Per il suo esordio da solista, lontano dal fratello Joel, Ethan Coen scrive insieme alla moglie Tricia Cooke una commedia più innocua di quanto vorrebbe sembrare, un viaggio "on the road" di due amiche lesbiche - l'estroversa Jamie (Qualley) e la più colta Marian (Viswanathan) - che ha come meta la cittadina di Tallahasee, in Florida. Deluse in modo diverso dalla vita che conducono, le due affitteranno un'auto senza sapere che quella contiene una preziosa valigetta per la quale già qualcuno, all'inizio del film, è stato ucciso. Non è ancora dato sapere cosa contenga, ma di certo sappiamo chi ha assoluto bisogno di riaverla: la solita strana coppia...Leggi tutto di gangster alla Coen che è sulle sue tracce e che tutto si aspettava tranne che finisse in mano a due tipe così.
Il viaggio procede quindi in doppia coppia: da una parte i due maschi dalla faccia da duri ma dal comportamento non sempre in linea, dall'altra le due ragazze che approfittano dell'esperienza per conoscersi meglio. Jamie viene dal Texas, pane al pane vino al vino, non usa mezze misure e non si fa problemi a dichiarare la sua passione omosessuale; non a caso, ovunque vadano, si mette alla ricerca di locali gay e donne con cui spassarsela. Marian la segue poco convinta, pronta a stigmatizzare gli eccessi dell'amica precisando la sua distanza da un mondo che lei ha affrontato con approcci assai più intimi: legge "The europeans" di Henry James, sceglie le parole giuste... fa insomma quello che nel SORPASSO faceva Trintignant, mentre la Gassman del caso la travolge e in più occasioni riesce a coinvolgerla sfrontatamente.
Quanto ai due buffi criminali non sono che l'ennesima riproposizione della coppia di FARGO (per citare l'esempio più lampante in ambito Coen): a tratti divertenti, certo, ma senza che la loro esplosività emerga come dovrebbe. Anche gli inserti onirici richiamano alla mente quelli che tanto spesso hanno fatto parte del mondo dei Coen (si pensi al GRANDE LEBOWSKI o all'UOMO CHE NON C'ERA) e non c'è dubbio che Ethan non voglia affatto nascondere la propria provenienza; d'altra parte basterebbe constatare il caratteristico uso della colonna sonora per averne conferma. Lo stile è quello e non ci si può confondere.
Anche il tipo di ironia, di battute che infiorettano dialoghi parzialmente ricercati, è come se volesse ad ogni costo richiamare il trade-mark di un cinema che ha fatto scuola; ma tutto sembra stinto, utilizzato in tono minore come nei meno azzeccati film dei fratelli. E dire che le due protagoniste sono ben scelte (due facce fresche ed espressive, soprattutto la Qualley), che certe figure di secondo piano mantengono la simpatica rudezza richiesta (a partire da Beanie Feldstein nel ruolo della ex di Jamie), che la raffinatezza di alcuni passaggi è ancora indice di una perfetta conoscenza dei tempi comici.
Eppure, dietro una patina di “politically incorrect” che si risolve nelle solite volgarità di rito, nell'inno all'amore aperto e all'uso ambosessi dei falli di gomma, in un paio di scene hot tutte urletti e trasporto estatico, si coglie una vuotezza sconfortante, una debolezza evidente quando non si è in presenza delle non troppe scene efficaci. Di tanto in tanto le frasi giuste riattivano la vivacità della proposta, ma nel complesso i riempitivi sono frequenti e si sente come troppo spesso alle battute manchi la carica necessaria per scatenare la risata. Il risultato è altalenante e complessivamente fiacco, rispetto alle aspettative, per quanto sicuramente non spregevole.
Non un esordio folgorante quello di Ethan Cohen da solista. Coadiuvato dalla moglie Cooke in fase di scrittura, il regista dirige una sorta di thriller on the road dai toni pulp. La particolarità è quella di porre enfasi sul rapporto saffico tra le due protagoniste (entrambe in parte e dalla buona alchimia). Il tono scanzonato e liberatorio, purtroppo, non viene supportato né dalla scrittura dei dialoghi (ridondanti e scatologici), né dal comparto narrativo, il quale si smarrisce in dinamiche pleonastiche.
MEMORABILE: Il cunilingus iniziale; "Ruotare a destra" con la squadra di ragazze; I riferimenti a Henry James e Steinbeck; L'ultima scena con la zia (divertente).
Half-Coen si accorpa alla moglie Tricia Cooke in fase di scrittura e montaggio: ci perde in cupezza filosofica, ma recupera lo spirito grindhouse degli esordi, tra Blood simple e Arizona junior. In più guadagna la marcia exploitativa del lesbo-buddy sdoganato senza reticenze: cunnilingus, dildi, locali da rimorchio, squadre di calcio femminile corazzato e proprio nessuna intenzione di chiudere in tragedia. Finalmente. Il carosello di stereotipi esorbita più dalle parti di John Waters che di Russ Meyer, ma in un'ora e venti di cafonissimi anni ‘90 non c'è nulla da prendere sul serio.
