Carne - Film (1968)

Folle melò psycotronico argentino tra Matarazzo e Russ Meyer, con influenze cromatiche da pinku-eiga giapponese. Delirante, politicamente scorrettissimo, innovativo nella realizzazione visiva, è da considerarsi un capostipite degli Almodovar e dei John Waters che verranno. Isabel Sarli nel ruolo della vita, un pezzo di carne alla mercé di esseri che, più che umani, appaiono come belve affamate di sangue. Ricco di comicità involontaria ma non privo di fascino, è un cult da riscoprire per gli amanti di un cinema più folle e meno "corretto".

Nella cartina del camp-trash-kitsch-cinemabistrisquadris-lovely piece of gnamgnam crapcrap, fa capoluogo argentino questo fotoromanzo softcore delineante crassi didascalismi e letterali parallelismi wanna be socio-ideologici et intellettual-Autoriali, tra donna-oggetto e carne da macello, tra libido e consumo serializzato e imposto: basti la procace Sarli oggetto di stupro segregato in un camion frigorifero da operai di un mattatoio a fare antifona a sé. Fanfarato da ridondante score pre-almodovariano, vale giusto come curiosità per valutare dove germinava certo Cavallone. Di altro non c’è.

Exploitation di fabbricazione argentina dalla fattura scalcagnata ma golosa. Un miscuglio di erotismo (blando) e melodrammatica scriteriatezza animale. Non a torto è stato definito un "capolavoro del kitch"; crudo, grezzo, violento, qua e là involontariamente comico e con pretese allegoriche destinate a lasciare il tempo che trovano. Prevale un'aura trash irresistibile che ne fa un oggetto curioso, tanto da strameritare la visione.