenata libertà sessuale-Manoush e le sue accolite-) e Walz, che credevo il solito cazzaro con in mano la telecamerina digitale, si rivela un regista che ha un certo stile per le composizioni macabre (la festicciola di sangue in onore del disgustoso sadico "due facce", lo show del "gatto e del topo", con la ragazza cieca messa in una gogna e con la faccia pittata da topolina, Angelique con la maschera da gattina che prima la sfotte e poi le fa scattare una trappola per topi sulla lingua, il bagnetto alla ragazza cieca prima della mattanza sadiana) nonostante il basso budget quasi da filmetto amatoriale.
Il turpiloquio insistito di Manoush, le liti tra l'inconsapevole vittima e la prostituta del night, la voglia del viscido e schifoso sadico di farsi la moglie del figlio e usarla per le sue fantasie estreme (che si concretizzano con le vittime del club: un'impressionante scalpo alla
Salò/Maniac con cervello esposto-tra le sequenze più "forti" del film, una mano maciullata nel tritacarne con autocannibalismo indotto, una ragazza presa a martellate sulla capoccia finchè la materia cerebrale lorda lo schifoso sadicone vestito da babbo natale, la gola squarciata con il rasoio davanti all'occhio della telecamera), fino all'impossibile nemesi della final girl, che avrà vita breve.
E i maschietti? Inutili (come dice Manoush), e quindi estrazione del pene circonciso e tranciato in due dal machete (che fa sembrare la castrazione di Giovanni Lombardo Radice in
Cannibal Ferox roba per educande), con previa enuclaeazione e svisceramento per beare Angelique della fuoriuscita intestinale.
Agopunture alquanto spartane e pseudobarkeriane, resoconti "veritieri" alla
Non aprite quella porta, un inizio videamatoriale per le vie di una spettrale Francoforte, piccoli segnali disturbanti (il tizio che importuna le due ragazze e vuole 20 euro), le vittime appellate semplicemente come "scimmie", eppoi lo spettacolo alla
Wizard of Gore
, dove gli agnelli scacrificali sono prettamente femminili e così anche le carnefici, entreneuse con l'animo da lupe predatorie (per una volta tanto la misoginia, in questo tipo di pellicole, non è così marcata).
Sfx abbastanza credibili creati dal guru dello splatter teutonico Olaf Ittenbach, una certa cura formale (per il film che è e per il pubblico a cui è destinato), dialoghi superiori alla media (soprattutto quelli di Manoush) e una recitazione che si eleva da quella "parrochiale" di certi simil-snuff da bancarella.
Niente di nuovo dal settore tortura, ma con i mezzi a disposizione e una certa "ricercatezza" un non indegno epigono di
Hostel, dove, almeno un paio di sequenze (lo scotennamento, la tritatura della mano) e la caratura della ghenga di sadici (Manoush, il depravato omuncolo e le due carnefici Dominique e Angelique in autoreggenti, stivaloni e corpetti prettamente BDSM e qualcosa di più che mere bamboline di satana) se li porta in saccoccia.
Chi non ama
Hostel e affini passi oltre, gli altri si accomodino nella Maison de la petite mort di Mamman Manoush.
Il titolo, comunque sia, è semplicemente geniale.