Pim e Ploy ovvero due gemelle siamesi, unite carnalmente nel torace, trovano motivo di discordia quando s'innamorano di Vee. Sono passati gli anni, Ploy è morta durante l'operazione per separare i corpi delle ragazze e Pim inizia ad avere inquietanti visioni della sorella defunta. Non è certo originale, questo Alone, ma se si riesce a superare la prima mezz'ora il film cattura l'attenzione e crea qualche spavento. I due registi (già responsabili del gradevole Shutter) fanno ricorso, con cognizione di causa, al classico armamentario (suoni, sospiri, apparizioni subliminali e spettrali). Eremita.
Dal precedente Shutter a questo è come passare dal Chianti al Tavernello. Fiacco all'inizio e poi ripetitivo all'estremo (non è altro che una serie di visioni della sorella in mille salse), offre una recitazione appena sufficiente e un uso indegno del sonoro, talmente presente che distrugge ogni abbozzo di tensione. Anche quando potrebbe colpire (ad esempio nella vasca) lo fa in maniera telefonata e annacquata dentro troppe apparizioni. Evitabile dopo i titoli di testa.
La vicenda di due sorelle siamesi legate ambedue ad un ragazzo porterà ad uno sviluppo narrativo non privo di sorprese. La tensione è abbastanza comune con situazioni canoniche ed effetti tradizionali, tuttavia le rivelazioni finali giustificano la visione.
Un altro "horror minimale" per i registi di Shutter: storia da repertorio con antefatto tragico (le gemelle omozigote), algore scenografico, personaggi alienati, fotografia tetra e raffinata, tempistica da meditazione zen. Di norma la paura generata da qualche buona sequenza (qui l'aspetto della sorella morta suscita certa apprensione...) viene disinnescata da un apparato mélo troppo sovraccarico e patetico. Gli ultimi trenta minuti di esagitata isteria pirotecnica fanno rimpiangere il tempo sprecato nello sforzo di stare al gioco dei cliché. Ridondante.
Gemella siamese sopravvissuta ad una separazione non consensuale, costretta a tornare nella casa natia a seguito di colpo materno, viene perseguitata dal fantasma della disgiunta... Una certa eleganza formale c'è, ma pure un uso assai banale del sonoro a scopo tensiolitico e un campionario di routine delle apparizione spettrali. Il colpo di scena a 3/4 della vicenda sparge un poco di pepe su un andamento altrimenti piatto, ma non basta ad insaporire la pietanza scipita. Molto meno interessante di Shutter che poteva contare sulla bella idea della "pesantezza" non solo psicologica del passato.
MEMORABILE: I nomi dei personaggi dei film thailandesi sono sempre graziosamente onomatopeici: Pim, Ploy, Vee
Film che si lascia vedere, ma che presenta anche molti aspetti negativi. Se, infatti, la componente horror funziona, nonostante la sua evidente ridondanza, il lato melodrammatico della pellicola risulta esagerato a tal punto da suscitare qualche risata. Il finale, inoltre, non riesce a conferire maggiore credibilità alla pellicola, pur essendo studiato per tale fine. Discreto.
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Classico e inevitabile: ormai è il tratto distintivo di ogni horror coreano, thailandese o nipponico.
La scena in ascensore, con il suo ospite "spettrale", è ormai un cliché di ogni film orientale.
E' presente anche in Alone, e a suo modo in maniera originale e spaventosa.