La dea del '67 - Film (2000)

La dea del '67

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Commenti L'IMPRESSIONE DI MMJImpressione Davinotti

Appurato che la dea del titolo è un'auto e precisamente la Citroen DS (in francese si pronuncia déesse che significa, per l'appunto, “dea”), scopriamo nelle prime immagini che a desiderarla ardentemente è un giovane giapponese (Kurokawa) che se n'è innamorato guardando FRANK COSTELLO FACCIA D'ANGELO e l'ha acquistata su internet per 35.000 dollari recandosi in Australia da Tokyo per prenderne possesso. Una volta lì, tuttavia, scopre che i proprietari si sono barbaramente uccisi e che al loro posto c'è una diciassettenne cieca (Byrne). E' con lei...Leggi tutto che, salito in auto (memorabile il caratteristico sollevarsi sulle sospensioni della DS), il ragazzo comincia un lungo viaggio attraverso le deserte lande australiane trasformando il film in un road movie caratterizzato dallo stile molto estetizzante della regista Clara Law (che se l'è anche scritto, insieme a Eddie Ling-Ching Fong).

E' evidente in ogni scena la ricerca nel comunicare soprattutto attraverso le immagini, così com'è chiaro allo stesso tempo che anche la sfrenata passione per l'auto del coprotagonista non è che un semplice pretesto per raccontare altro. In particolar modo la storia e il comportamento anomalo della diciassettenne, che anche attraverso alcuni flashback ricorda la propria vita e mostra segni di disadattamento dovuti a un'infanzia ben poco felice. Si scava nel dramma della pedofilia, di un padre e nonno sciagurato (ne ricostruiremo le vicissitudini tornando anche a trent'anni prima), di una madre ossessionata dalla religione e dall'idea di proteggere la figlia da tutto il male che regna nel mondo. Naturale che in un clima simile non si potesse crescere come tutti, ma brava è la regista a sottolineare la fragilità della ragazza, la sua dolcezza, il suo essere indifesa anche a fronte di una risolutezza apparente che la fa rispondere piccata al nuovo amico, completamente spiazzato dalla situazione e spesso preda di imbarazzo.

Sulla carta il tutto funzionerebbe, le basi per un film di ottima qualità ci sarebbero, ma la regista si perde frequentemente in una cripticità sterile, in buchi nello script che ne affossano l'efficacia, in un finale che racchiude in sé tutti i peggiori difetti del film: inconcludente, appesantito da velleità autoriali che si infrangono contro una certa inconsistenza di fondo e nemmeno così riuscito dal punto di vista visivo (terribili i flash di Tokyo in pixel). Le scene in grado di colpire davvero sono poche, sembra mancare una reale ispirazione e l'estendere oltremodo alcune fasi (l'approccio sessuale ad esempio, dopo che lei aveva riassunto il contenuto dei film nel loro complesso con “persone che si baciano, che si divertono, che fanno sesso ovunque, cose così”) non giova alla scorrevolezza. Estratti qua e là alcuni momenti potrebbero lasciare il segno, ma si sfaldano in un contesto male organizzato. E' invece interessante la progressiva ricostruzione (a ritroso, con l'ultimo flashback molto lontano nel tempo) di quanto accaduto alla ragazza, con la spregevole delineazione della figura paterna attraverso la quale si rilegge un passato indicibile, agghiacciante.

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TITOLO INSERITO IL GIORNO 23/02/09 DAL BENEMERITO RENATO POI DAVINOTTATO IL GIORNO 19/04/23
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Renato 23/02/09 14:26 - 1648 commenti

I gusti di Renato

Sembra il classico film in cui la forma sopravanza decisamente il contenuto, con riprese da videoclip, colori sgargianti ed irreali ed in sottofondo una storia minimalista che si dimentica in fretta. Del resto la vera protagonista è la macchina del titolo, la Citroën DS (che in francese si pronuncia "déesse", cioè appunto "dea"), e sorge il dubbio che si tratti solo di una furbata per dare un minimo di visibilità ad un film altrimenti destinato ad un veloce oblìo.

Buiomega71 30/06/21 01:12 - 2910 commenti

I gusti di Buiomega71

Delirante e intenso calderone di follie assortite in cui la Law passa da Tokyo all'Australia in un road movie surreale e bizzarro, che mischia tarantinismi e lynchianismi che si barcamenano tra commedia (le pantomime tra la ragazza aussie cieca e il ragazzo giapponese che hanno difficoltà a capire i loro nomi) e dramma (pedofilia, incesto, padri/padroni, madri invasate, roghi purificatori alla Riflessi sulla pelle). Un po' prolisso - a volte la Law mette troppa carne al fuoco (i salti temporali) - ma pervaso da una vitalità fiammeggiante e dall'accecante fotografia di Dion Beebe.
MEMORABILE: Le folli turbe religiose della madre nei confronti della figlia (frutto d'incesto); Le cervella sul muro; La cintura di castità; I dingo protettori.

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  • Discussione Buiomega71 • 30/06/21 10:27
    Consigliere - 25998 interventi
    Bizzarro, eccentrico, surreale (ad un certo punto, pare che la DS voli anzichè correre sull'asfalto rovente australiano, i finti sfondi come nei film hitchcockiani mentre l'auto è in movimento)  e fiammeggiante viaggio on the road che inizia a Tokyo e finisce nelle desertiche lande australiane, con due personaggi sui generis (un giapponese e una ragazza cieca) che sono una sorta di Sailor e Lula in viaggio verso il nulla su una Citroen DS del 1967.

