Traendo spunto da una storia presumibilmente vera, si è creata un'opera che spiega in modo molto esauriente riti e tradizioni dell'Africa nera, focalizzandosi sui feticci, sui loro involucri, sul ruolo dei fetisher, sulle danze, sull'importanza fondamentale del sangue quale strumento di comunicazione con la divinità invocata e sullo stato di trance che fa sopportare ma anche causare le pene più infernali. Le vicissitudini e il segreto di Maloudi ci dicono che chi come lei si evolve certe catene non potrà mai spezzarle.
MEMORABILE: Il rito della Signora del Mare, quello del Cocou e il secondo segreto di Maloudi su tutti.
Buon mix tra fiction e mondo-movie. Tramite la sottostoria dell'amicizia tra due colleghe (una bianca e l'altra nera), il film riesce a connettere varie sequenze di vita tribale africana e raccontare riti, tradizioni e religioni locali; dopo un inizio un po' in sordina, il film comincia a inanellare atrocità varie ai danni di umani e animali, a tratti disturbanti, ma comunque accompagnate senza troppo compiacimento dalla voce fuori campo. Qualche nozione interessante in un film che fotografa un'Africa a cavallo tra civiltà e primitivismo.
MEMORABILE: La cerimonia coi tagli auto-inflitti; Il cuore del cane.
Un mondo-movie africano insolito, in quanto la classica carrellata di rituali con falli di legno, maleodoranti capanne di sterco e animaletti sgozzati sono inseriti nel contesto di una sorta di sceneggiato che parla di amicizia tra due colleghe (c’è anche del saffico, tanto per non farsi mancare niente). Parte aggiunta che purtroppo toglie un po’ di spazio alle efferatezze tanto ricercate (che non mancano, sia chiaro) e che alla lunga tediano. La pellicola in particolar modo parla dei riti - dolorosi, ovviamente - dei "feticisti".
L'io narrante dentro il documentario dimostra la tesi dell'attaccamento alle radici culturali e al contempo l'integrazione-contronto dell'occidentale in Africa. L'espediente da una parte sottolinea il passaggio alla "cristianizzazione" delle culture primitive, dall'altra separa il diario-fiction dall'insieme, altalenando i due livelli instabilmente. I loop ripetitivi dei rituali penalizzano e allungano il metraggio pur non compromettendone il significato nell'accostare Occidente e Africa, tanto vicini e tanto lontani nella loro essenza ancestrale.
MEMORABILE: L'importanza dei feticci; L'auto scarificazione esorcistica; I divieti e le punizioni annesse alla conservazione della verginità.
Il vero elemento convincente dell'opera di Gervasi è il vitalismo e il tentativo di avvicinamento con il divino che emergono prepotentemente nelle scene tribali, anche se questi momenti sono troppo prolungati a scapito della cornice narrativa, inserita per cercare di non creare un documentario tout court o forse per riutilizzare materiale girato in precedenza. Nonostante in alcuni frangenti il film risulti fiacco, riesce talvolta a emozionare, senza voler a tutti i costi scadere nel sensazionalistico tipico di altri "mondo" di quel periodo.
Due amiche cercano il senso della loro esistenza esplorando luoghi ricchi di folclore nell'Africa nera. Incontreranno tribù dedite a riti animisti che le coinvolgeranno in un viaggio spirituale senza ritorno. Non è il solito mondo movie strampalato ricco di volgarità gratuite quanto piuttosto un'opera dal discreto valore etnografico. Ovviamente non mancano scene di rara crudezza come quelle dei féticheur (gli stregoni) che massacrano il loro corpo con lame affilatissime. Molta attenzione viene data anche alle danze delle ragazze più prosperose.
Inforcata la scappatoia del ciurmatorio reportage antenato dell'emmanuellite che verrà e folgorato sulla damascata via castiglionese, Gervasi offre i suoi due cent all'Africa-movie che fa di ogni exploitativo nonostante un perché-sì:piglia-e-porta a-casa: gran ballonzolar di seni, tam-tam a rotta di polso, canti danze cerimonie propiziatorie e un seguitar di sciamaniche automutilazioni e animali sgozzati e sventrati in nome della superstizione, tutto appannaggio dell'esotista da bar sport. Il chissene esplode imperioso e l'atarassia del commento è superata dalla crescita della barba.
Una ragazza bianca e una nera si avventurano, con esiti funesti, nel cuore dell'Africa tribale per scongiurare una maledizione rituale che grava sulla vita di quest'ultima. Pur non distanziandosi dai consueti stilemi dei documentari etnografici a tinte sensazionalistiche tipici di quegli anni, comprese le reiterate e disturbanti scene di violenza sugli animali, completamente estromesse dalla purgatissima versione rubricata televisiva, è curiosamente incorniciato da una trama narrativa svolta sul filo del ricordo da una delle protagoniste e che ne rende la visione più sopportabile.
MEMORABILE: Il rito a cui si deve sottoporre la ragazza nera per liberare il suo villaggio dalla maledizione.
Razzismo mitigato da un commento moraleggiante e immagini che (ovviamente) insistono soprattutto sulle poppe al vento delle indigene. Sembra incredibile, ma a metà anni Settanta c'era ancora spazio per questo esotismo infarcito di insopportabili luoghi comuni. L'unico interesse consiste nel notare come il commento leghi tra loro immagini presumibilmente girate in totale indipendenza l'una dall'altra. Tremendo.
Mondo-movie che, decenni dopo la faccetta nera abissina, fa ancora leva sulla pruriginosa rappresentazione del selvaggio che salta e balla seminudo davanti al muzungu seduto in poltrona. Un docu-finto che pretenderebbe di descrivere il vano tentativo di una giovane Africa di affrancarsi dalle sue tradizioni primitive, ma lo fa con un diario confuso e disgregato, un pasticcio con voce narrante che salta schizofrenico di palo in frasca. L’unico aspetto gestito in maniera scientifica è il tenere accuratamente vestite le vecchie per far spogliare e dimenare solo le adolescenti.
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DiscussioneZender • 1/11/16 18:13 Capo scrivano - 48839 interventi
Anthonyvm ebbe a dire: Lorenz1990 ebbe a dire: La versione trasmessa da Rete4 risulta essere ultracut, di appena 73 minuti. Master di buonissima qualità.
Schramm ebbe a dire: Anthonyvm ebbe a dire: Lorenz1990 ebbe a dire: La versione trasmessa da Rete4 risulta essere ultracut, di appena 73 minuti. Master di buonissima qualità.
Lorenz1990 ebbe a dire: Schramm ebbe a dire: Anthonyvm ebbe a dire: Lorenz1990 ebbe a dire: La versione trasmessa da Rete4 risulta essere ultracut, di appena 73 minuti. Master di buonissima qualità.
'nnaggia, c'era da aspettarselo.
...la vs integrale dovrebbe invece durare?!
La versione integrale V.M.18 dura 84 minuti.
e cotale versione è accalappiabile in qualche modo?
Uscito in bluray in edizione limitata mediabook per le label Mr Banker / Cargo Records il 12 novembre scorso. Audio tedesco (ma alcuni siti includono anche la traccia italiana, cosa da verificare), durata 88'31"