Grande esempio di neorealismo romano, il film è una "favola" contemporanea che mette a confronto due mondi apparentemente inconciliabili, ma connessi da una problematicità di base: la borgata e i rigidi moralismi cattolici. Il racconto procede spedito, specchiandosi negli occhi "puri" dei protagonisti, nei quali si riflette tutta l'impossibilità esistenziale odierna e dove i cattivi e i buoni non sono categorie fisse e statiche. Plauso alla bravura spontanea di Simone Liberati.
MEMORABILE: Il "dagli all'untore" allo zingaro innocente...
Ennesimo racconto di borgata neorealista e contemporaneo. Ineccepibile da un punto di vista tecnico: non si può però fare a meno di pensare che De Paolis è sì bravino ma ha paura di sporcarsi le mani fino in fondo lasciando aperte molte questioni che invece meritavano migliore trattazione. Insomma, la pellicola sembra solo voler passare sopra ad alcune problematiche, tralasciando di approfondirle e facendo così posto alla solita retorica un tanto al chilo che in genere poco si sposa con questo genere. Buona la prestazione del cast.
Una travagliata storia d'amore ambientata nella periferia est della Capitale. Due mondi inconciliabili, una ragazzina oppressa da una madre e un ambiente rigidamente bigotto e cattolico, un ragazzo con lavori precari e una famiglia sotto sfratto. Risultato indubbiamente interessante con molte venature neorealiste e due interpreti sorprendenti per naturalezza. Finale troppo favolistico.
Più teso, empatico e stilisticamente consistente rispetto all'opera prima dei Fratelli D'Innocenzo, tesa pure a scandagliare la stessa "periferia" territoriale ed emotiva. De Paolis e i suoi sceneggiatori rivelano temperamento ma anche padronanza del mezzo Cinema nel pugnace tentativo di chiudere il cerchio attorno alle due corse, iniziale e finale, di Agnese e Stefano. L'autenticità espressiva della Caramazza e di Liberati emendano fisiologiche ingenuità, mentre la volontà di descrivere la contraddittoria realtà affettiva e sociale dona respiro al film.
MEMORABILE: La già citata corsa iniziale; L'infame visita ginecologica decisa dalla madre; La scena del rapporto sessuale tra i due ragazzi: intensa e delicata.
Tentativo riuscito di rappresentare un angolo di realtà contemporanea mettendo in contatto realtà sociali distanti attraverso una storia d'amore tra un ragazzo di borgata con lavoro precario e una ragazzina cresciuta in un ambiente rigidamente religioso oppressa da una madre bigotta. Ciò che li accomuna è la chiave del film: la sensibilità di fondo, l'incapacità di fare del male, lo smarrimento di fronte alle prove della vita. Una convincente opera prima.
Ha un'impronta fortemente neorealista l'interessante debutto del regista De Paolis. Una storia d'amore ambientata alla periferia di Roma (ma in fondo potrebbe svolgersi dovunque) che coinvolge due personaggi molto diversi tra loro e ben caratterizzati dalla sceneggiatura. La storia è in fondo minimale ma ben raccontata, con i personaggi delineati in chiaroscuro, a volte in modo volutamente ambiguo. Buona prova complessiva di tutto il cast, nel quale spicca la naturalezza di Simone Liberati.
Degno di attenzione soltanto il personaggio della madre della protagonista, di un bigottismo fuori tempo massimo; il resto invece è francamente poco interessante, a cominciare dai protagonisti (Liberati se la cava anche se non ha la faccia giusta per il ruolo del ragazzo "difficile", mentre Caramazza ha qui l'espressione perennemente imbambolata). Contestabile soprattutto la rappresentazione eccessivamente edulcorata dei disagi familiari e/o sociali, oltre a quella semplicistica (leggi ipocrita) inerente alla vita all'interno dell'oratorio. In sostanza, mediocre e poco incisivo.
La storia e la sua ambientazione sono ampiamente prevedibili, ma quello che offre di caratteristico il film è il modo con cui De Paolis segue lo sviluppo del rapporto tra Agnese e Stefano, ponendo la mdp al loro servizio e dando modo di sottolineare ciò che si nasconde dietro le loro incertezze. Gli altri personaggi scivolano in secondo piano, anche perché soggetti a forzature narrative (il prete "simpatico" anche troppo) ed episodi tutto sommato inutili (ad esempio quando è in scena Pesce). Liberati e Caramazza sono i veri poli attrattori, a volte ridondanti ma comunque spontanei.
MEMORABILE: "Dio funziona come un navigatore, ricalcola la posizione e ti porta comunque a casa".
Bell'esordio registico di De Paolis che racconta una storia realistica senza eccessi e con una buon progressione narrativa quasi sempre credibile e con poche ingenuità nella sceneggiatura. Anche il contesto è ben descritto, così come personaggi, sia quelli principali che quelli minori, che sono ben tratteggiati, con attenzione. Molto interessante che non ci cerchi di renderli simpatici né si voglia captare l'empatia dello spettatore nei lori confronti. Tutt'altro. Nel cast meglio Liberati che la Caramazza.
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Film veramente notevole: bravissimi i due protagonisti, disagio sociale, storie di periferia ma veramente ben fatto. Poco credibile Fresi come prete ossessivo.
DiscussioneRaremirko • 6/04/21 22:32 Call center Davinotti - 3863 interventi
Notevole esordio registico con un buonissimo film di forte impatto sociale, tratto e/o ispirato a fatti veri.
Ottimi interpreti (c'è pure il Pesce di Dogman e la Bobulova è sempre una garanzia; Fresi fa un simpatico prete) e più di una volta c'è (l'ottima) sensazione di trovarsi veramente lì, o che la macchina da presa sia semplicemente puntata, in modo invisibile, su fatti e persone vere.