Un'ora di durata per questa storia horror di serie Z; sottoprodotto di certo cinema anni '70, in bilico tra spunti "alti" (la morbosità generale e la corruzione del nucleo familiare alla Pete Walker) e "bassi" (il grand-guignol da 4 soldi e l'approssimazione alla Andy Milligan), il film sembra volutamente destinato alle sale grindhouse e ai drive-in della provincia americana. Se visto in quest'ottica, è pure godibile; il fintissimo sangue denso e vermiglio, lo humour grottesco e i protagonisti fanno esclamare quel "bleah!" di divertito disgusto.
Piccola perla dell'horror indie anni '70, che trasuda sudiciume grind da ogni inquadratura. Tecnicamente indifendibile, dallo script che riempirebbe a malapena una cartolina al montaggio terribile, passando per gli effetti ovviamente cheap. Eppure il senso di sporcizia che emanano la storia malata, le musiche grezze, il sangue rosso vernice e l'ironia straniante (la gag in stile Batman di Adam West con Ethel che non riesce a disfarsi dei cadaveri, Ethel in posa da diva come la Swanson in Viale del tramonto) ha un suo fascino. L'enorme Priscilla Alden vale da sola la visione del film.
MEMORABILE: Le coltellate al pugno chiuso della nonna per recuperare le chiavi dell'armadietto dei cibi; Duplice delitto con mannaia a letto; Svolta antropofaga.
Film che si prende poco sul serio con ettolitri di vernice sparsi a voler essere sangue e scene di mannaiate ripetute. Un ottimo esempio di grindhouse assolutamente godibile per chi cerca svago nel "genere" più viscerale. Il film scorre zeppo di personaggi e situazioni già viste e riviste e che millanta altri film ci riproporranno ma che,a quanto pare, non stancano mai.
Nel piccolo horror di Nick Millard si sceglie di dare forma alla repressione manicomiale, in un disordine sanguinolento fra il grand guignol e il genio. “Criminally Insane” si presenta così, senza digressioni e sottotrame, con una regia primitiva e uno sguardo all’estremo magicamente sprovveduto. Prefinale in delirio onirico e occhi puntati su di lei: Priscilla Alden, prima ancora che attrice si fa figura omnia ed icona; una vera performer della sua stessa (anti)estetica.
Minima spesa, massima resa. Doveva saperlo molto bene anche Nick Millard, che con questo esperimento underground partorisce un B-movie in cui sangue e squilibri esondano a più non posso. Ma la parentesi psichica si esaurisce sul nascere, lasciando spazio all'estetica horror-trash con inaspettati picchi onirici di poetica ingenuità. Amato nonostante i suoi limiti oggettivi, è posseduto dall’interpretazione della Alden, villain tanto dissociata quanto tenace. Un cult.
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