Col pretesto di raccontare la vera vita degli adolescenti americani, il regista ci propina una specie di TEMPO DELLE MELE in chiave moderna (ovvero alla luce del successo di TRAINSPOTTING, anche se ovviamente i protagonisti hanno tutti tre o quattro anni di meno). Non ci sono più tabù da sconfiggere e di sesso ne parlano apertamente i ragazzi come le ragazze, senza escludere dal discorso nessun tipo di specificazione “scabrosa”. Tutto sembra procedere allegramente finché, come da copione, non compare dietro l'angolo lo spettro dell'AIDS, che porta noi e loro a riflettere sempre...Leggi tutto sugli stessi argomenti: e l'amore sicuro, e basta una volta con la persona sbagliata, e non ce l’hanno solo gli omosessuali, e lo si può prendere con un nonnulla... Certo, vedere una malattia tanto tremenda strisciare impietosa anche tra i giovanissimi provoca un effetto dirompente nella psiche dei meno informati, ma ormai sono anni che il cinema ce lo ripete a ogni piè sospinto. Al di là delle inevitabili implicazioni socio-sanitarie comunque, KIDS non è affatto girato male. Spudorato figlio dei nostri tempi, il film si distingue per l'ormai immancabile montaggio ultraserrato (fu forse Oliver Stone a dettarne le leggi definitive con NATURAL BORN KILLERS), l'inevitabile dose di violenza gratuita condita da forti numeri di canne, acidi, alcool e droghe di ogni tipo consumati a turno un po' da tutti. Molto sesso, parlato e fatto, molto qualunquismo e più in generale una tendenza a mostrare dei giovani d’oggi sempre la parte peggiore. In poche parole un prodotto costruito a tavolino per piacere al pubblico del nostro tempo, non ancora assuefatto e invece affascinato dalla furia selvaggia del concetto di “pulp”. Non c'è quasi mai tenerezza nei rapporti tra i ragazzi e tutto sembra dover avere come ultimo fine il sesso. Perché nel film, andiamo, non si parla d'altro. E in fondo proprio per questo KIDS ci appare in ultima analisi un film vuoto, che non lascia troppo spazio all'immaginazione e che oltretutto (ne siamo convinti) non fotografa l’esatto stato delle nuove generazioni; ne focalizza una parte fingendo che dietro non vi sia nient'altro. Ed è proprio per questo motivo che si riscontra una certa ipocrisia di fondo. Così ci resta un prodotto ben fatto, stilisticamente apprezzabile e pure coinvolgente, che non mostra assolutamente nulla di nuovo. Se si va al cinema per non annoiarsi è comunque un film consigliato.
Ritratto dei giovanissimi americani (e non solo) di oggi. Sarà pur vero che gli esempi qui mostrati non sono certo dei migliori, ma è altresì vero che tutto ciò non si discosta per niente dalla triste realtà in cui versano gli adolescenti. Sesso fatto troppo presto e in maniera superficiale, droghe, malattie virali, violenza urbana, sbronze colossali e via dicendo. Il film ha il merito di non prendere posizioni e mostrare solamente la vicenda con stile documentaristico e una certa crudezza visiva e narrativa. Squallido, ma era l'obiettivo.
Si parte con una slinguazzata e una prima volta (per lei) tra due minorenni dei sobborghi. Il film non si nasconde, anzi punta subito allo scandalo, su cosa si fa e su cosa viene detto, in modo abbastanza originale ma anche furbo. Qualcuno si alzerà dalla sala, gli altri saranno (anche morbosamente) interessati. Anche perché la mano registica è buona e i giovani attori sono egregi.
Ritratto adolescenziale realistico e meno inconsueto di quello che si possa pensare, soprattutto in certi quartieri americani e londinesi. Il regista, senza alcun giudizio morale, riprende la vita di un gruppo di adolescenti il loro linguaggio, i loro desideri, l'approccio al sesso e chi più ne ha più ne metta, senza proferir parola ma semplicemente mostrando il tutto allo spettatore con un uso registico notevole e con una telecamera che osserva riprende e rimanda il tutto agli occhi dello spettatore. Realistico.
