Piccolo-grande western sull’integrazione (tematicamente accostabile a Balla coi lupi), egregiamente girato, con una regia solidissima ed immagini limpidissime che esaltano natura e paesaggi. Gli episodi di umanità nel selvaggio west ed una storia d’amore coraggiosa ed anticonformista lo rendono un film di sicuro richiamo, la cui qualità non lascerà indifferenti anche chi non ama il western. James Stewart, un monumento, è sempre una garanzia e Jeff Chandler è un capo Apache coriaceo e credibile. ****
Come spesso succede il titolo italiano non rende giustizia a questo ottimo western, richiamando solo la parte sentimentale e neanche bene, semmai poteva essere "La sposa indiana". La freccia spezzata è l'inizio di una pace tra gli Apache di Kociss (Jeff Chandler) e i bianchi, pace avvenuta attraverso Tom Jefford (James Stewart) che coraggiosamente ha voluto incontrare il capo indiano. Forse c'è qualche misura in più di buonismo, ma le sceneggiatura, la regia, la fotografia, le interpretazioni e... la bellezza di Debra Paget, la fanno accettare.
MEMORABILE: La cerimonia dello sposalizio indiano.
Buon western, uno dei primi che sposi con credibilità la causa indiana. Il valore per così dire sociologico non deve fare però passare in secondo piano il livello spettacolare decisamente elevato, dovuto alla buona qualità della sceneggiatura e della caratterizzazione dei personaggi e all'ottima fotografia. Si tratta inoltre di una delle migliori interpretazioni del grande James Stewart.
Uno di quei film che ti rimettono in pace col mondo. Daves gira con grande mano uno dei primi western revisionisti affidando alle solide spalle di Stewart e Chandler (entrambi grandissimi) buona parte del film. La vicenda si ispira a un fatto vero, ricostruito dal regista con una cura estrema dei dettagli. La sceneggiatura è impostata su un registro classico, in cui emergono bene gli usi e le tradizioni dei nativi. La fotografia impeccabile rende omaggio a splendide scenografie naturali che aggiungono credibilità alla narrazione. Da vedere!
Tra i primi western pro-indiani della storia, un film girato molto bene e che sposa l'argomento in maniera sentita e non solo per farne materiale da spettacolo. La regia di Daves è di ampio respiro e incornicia i posti con una bellissima fotografia a colori, così come la sceneggiatura sa andare a fondo nelle questioni che portarono alla tregua strutturando bene i personaggi. Gran duetto d'attori tra Stewart e Chandler, entrambi perfettamente calati nelle rispettive parti. Da non perdere.
Divenuto fratello di sangue di un indiano a cui ha salvato la vita, uno scout viene considerato un traditore dei bianchi per la sua amicizia con i pellerossa... Indicato come uno dei primi film "revisionisti" i quanto promuove l'ideale di una convivenza pacifica e le ragioni dei nativi, il film di Daves è un western maturo nei contenuti, nonché una pudica storia d'amore tra Stewart, ruvido ma cavalleresco, e Paget, sensuale e dolcissima. Riferimento imprescindibile per Costner e i suoi lupi, risulta in alcune parti datato ma è ancora avvincente,anche grazie alla bella prova del cast.
Quarant'anni prima di Costner, James Stewart già abbracciava la cultura "indiana" e addirittura ne sposava una (forse fin troppo) giovane rappresentante. A stipulare il difficile armistizio con i bianchi, l'ottimo Chandler nei panni del grande capo Kociss, presente anche nel sequel. Oltre alle superbe location e alle buone scene d'azione, il film conta su un nuovo approccio pacifista che influenzerà molti western successivi. Bellissimi i colori, semplici ma incisivi i dialoghi. Moderno per l'epoca e dunque invecchiato bene.
È il più famoso fra i primi western in cui i nativi non vengono visti per partito preso come "cattivi". Stewart all'inizio dice che la razza Apache è più pericolosa dei serpenti; avrà modo di ricredersi. Il successo del film si basa su Stewart, la Paget, Chandler/Kociss. Inoltre è un film a colori, ottimo per il grande pubblico. Già negli anni Venti era stato girato un film a favore dei nativi e con uno sposalizio, ma con l'avvento del codice Hays diventò tutto più complicato per il divieto di rappresentare le relazioni tra persone di razze diverse. Onore quindi al regista Daves.
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Il film era considerato rivoluzionario all'epoca perché era uno dei primi film sonori ad avere il via libera ai sensi del Motion Picture Production Code per ritrarre i nativi americani in una luce umana. Dopo gli anni '50, il film fu spesso criticato perché gli attori bianchi interpretavano i nativi americani, sebbene il ruolo di Geronimo fosse interpretato, non accreditato, dall'attore nativo canadese Mohawk di nome Jay Silverheels.
Il titolo originale del film è Broken Arrow, tuttavia la freccia spezzata, che segnala la fine dei combattimenti, è un simbolo indiano dei Piedi Neri, non un simbolo Apache.