L'isola del gabbiano - Miniserie TV (1981)

Nestore Ungaro, da sempre legato al mare e alle riprese acquatiche, dirige uno sceneggiato in cinque parti che come nella miglior tradizione thriller di casa nostra (argentiana in primo luogo, filtrata però da un'eleganza nello script molto avatiana) si articola in una complessa storia di omicidi, follia e traumi scatenanti. Le indagini sulla scomparsa di una giovane ragazza cieca non le conduce la polizia, che resta come spesso capita nel nostro cinema in secondo piano, ma Barbara, la di lei sorella (Prunella Ransome, ottimamente doppiata da Maria Pia Di Meo), appoggiata da un diplomatico britannico che porta il cognome (Foster) di Pagliai nello storico SEGNO DEL COMANDO...Leggi tutto, lo sceneggiato italiano più amato legato al mondo del mistero e del giallo. Qui il mistero coinvolge anche altre ragazze cieche ritrovate morte o in fin di vita, le quali portano le indagini in direzione di una piccola isola (chiamata per l'appunto isola del gabbiano) tra la Corsica e la Sardegna, dove vive un importante archeologo (Jeremy Brett) che Foster già conosce e che sembra aver perso proprio lì moglie e figlio in un incidente poco chiaro. La straordinaria tenacia di Barbara e l'aiuto di un ambiguo personaggio in qualche modo legato al caso (Gabriele Tinti) condurrà tutti sull'isola, dove si consumerà quasi tutta la seconda parte. Chiaramente il ritmo - pur non più così appesantito dalla teatralità richiesta fino ai Settanta - non è quello di un film e molte sono le parti probabilmente sfrondabili, ma è indubbio che la storia sia molto ben costruita e intrigante, ricca di particolari interessanti e recitata con la dovuta convinzione. Soprattutto centra l'obiettivo il colpo di scena finale, per una volta non prevedibile nonostante la sua scarsa originalità (e qualche inevitabile forzatura che rischia in parte di minare la credibilità complessiva). La lunga durata ha modo di introdurre personaggi che arricchiscono la vicenda e c'è spazio, per il regista, di dimostrare la propria personale abilità nella direzione delle sequenze subacquee (esemplare la scena con l'esplosione delle bombe di profondità), che essendo in buon numero permettono di caratterizzare in modo singolare l'opera, già di per sé insolita per la scelta delle location. Qualche buco nella sceneggiatura c'è, ma si tratta di difetti che non scalfiscono troppo l'integrità generale, impreziosita da un fascino non comune. Peccato per la modestia della fotografia e la scarsa incisività della regia: in mani più esperte avrebbe potuto diventare un mezzo capolavoro.

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