Note: Sotto lo pseudonimo Regan dovrebbe celarsi Sergio Garrone (Regan è un logogrifo del cognome, vale a dire un anagramma incompleto). Secondo fonti accreditate, però, la regìa (totale o parziale) sarebbe di Gianni Siragusa.
Solita boiata appartentente al genere "donne in prigione". Una donna si infiltra (ovvero si lascia arrestare) in un carcere femminile con il solo scopo di smascherare la direttrice che sospetta essere legata a un mafioso che le ha ucciso l'uomo. Ci sono come al solito: scene di lesbismo, detenute lecchine, guardiane sadiche (qui al solito si esagera) e le rivolte in massa. Puzza troppo di già visto.
Il solito carcere decadente pieno di donne che si concedono tra loro ogni due o tre minuti (non manca la direttrice sadica, ovviamente) è al centro di questo scapestrato e raffazzonato WIP, spesso anche mal recitato. Le vicende dei vari detenuti sono abbastanza scontate e anche quella della protagonista è prevedibile, nel suo finale. Non c'è sostanza, anche perché tutto è finalizzato a mostrare qualche blanda tortura (nulla di esplicito, si intenda) e tanta carnazza per rimpinguare con faciloneria il vuoto pneumatico della pellicola.
Tardo WIP girato back-to-back con Perverse oltre le sbarre, con cui condivide il cast di varie facce note; la location dovrebbe essere una sorta di Alcatraz in un castello medievale, con condizioni carcerarie degradate e torture d'altri tempi con tizzoni ardenti et similia, a creare una serie di curiosi paradossi e situazioni improbabili, intervallate da qualche scena softcore di pessima qualità. Sconnesso, con personaggi che appaiono e scompaiono senza troppe spiegazioni nello squallore generale, gode almeno di un discreto ritmo e di una ost nello stile dell'epoca; solo per cultori.
Delirante pellicola con la sola "virtù" di assicurare un involontario divertimento anche ai più stoici degli appassionati di film estremi. Meri espedienti per inscenare del sesso un po' squallido o di gratuita quanto compiaciuta violenza fanno da cornice a una vicenda di detenzione che, tenetevi forte, dagli Anni '80 negli esterni si trasforma per magia (follia...) in epoca nazi/fascista, con tanto di torture coi ferri caldi sul corpo. Difficile cavarci qualcosa di buono, se non solo nelle gradevoli musiche di tale Francis Taylor.
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Sergio Garrone di questo, come del precedente W.I.P. (girato l'anno precedente) Perverse oltre le sbarre, ha curato sceneggiatura e dialoghi. La regia, firmata da Garrone con lo pseudonimo Willy Regant (sulle locandine ortografato Willy S. Regan), è in realtà frutto di Gianni Siragusa.
(Enrico Lancia, Fabio Melelli; "Le straniere del nostro cinema", Gremese, 2005, pagina 161; Roberto Poppi, "Dizionario del cinema italiano", volume 5, tomo 2, Gremese, 2000, pagina 128)