Titolo a parte, niente in comune con l'originale. Scritto da Robert Bloch (Psyco), è una rappresentazione in chiave (moderatamente) horror dell'esperienza psicanalitica, un'immersione in acque torbide, pullulanti di desideri repressi e pulsioni inconfessate che si deformano in incubo. Simbolismi logori (le pareti di vetro, il labirinto, il carillon), un paio di bei momenti (i ricordi di Jane bambina, le allucinazioni nel pre-finale), ma nell'insieme la tensione latita: troppo facilmente individuabile il confine tra reale ed immaginario. Finale rassicurante-deprimente.
MEMORABILE: Prima di lasciare la clinica, Jane si guarda allo specchio e vede...
Malgrado le riserve di Bloch (a dire di Cozzi, quindi con un pizzico di incertezza sulla fonte), firma di lusso sullo script, funziona benissimo sino allo spiegone conclusivo in stile pubblicità-progresso alla psichiatria. Peccato, perché il piccolo universo concentrazionario e sottilmente sadiano messo in scena da Kay con economia di mezzi ma polso fermo affascina e inquieta. Il richiamo al mitico film di Wiene sembra acchiappagonzi, ma forse conferma indirettamente che la sceneggiatura originale era diversa.
Constance Ford HA RECITATO ANCHE IN...
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"La protagonista fra transfert, complessi di colpa, edipici e sadico-anali, voyerismo ecc. vive un'esperienza masochista che si proietta in una catena di incubi.
'Vi piace il sadismo', afferma in un certo momento, rivolta all'infermiera che la cura, e lo spettatore ignora ancora e saprà solo alla fine che la sadica era lei, presentata per tutto il film come povera vittima."