Certo che Larry Clark non ci va giù tanto leggero nel decrivere le nuove generazioni... Ci vengono proposte come composte da persone totalmente votate all'autodistruzione fisica e morale, nella (quasi) totale assenza dell'adulto (mentre in Ken Park l'adulto sarà una figura presente ma deleteria). Su tutto ciò incombe l'incubo Aids che annienta e deprime. Un quadro davvero poco rassicurante rappresentato con mestiere e senza lasciar nulla all'immaginazione.
Larry Clark si lancia per la prima volta nella descrizione del mondo giovanile, in particolare di quello più abbandonato a se stesso (infatti genitori o adulti nel film non compaiono). Riuscirà molto meglio in Ken Park, dove le immagini non nascondono nulla e l'impatto sullo spettatore è molto più diretto, mentre in Kids la sceneggiatura scritta da un giovanissimo Harmony Korine sembra avere contenuti un po' più tradizionali (tipico messaggio anti-AIDS, anti droghe ecc.). Comunque da vedere.
Un giorno nella vita di alcuni giovanissimi, ossessionati dal sesso e dalla droga. L’intento della presa diretta sugli aspetti “rimossi” di una certa adolescenza è buono. Ma l’insistito focus sugli aspetti più estremi, ben allineati come se si volesse fare un freddo campionario della perfetta “gioventù bruciata” anni 90, diventa puro compiacimento della situazione “forte” per scandalizzare i benpensanti (sempre che non si annoino prima, vista la sostanziale piattezza della storia a prescindere dagli elementi “scandalosi”). Comunque, un’opera prima interessante.
Una giornata nella vita di alcuni minorenni, fra alcool, droga, sesso non protetto, delinquenza da quattro soldi e parolacce come se piovesse. Realizzare un film sul lato peggiore di una generazione è un'operazione complessa e in mani non capaci (come quelle di Clark, esordiente alla regia) dà vita ad opere ipocrite come questa. Il preteso naturalismo del film è solo un falso e rivoltante sensazionalismo di bassa lega, una pornografia non delle immagini (leccate e patinate) ma del compiacimento scabroso nel fare d'ogni erba un fascio.
L'inizio non è male: ritratto di gioventù bruciata narrato con piglio scattante e spassosissimi dialoghi di gustosa misoginia post-tarantiniana. Poi arrivano l'Aids, i moralismi, la fastidiosa banalità dei dialoghi della controparte femminile e un finale tra amarezza e contrappasso che purtroppo poggia sul vuoto. Apprezzabili la forte componente ironica e l'approccio ruvido (ma saggiamente privo di eccessi) e sarcastico alla materia, ma l'intreccio è esile e quando iniziano ad affiorare le banalità è dura non storcere il naso. Così così.
È una finestra aperta su una generazione buia e smarrita (la prima di molte), ma Clark centra l'obiettivo postosi dando sempre la sensazione di un'ancestrale squallore generale in cui ogni cosa sembra sospesa. Se ciò dipenda interamente dal regista o dal tema trattato non so definirlo (e me ne scuso), perché in determinati contesti sociali la realtà è molto simile alla finzione. Ottima l'idea di voler fotografare in maniera oggettiva uno stato complesso, senza alterlo più di tanto col proprio pensiero. Comunque è un film che non rivedrei.
Un film di uno squallore senza pari, come spesso capita a pretenziosi prodotti cosiddetti "di denuncia": trama inconcludente, ritmo tartarughesco, insopportabili movenze scimmiesche nella recitazione degli odiosi protagonisti. In questo tourbillon borgataro, l'inserzione di un personaggio "serio" come Jenny stride abbastanza. Una specie di inno al bullo da strada, imbevuto di superficiale gallismo e condito da una percettibile ipocrisia di fondo. Nefasto.
