Comincia quasi come una versione erotica dei SOGNI PROIBITI con Danny Kaye: Moschin fissa un cartellone pubblicitario dall'auto e immagina di essere uno sceicco vezzeggiato da un'odalisca a seno scoperto. Di simili sogni a occhi aperti il protagonista ne farà molti, ma la verità è che è impotente: né con la moglie (una Janet Agren sempre splendida nonostante il look stile Bouchet) né con l'amante (la Dionisio con capello riccissimo) riesce più a concludere. Così eccolo chiedere consiglio a un medico (Dufilho), il quale gli suggerirà di volta in volta di provarci prima...Leggi tutto con la domestica o la segretaria, poi di fare una cosa a tre con la moglie e via dicendo. Un ruolo con tutta evidenza ideale per Buzzanca trova in Moschin un interprete poco adeguato: vederlo muovere le orecchie per l'eccitamento, insidiare lemille donne di un cast davvero ricco, spiare da dietro una porta non è cosa da lui. Tanto è vero che le parti migliori sono quelle alle riunioni della società di cui è presidente (la Pip), i duetti con Caprioli politico corrotto e quelle in cui può sfoggiare il suo forte accento del nord. Ma la regia di Vicario è debole, la sceneggiatura fiacca e ripetitiva e l’interesse per una farsa non certo originale scema quasi subito. Vedere un simile cast sprecato in un'operazione tanto insapore mette malinconia. Sul genere meglio qualsiasi altra commedia buzzanchiana (o quasi).
Meno divertente del previsto, perché lo spettatore si attenderebbe un bel meccanismo tipo Homo Eroticus, invece così non è. Moschin (neo-presidente di compagnia petrolifera il quale, appena raggiunta la poltronissima, non riesce più a copulare) è bravo, ma purtroppo viene istintivo chiedersi, non appena fa o abbozza qualcosa, come l’avrebbe fatta Buzzanca. Poco centrato il personaggio della Agren, con trucco e pettinatura non adatti. Molte sorprese nel leggere i nomi del cast.
Poco riuscita commedia sexy, incentrata sulle (dis)avventure del cavalier Rodolfo Persichetti (interpretato dall'indimenticabile Gastone Moschin). Il plot sembra derivare dal più celebre La Prima Notte del dott. Danieli, almeno nella fase (d'impotenza) iniziale. Poi la deriva al pecoreccio lascia sorpresi per la presenza, nel cast, d'attori variegati ed inattesi. La sostanza, trattandosi della stessa mano alla regia, è quella di Homo Eroticus, ma appare sbagliata la scelta dell'attore principale, troppo sofisticato per ruoli così banali...
Una commedia "erotica" comunque di una certa classe che non svacca mai (nemmeno per esempio nella scena con la felliniana Beluzzi, in cui Moschin viene quasi affogato dalle poppe di quest'ultima). Meccanismo ripetitivo (le visioni di Moschin, l'impotenza) ma per nulla noioso grazie a comprimari adeguati (Dufilho) o splendide donne.
Al soggetto limitato e al facile rischio di situazioni ripetitive, Vicario oppone una sceneggiatura vivace con dialoghi sessualmente allusivi o del tutto spinti ma senza mai cadere nel volgare, e mette a segno frecciate satiriche sull'Italia corrotta degli intrallazzi politici e finanziari. Al centro dell'irresistibile turbinio comico, Moschin si scatena in un ruolo buzzanchiano, attorniato da un nutrito stuolo di brillanti comprimari, starlets e caratteristi; anche la Beluzzi volge in (auto)ironia l'orrendo spettacolo felliniano delle sue tette enormi e sformate.
MEMORABILE: Le allucinazioni erotiche di Moschin e i suoi bruschi risvegli.
Marco Vicario HA DIRETTO ANCHE...
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Milena Vukotic. Si autodoppia