Classicamente coeniano, ha qualche guizzo ma non convince fino in fondo. Gli manca qualcosa, come se fosse una (buona) pietanza senza spezie o un film dei Coen senza uno dei Coen. Attori tutti in parte e diretti in maniera egregia. Storia tipicamente alla Coen, con criminali divertenti e non troppo svegli. C'è di mezzo una valigetta, ma dentro non ci sono soldi o droga e nemmeno qualcosa di misterioso: al contrario c'è la spiegazione del perché le protagoniste siano due lesbiche. Cameo di Matt Damon completamente fuori parte.
Con tono libertario e piccante, Ethan Coen mette insieme una specie di thriller on the road in salsa saffica, che vede le due protagoniste inseguite da loschi figuri alla ricerca di una misteriosa valigetta dal contenuto assai particolare. La narrazione funziona alla grande e restituisce in pieno lo spirito e l'energia dei '90 e, pur senza particolari guizzi di originalità, fa spesso sorridere e soprattutto rende accattivante la naturalezza dell'amicizia tra le due ragazze, con allusioni filmiche e citazioni intelligenti da cogliere al volo. Ottimo il cast e frizzante la OST.
Due ragazze si ritrovano a loro insaputa con una valigetta dal macabro contenuto. La sceneggiatura mescola i diritti saffici con una trama pulp. Coen non è Tarantino e nei dialoghi da duro risulta volgare e privo di humor. Meglio le scorribande delle ragazze, che invece si rifanno a una libertà sessuale degli anni Sessanta e mostrano una certa freschezza. Male l'ultima parte, tra cui la parentesi inutile con Damon, che vuol essere volutamente sciocca (politicamente) ma va oltre.
Una valigetta dal contenuto imbarazzante è al centro di una piccola caccia al tesoro; protagoniste due ragazze che, dopo esserne venute casualmente in possessso, si ritrovano nei guai... Con un fratello in meno e una moglie in più a dargli man forte, Ethan Coen sforna un lesbo-exploitation che omaggia gli anni 70 nel ritmo pimpante, la mancanza di inibizioni, la breve durata. I dialoghi non sono il massimo e gli inserti onirici risultano superflui, ma il divertimento c'è per cui l'annuncio che si tratta del primo capitolo di una triologia suona come una promessa e non una minaccia.
MEMORABILE: La coppia di sicari che, litigando continuamente tra di loro, ricordano quella dei rapitori di Fargo.
Ethan va avanti, e è già una gran bella notizia, se poi la direzione è questa ci sarà da divertirsi ancora un bel po'. La Qualley, che i panni della ragazza disinibita e pericolosa li aveva già indossati con Tarantino, è veramente perfetta per il ruolo. Gli espedienti narrativi sono quelli tipici del regista: l'immancabile valigetta stavolta però non conterrà soldi e neanche mutande sporche ma qualcosa di molto originale. L'idea delle protagoniste lesbiche si rivela azzeccata perché i cattivi (che mai brillano per intelligenza) appaiono ancora più grotteschi. Si ride.
L'esordio da solista di Ethan Coen regala una pellicola pulp e bizzarra che riprende certi stilemi tarantiniani con risultati altalenanti ma comunque particolari e abbastanza sfacciati. Una valigetta sottratta e il suo improbabile contenuto, due ragazze lesbiche e una coppia bislacca di killer. La breve durata mostra freschezza nonostante lo stiracchiato epilogo. Appropriate le interpreti femminili.
Divertente commedia in pieno stile Coen (questa volta c'è solo Ethan), che attraverso un road movie al femminile ambientato a cavallo del nuovo millennio ci porta nella vita scombussolata di due giovani ragazze, ancora inconsapevoli di ciò che le aspetta e di cosa ha in serbo il futuro per loro. La Qualley è il punto forte del film, ma anche i personaggi secondari sono scritti in modo perfetto e fanno da contorno comico ed esilarante a un contesto che tocca note noir e thriller, tra valigette, omicidi e colpi di pistola vari. Un'opera da non perdere assolutamente.
Lungometraggio diretto da Ethan Coen. Commedia nera esilarante, forse troppo. La storia rasenta il paradossale. Sesso e sangue sono i due ingredienti principali. A tratti irriverente. Il film ha l'intelligenza di non cadere mai nella banalità. Niente di eccezionale e di immemorabile, comunque. Margaret Qualley sopra le righe. Discreta la colonna sonora, apprezzabile la fotografia.
Per la prima volta da solo in cabina di regia, Ethan Coen scrive - assieme alla moglie - un film che propina allo spettatore un umorismo, a tratti sboccato, che vorrebbe divertire ma ci riesce solo parzialmente. Sentori, umori, situazioni e personaggi sono quelli tipici dei Coen, ma qui tutto pare un po' troppo programmatico, forzato. E così alla fine i momenti e le battute davvero divertenti si contano sulle dita di una mano, forse anche meno. Il risultato finale è una bazzecola stiracchiata ed esile come la sua durata, per fortuna contenuta: non si arriva nemmeno all’ora e mezza.
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