Ernesto - Film (1979)

Film chiaramente ispirato al bel romanzo autobiografico di Saba sull’iniziazione omosessuale di un ragazzo nell’Italia di inizio Novecento. Il tema è trattato con una certa sobrietà e senza incorrere in volgarità gratuite e scene pruriginose. Inoltre c’è anche una buona capacità nel ricostruire l’ambiente dell’epoca. Vi sono anche alcun innesti comici ben dosati e riusciti. In definitiva un discreto film per un regista che purtroppo non sempre ha raggiunti buoni risultati.

Il regista di Malizia affronta un tema scabroso, vissuto sulla propria pelle dal celebre Umberto Saba. L'omosessualità del protagonista, il suo superamento tra le braccia d'una prostituta e il ritorno all'ambiguo, caratterizzato dalla presenza di due gemelli (l'uno maschio, l'altro femmina) pressoché identici e destinati a ricondurre l'uomo sulla via della confusione (e perdizione) sessuale. La volgarità è bandita, il cast è dignitoso e seriamente coinvolto nell'operazione e il registro drammatico rinnega il taglio fatalista e peccaminoso, connotando l'intera pellicola con un pizzico d'ironia.

Dal bel romanzo di Saba, l'educazione sentimental-sessuale di un ragazzo di fine 800 con un operaio, una prostituta e due gemelli fratello e sorella: in verità, quest'ultima parte è un pessimo tradimento della storia originale. Ma al di là degli aspetti narrativi (pur importanti in quanto normalizzano artificiosamente e grottescamente una vicenda potente nella sua semplicità) l'opera stessa langue nella mediocrità: un film piatto e senz'anima, che preferisce il pittoresco bozzettismo d'epoca alla complessità psicologica di un adolescente.

Film che non riesce ad approfondire la tematica che avrebbe sicuramente suscitato più interesse, ovvero il dilemma interiore di un ragazzo che vive la scoperta della propria sessualità. Il protagonista sembra in balia degli eventi, quasi senza personalità e ciò non riesce a dare il giusto spessore ad un film stilisticamente valido. Inoltre il finale, riadattato rispetto al romanzo da cui Samperi prende spunto, lascia la storia in sospeso senza aggiungere alcun significato al film.

Rimasto incompiuto, l’audace Bildungsroman di Saba viene completato da Samperi all’insegna di un’intrigante ambiguità – un triangolo con il protagonista e due gemelli – per poi chiudere più convenzionalmente alla maniera delle commedie di critica altoborghese. Nella smorta sceneggiatura gli scabrosi incontri pederastici tra il giovinetto Halm e il facchino Placido sono risolti con un certo tatto, ma il ricavo dell’opera proviene in massima parte dalle raffinate descrizioni d’ambiente rese dalla fotografia di Bazzoni e dalle nenie paesane eseguite da Graziella Rota. **/**!

Difficilmente chi ha amato il romanzo postumo di Saba col suo stile pudicamente ruvido potrà ritrovarne lo spirito in questo film languido e manierato che ne mette in scena abbastanza fedelmente la trama nella prima parte prima di inventarsi un nuovo epilogo: Saba racconta la storia dell'iniziazione al piacere del protagonista, aperto a tutte le esperienze, facendo intuire la serena accettazione dell'omosessualità, mentre Samperi conclude con un ritorno all'ovile borghese che ha il sapore di una resa opportunistica alle convenzioni. Nel cast, discreto Placido, modesto Halm.