MEMORABILE: I bambocci "fratelli minori" che si fumano l'erba.
Lo stile è quello di un documentario misto a soggettive di adolescenti che parlano in prima persona. Il loro linguaggio, diretto e a volte scioccante, tocca i temi del sesso e della droga, senza volgarità e ovvietà. Traspare una certa crudeltà infantile e istintuale dell'immaturità e un concetto del presente che si incendia e si consuma subito. Se l'assenza degli adulti (li troveremo nei film successivi) sia la causa della loro deriva, il regista non lo dice; per adesso è sufficiente questo ritratto indimenticabile, fuori dagli schemi e provocatorio.
MEMORABILE: La prima scena, dove lui ottiene il sesso con la trappola del romanticismo; La crudele ironia del contagio dell'AIDS della protagonista.
Premio il coraggio, anche se il film non m'ha entusiasmato e neppure sconvolto: il marciume in molti giovani c'era anche nei decenni antecedenti e non era certo meno putrido; la differenza è che negli ultimi 20 anni si è acutizzato perché chi ne fa parte ha l'arroganza di ostentarlo e la fierezza di mostrarlo con orgoglio, come carta d'identità (incoraggiato perfino dai mass-media) e chi ne sta fuori preferisce ormai ritenerlo come un fatto acquisito e assodato; così si andrà sempre peggio. Ma come sottintende Clark, mai fu tolto il libero arbitrio.
MEMORABILE: I discorsi sul sesso delle ragazze; "Ma ero lì per far compagnia a lei"; I bambini che si passano la canna facendo i loro commenti; La scena iniziale.
L'evento cinematografico di gran lunga più sopravvalutato degli anni '90. Rispetto ad altre disonestissime prove di Clark, qui un aggancio narrativo forte - il dilagare dell'AIDS, anche tra i giovanissimi - comunque c'è: il rimestare nel torbido è sicuramente gratuito e puramente funzionale all'épater della trama, ma il ritratto generazionale tratteggiato, seppur ipocritamente impietoso, è meno stereotipato che altrove. Molto interessante, nello specifico, il personaggio interpretato da una giovanissima e già splendida Rosario Dawson.
Inizialmente discernere su quanto "gradiente" di sincerità ci sia nell'opera e quanta cattiva coscienza Clark vi aggiunga in termini di morbosità della rappresentazione e pruderie intellettuale è complesso. Tuttavia nel corso della visione la sensazione che prevale è quella di una necessità di filmare (pur von una evidente dose di indisponente superficialità) una (porzione di) generazione allo sfascio etico e valoriale. Crudelmente sarcastico nell'evocazione del contagio sessuale e anticipatrice la positività dei personaggi femminili (Dawson/Sevigny).
MEMORABILE: Gli urticanti dialoghi tra i detestabili Fitzpatrick e Pierce; La ripresa "cassavettesiana" del dialogo nella camera delle ragazze.
Giorno di ordinario sballo per un gruppo di giovani newyorchesi. L'oggetto principale del film (i rischi dell'Aids) viene tenuto ai margini e la sequela di bisbocce varie è solo dimostrativa. In certi frangenti si nota lo stile di Van Sant (che produce), anche se manca un'idea stilistica. La Sevigny e la Dawson dimostrano di avere già un filo di stoffa, il resto del cast fa ciò che fanno i giovani sboccati di ogni parte del mondo.
MEMORABILE: La rissa girata male; Le stesse frasi dette alle giovani vergini; In piscina a sbafo.
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Quello che piu' colpisce in "Kids" di Larry Clark e' che la sceneggiatura e' stata scritta da Harmony Korine, un ragazzo di 19 anni.Il film, recitato per lo piu' da sedicenni, e' vietato sia in patria sia in Europa ai minori di diciotto anni.Lo stesso Harmony Korine compare nella scena della discoteca e regalando a Jenny una droga.