El señor Archibaldo De La Cruz è un ricco feticista con due hobby: la ceramica e l'assassinio di belle donne. A scatenarlo è il suono di un carillon, ad aiutarlo il caso... Geniale e ghignante falso thriller surrealista del grande Buñuel, che avrà un'enorme influenza anche sul cinema di genere, fornendogli uno dei più sfruttati clichè. Uno dei vertici di beffarda irriverenza del maestro spagnolo, fu distribuito in Italia con quasi dieci anni di ritardo...
In un lungo flashback, il ricco e colto Archibaldo racconta ad un suora la sua storia di serial killer pateticamente frustrato, i cui istinti omicidi sono messi in moto dal suono di un carillon, legato ad un ricordo d'infanzia. Morte e sesso annodati in modo indissolubile, impotenza rappresentata dall'impossibilità di portare a termine l'omicidio. Gioiello del periodo messicano del regista, la cui godibilità non risulta compromessa neppure dal modesto cast (ma il protagonista risulta comunque simpatico). Un paradosso beffardo concluso con un finale-marameo.
MEMORABILE: Il ricordo d'infanzia, il rogo del manichino di cera.
O della frustrazione. Bunuel disattende ogni aspettativa, carica la tensione e la rilascia nel vuoto seguendo l’iperbole effimera di un grande carillon. Il solco chirurgico scavato tra ironia e dramma, follia e norma, nega ai due versanti qualsiasi statuto di interezza ponendo l’intenzionalità del singolo quale complice e veicolo di ogni sensato accadimento. Sempre caustico, non manca di servire il suo corollario di battute iconoclaste, mentre ottempera ad un geniale e insolitamente lineare racconto di tormenta e fuggevole umanità. Freudiano e arguto.
Progetta delitti di belle donne, e queste vengono uccise ma non da lui: su questo sottile paradosso ripreso da un racconto di Usigli, Buñuel costruisce un bellissimo film sul confine etico del crimine, dove atto e potenza coincidono pericolosamente. L'ottima sceneggiatura, inoltre, mette in evidenza un complesso reticolato di rimandi sia tematici (la religione, la società, l'erotismo) sia narrativi (il tema del doppio, il racconto nel racconto, il confine tra realtà e finzione) che il regista esplorerà in futuro in più caustici affondi.
Atemporale con una regia particolare e immerso in un bianco e nero non marcato ma suggestivo, racconta una storia assurda quanto a concezione, intrigante quanto a realizzazione. Troppi temi concatenati e un feticista come protagonista in grado di uccidere le donne senza toccarle, semplicemente con l'ausilio di un carillon, augurandosene la dipartita. Avesse fatto Argento un film così lo avrebbero massacrato, ma è Buñuel e lo si perdona.
Un Bunuel minore e commerciale ma non per questo meno interessante: il suono di un carillon risveglia nel protagonista un terribile ricordo d'infanzia che lo costringe a uccidere, ma tutti i suoi piani vengono continuamente frustrati e le possibili vittime vengono uccise prima del delitto: thriller surreale che mostra quanto sia labile il confine tra pensiero ed azione, tra immaginare un atto e metterlo in pratica.
MEMORABILE: La sequenza iniziale, con la suora che cade nella tromba dell'ascensore: l'omicidio simbolico del manichino.
Il più scoperto dei divertissement buñueliani, che carica di un valore chiaramente metaforico tare maschili (impotenza, feticismo) già connotate in maniera più "tragica" (El) e che riapproccerà più "sottilmente" in futuro (Bella di giorno). Per l'ennesima volta, impressiona e fa stropicciar gli occhi la leggerezza del tocco nell'affrontare un soggetto sul filo del grottesco, nel quale pulsione omicida e sessuale sono omologamente frustrate. Il carillon pare una parodia argentiana antelitteram, ma attenti: i sogni di Don Luis possono fare più paura degli incubi!
MEMORABILE: Il rasoio che "minaccia" la suora; Il manichino di Lavinia cremato in laboratorio; Il finale quasi posticcio e chapliniano.
Sogno come proiezione dei propri desideri/pulsioni; quelle di Archibaldo sono uccidere le donne che in modo signorile disinibisce; ma per svariate cause non vi riesce, mai. Allegoria dell’impotenza dettata (forse) da traumi infantili e da un’educazione borghese che libera e opprime al tempo stesso. Il suono di un carillon, delicato e distorto, richiama e compone quella che è la personalità del protagonista, ambigua, camaleontica, ironica e perversa. Il delitto come estasi, chimera irraggiungibile che sfocia in un beffardo, tragicomico finale.
MEMORABILE: La governante per terra e Archibaldo bambino con gli occhi assatanati.
Raffinata e notevole pellicola del regista spagnolo che dissemina il suo film di elementi psicanalitici non sempre identificabili di primo acchito. La vita del protagonista è una continua ribellione contro la figura materna (il primo "omicidio" avviene durante dei disordini causato da ribelli) che si reincarnerà poi in tutte le figure femminili da lui incontrate. E notevole è anche la serie di atti mancati, solo sognati e mai veramente realizzati. L'epilogo, in apparenza felice ed ottimista, resta aperto con quella battuta su Giovanna d'Arco che lascia dubbi sulla sanità di Arcibaldo.