    La Law ibrida la commedia con il dramma, non rinuncia a scampoli pseudohorror (il finale nella miniera, tra topi morti e padri eremiti impazziti), prende di mezzo tarantinismi (il ballo dei due nel locale che pare prendere in giro Pulp Fiction), lynchianismi (Cuore selvaggio ne è il modello principale), momenti stralunati e dolorosi flashback.

    Cervella sparpagliate sulle pareti, pugili stupratori mezzi suonati, dingo che si improvvisano protettori della ragazza scampata per un soffio alla violenza carnale (stile L'albero del male), pantomime umoristiche (i due che hanno difficoltà a capire i loro rispettivi nomi, la telefonata via satellite con la ragazza che ripete, maldestramente , le parole in giapponese, la lucertola sulla strada che non lascia il dito del ragazzo giapponese, collezionista di rettili a tempo perso, dalla sua morsa costrittrice, il tenero approccio sessuale tra i due, nudi nella stanza d'albergo, la ragazza che ascolta, per radio, le disgrazie altrui e l'elenco dei morti-un pò come la radio che gracchiava sfighe e sventure in Non aprite quella porta-l'alchimia elettrizzante tra due persone così diverse, sia di cultura che di vissuto, uno che pare un alieno capitato lì per caso-non per nulla la Law mostra l'australia lunare come se fosse Marte-l'altra che si crogiola nel suo doloroso passato, che fa del suo handicap una sorta di "dono"-il radar che ho nella testa-e si comporta. spesso, come una bambina, quasi sempre a piedini nudi-di culto quando li stampa sul parabrezza della Citroen-mossa da scopi "rape & revenge" che si scopriranno, in maniera lancinante, mentre il film prosegue.

    Qualche scivolata nella barzelletta "decamerotica" (la cintura di castità) magari non proprio riuscita, e spizzichi e bocconi di Fellini (il tendone da circo con il boxeur) e di Melville citato apertamente con un immagine di Frank Costello (pare film di culto del ragazzo giapponese che lo ha fatto innamorare della Citroen, con la classica battuta verso la ragazza non vedente: "Hai visto quel film dove..."), frammenti di video arte (le riprese di una Tokyo aliena e alienante, paragonata alla barretta di Mars), spot sulla Citroen che intervallano, inutilmente, il racconto e un pò di prolissità e confusione narrativa nei vari salti temporali improvvisi (Tre mesi prima, tre anni prima, trent'anni prima, i flashback a Tokyo con l'amico, che dopo una gara a base di spaghetti giapponesi, finisce sotto un furgoncino Isuzu) che sbilanciano l'avventura bislacca e kerouachiana del duo.

    Ma la Law, forse un pò snobbetta (come nelle interviste, visto che, lei, si guarda solo Ozu e Tarkovskij-omaggiato pure nella sequenza della cantinetta con la vacca-, e si legge solo Mishima e Kundera), svolta l'inversione di marcia nei ricordi violenti e sordidi del suo passato, e il film si infiamma di livori sgradevoli e durissimi

    Un padre/padrone/nonno pedofilo e stupratore (nella lercia e disgustosa figura del Nicholas Hope di Bad Boy Bubby), gli abusi sui minori, una madre/sorella immersa nel fanatismo religioso (la spettrale chiesa abbandonata in mezzo al deserto, la costrizione alle preghiere, lavare via i peccati con la pompa dell'acqua per il tuo corpo che pulula dei germi del peccato e la tua testa è piena di erbacce da estirpare) fino a suggestivi, quanto laceranti, roghi purificatori che stanno tra Riflessi sulla pelle e Rain

    Immerso nella abbagliante e accecante fotografia di Dion Beebe (la tempesta di sabbia è una gioia per gli occhi), questo delirante e surreale invito al viaggio , seppur con qualche steccata, risulta di una vitalità quasi contagiosa, di una narrazione che spezza le convenzioni e che amalgama sapientemente dramma e commedia stralunata (ci sono pure suggestioni quasi post atomiche alla Mad Max, nella landa arida tra carcasse di auto e pozzi abbandonati) in una diversa rappresentazione del mito della perenigrazione su quattro ruote, in un estroso mix tra il cinema orientale (di provenienza della sua autrice) e la fiammante disinvoltura del cinema australiano (con un occhio a Jane Campion e l'altro a Scott Reynolds).

    Straordinari i due protagonisti, così diversi eppure con parecchie cose in comune.

    Piccolo culto non colto da riscoprire.
    Ultima modifica: 30/06/21 14:01 da Buiomega71
  • Homevideo Buiomega71 • 30/06/21 10:47
    Consigliere - 25998 interventi
    Ottimo il dvd edito da Fandango/Cecchi Gori

    Formato: 1.85:1
    Audio: italiano, inglese
    Sottotitoli: italiano
    Come extra i crediti e un'intervista (scritta, di 6 pagine) alla regista Clara Law
    Durata effettiva: 1h, 54m e 21s

    Immagine al minuto 00.14.37. Rose Byrne (B.G.) e Rikiya Kurokawa (J.M.) alla stazione di servizio con la Dea del '67.

    [img size=424]https://www.davinotti.com/images/fbfiles/images57/PDVD-204.jpg[/img]
    Ultima modifica: 30/06/21 11:57 da Buiomega71