Non si può in alcun modo fare il processo alle intenzioni, neanche se queste sono a scopo delittuoso. Buñuel, con intento psicoanalitico, descrive un caso di "fissazione" primordiale all'età infantile, fermando la scena che poi si autoperpetuerà successivamente. Ma non solo, impregnando la storia di atmosfere surreali ci consegna un film magneticamente irresistibile e trasognante, com'è tipico del suo cinema. Superbe!
MEMORABILE: Il tema del carillon ripreso in Tenebre di Dario Argento nel flashback con Eva Grimaldi.
Commedia nera dalle sottili trame psichiche dove le immagini danno forma plastica a raffinate allusioni alla follia amorosa e alla famigerata coppia Eros e Thanatos. La vicenda è intricata come un giallo e trasporta subito negli altrove della celluloide; la messa in scena è personalissima (dopo pochi fotogrammi è chiaro il marchio di fabbrica, ovvero lo stile, del Maestro). Una vera gioia per gli occhi e per la mente: puro cinema immarcescibile.
Il soggetto sembra vertere sull’aberrazione del complesso di Edipo tramutato in pulsazioni omicide a causa di traumi infantili. Buñuel gioca con alcuni dei suoi bersagli preferiti come borghesia, religione e repressione sessuale; in particolare con quanto l’esteriorizzazione del peccato veramente pregiudichi l’essere un buon cristiano e quanto questo abbia davvero senso. Nel complesso un buon film, ma lontano dal Buñuel più sfrontato e personale, il quale stranamente sceglie un epilogo rassicurante e positivo.
I film di Buñuel sono sempre di grande livello e questa produzione ne è la conferma. Con una trama in bilico tra il surreale e lo psicopatologico, lo spettatore viene reso quasi complice delle fantasie delittuose del protagonista. Interessanti i ritratti delle donne, che paiono molto più "furbe" degli uomini. Cast di livello, buona la fotografia. Qualche dubbio sul finale un po' hollywodiano.
Bella black comedy che ruota attorno al paradossale caso di un serial killer che, per una ragione o per l'altra, non riesce a uccidere le vittime (sempre donne) da lui scelte. Colpisce l'uso magistrale dei flashback, in particolare quello dell'Archibaldo bambino che assiste alla morte della governante, piccolo goiello di suggestioni psicanalitiche. Come è lecito aspettarsi dal regista, la religione e la borghesia, fra ipocrisia e repressione, ne escono maluccio. Maturo per i tempi in cui è stato prodotto, originale e a suo modo divertente.
MEMORABILE: Il suono del carillon che accompagna i raptus di Archibaldo, idea che sembra piaciuta a Dario Argento; Il manichino bruciato; Il matrimonio tragico.
La sferzante ironia del cinema di Luis Buñuel è ben presente in quest'ottimo film del periodo messicano, un thriller ricco di momenti umoristici, con degli ottimi dialoghi e diverse grandi trovate, con una certa venatura torbida e feticista. Pur non essendo strabiliante, il cast riesce comunque a sostenere molto bene il tutto. Opera molto interessante.
Un uomo profondamente turbato da un episodio che ha segnato la sua infanzia si trova nuovamente in balia delle proprie psicosi quando ritrova casualmente un carillon. Il racconto si appoggia magnificamente al contesto storico e Buñuel è un regista unico nel suo genere, capace di disseminare lungo il film decine di quei simboli che caratterizzano tutto il suo percorso artistico. L'estasi nasce dal desiderio stesso e il delitto in questo caso diventa solo un tabù da sfatare. L'ennesimo grande film di un autore immortale.
Commedia nera che abbina l'umorismo (e l'esito paradossale dei tentativi di omicidio) con i tocchi critici verso la borghesia, il patriottismo, il clero, la religione, per non dire della stupidità di certi turisti statunitensi all'estero... Film decisamente poco femminista, contiene elementi che l'autore porterà in maniera più massiccia in futuro, rafforzando gli elementi di frustrazione e di critica. Protagonista molto simpatico nel dar vita al delinquente potenziale (tutt'altro che lombriosano...) e cast di contorno che funziona meglio nei personaggi femminili che nei maschili.
In un lungo flashback un benestante messicano racconta il piacere morboso per il delitto. Diversi i temi trattati: l’ossessione da trauma, il lato oscuro della personalità, la seduzione come arma... Buñuel si diverte a inscenare una specie di giallo, con risvolti da commedia in tutti gli omicidi che fatalmente vengono compiuti da altri. Per ravvivare i toni scherzosi colpisce anche la Chiesa (con le suore che anelano la morte), i turisti seccatori e chi non ha fatto la rivoluzione. La trama è decisamente scorrevole anche grazie allo charme del protagonista.
MEMORABILE: La suora nel vuoto; La rasoiata alla donna bionda; Il manichino bruciato; Le preghiere della moglie.
Idea geniale questa di Buñuel, citata a più riprese da De La Iglesia in Crimen perfecto (il manichino, il forno, il protagonista che guarda la scena della suora che cade nell'ascensore, emulandola nel finale). Interpretato magistralmente da un Ernesto Alonso impeccabile e da un cast di contorno all'altezza, il film affronta con una buona dose di black humor temi importanti - soprattutto legati ai traumi infantili - e si chiude beffardamente con un apparente lieto fine che spiazza. Divertente, coraggioso e incredibilmente moderno nella messa in scena. Gran cinema.
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