Intervista al produttore Giuseppe Colombo

11 Gennaio 2013

Ho avuto la fortuna di conoscere il produttore Giuseppe Colombo grazie a Gabriella Giorgelli. Una sera a Roma, mentre cenavo con loro, Giuseppe mi parlò della sua carriera artistica e da produttore davvero interessante. E' un vero Signore, simpatico e gran professionista. Gli parlai del Davinotti e gli proposi un'intervista. Accettò immediatamente. Grazie Giuseppe!

Giuseppe, parlami un po' dei tuoi inizi.
Tutto ebbe inizio nel 1972: ero giornalista d'informazione per il Corriere della Sera, quindi nel 1974 organizzatore della manifestazione "Mare e moda Oscar Italia", svoltasi a Capri con la partecipazione di Gigi Proietti, Renzo Arbore, Mauro Bolognini, Leonida Repaci, Ugo Attardi, Goffredo Petrassi, Andrea Ferreol, Sergio e Bruno Corbucci. Nel 1976 distribuii per l'Italia il film Le fantastiche avventure del deserto della giungla, diretto da Jerzy Kavalerowitz. Altri film che ho distribuito sono L'enigma di Kasper Hauser diretto da Werner Herzog (palma d’oro a Cannes), 10 minuti a mezzanotte diretto da J. Lee Thompson con Charles Bronson, Changeling diretto da Peter Medak con George C. Scott, Fuga senza scampo con Sylvester Stallone, Hi, mom e Ciao, America diretti da Brian de Palma con Robert de Niro, Dr. Heckyl and Mr. Hype diretto da Charles B. Griffith. con Oliver Reed, Maria’s lovers diretto da Andrej Konchalowski con Nastassja Kinski.

So che hai preso parte come attore ad alcuni film, come
Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda e tutta calda.
Sì certo, facevo l'amante di Edwige Fenech; un piccolo ruolo però. Ricordo che nella scena erotica uscirono tutti; rimasero lì solo l'operatore e il regista. Successivamente, nella scena, sorpresi da Pippo Franco, lo colpivo e insieme lo infilivamo nella cassapanca. Giravamo a Terracina...

Poi partecipasti a Cartesio, di Rossellini
Sì, interpretavo Theophile du Viau, che accusa la chiesa, viene considerato eretico e di conseguenza bruciato vivo. Al primo ciak, girato in presa diretta in francese, assieme a Rossellini assisteva alle riprese Ingrid Bergman. Era un film girato per la tv (la Rai). In Francia il regista mi fece i complimenti per l'ironia. Ho fatto anche il commissario di Porta orientale: il mio era il personaggio della colonna infame diretto da Nelo Risi...

Hai anche recitato accanto ai miei due miti Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel mio cult personale Farfallon. Interpretavi il detenuto "Spartaco", compagno di cella di Franco e Ciccio.

Fantastico Giacomo, ti ricordi proprio tutto (ride). Farfallon, sì... era un piccolo ruolo. Sul set si respirava un'aria pesante perché era da poco che Franchi e Ingrassia erano tornati a recitare insieme. I rapporti tra i due erano formali e professionali, mediati da Riccardo Pazzaglia con grande sagacia. Pazzaglia era un regista intelligente, e da buon napoletano anche molto ironico. Dopo il film Franco e Ciccio non li ho più rivisti, purtroppo.

Cos'altro hai fatto?
Tra il 1980/1982 sono stato dirigente della Euro American International Film. Dal 1982 fino al 1985 capo della distribuzione e direttore commerciale della Cannon Italia. Dal 1986 fino al 1991 amministratore unico della International Cinema Company (ICC) e dal 2000 presidente della giuria al Fantafestival. Ho prodotto 12 documentari per Rai Geo & Geo e “Passaggio a nord-ovest” edizione italiana. Poi la serie di animazione Potlach (erano 26 episodi, l'edizione italiana fu realizzata per la Rai con Bivision). Nel 1991 ho prodotto il telefilm Il placido Don dall’omonimo romanzo di Sholokov (premio Nobel per la letteratura) diretto dal premio Oscar Sergei Bondarcuk con Rupert Everett, Murray Abraham, Ben Gazzara... dodici ore per la televisione mondiale. Girato in Russia. Gengis Khan l'ho prodotto nel 1992. Era diretto da Ken Annakin. Con Richard Tyson, John Saxon, Pat Morita, Charlton Heston: sei ore per la televisione. Girato in Russia e in Cina. Nel 2007 ho realizzato l'opera "Dario Argento", autore Luca Lardieri, Sovera editore, capitolo intervista “produrre Dario Argento”. Dal 2003-2004  sono membro dell’accademia del cinema italiano che designa l’Oscar per il miglior film straniero e componente della giuria David di Donatello. Nel 2006 presidente della giuria movie film festival. 2005/2006 ho prodotto eleonora d’arborea diretto da Claver Salizzato, liberamente tratto dall’omonimo romanzo di Camillo Bellieni. Nel 2010 La shoa tra film e realtà, documentario.

Come partì il progetto del film La Sindrome di Stendhal?

E' il film che mi ha dato maggiore soddisfazione: grandi incassi in Italia e all'estero. Nasce da un incontro con Franco Ferrini; io stavo producendo A che punto è la notte, dal romanzo di Fruttero e Lucentini, con Mastroianni. Venne da me Franco e mi disse che da due anni Dario cercava di  girare questo suo progetto; aveva perso molto tempo con promesse di attori americani attraverso un produttore vicino alla Medusa; il fatto curioso è che un giorno in piscina lessi sulla Repubblica un articolo in cui, in un'intervista, Dario parlava delle enormi difficoltà nel riuscire a chiudere il progetto (fermo al momento). Pensai che mi sarebbe piaciuto produrlo. Avevo conosciuto Dario agli stabilimenti De Paolis quando dirigevo la Cannon (un fugace incontro circa le notizie sui diritti di Profondo rosso per Israele). Ferrini combinò l'incontro nei miei uffici e si stabilì subito un feeling con Dario, che se non ricordo male venne anche sul set di Nanni Loy; mi raccontò le vicissitudini della Sindrome... Era molto scoraggiato, anche per le difficili trattative con gli Usa; decidemmo allora di ambientare il film in Italia a Firenze, nella prestigiosa galleria degli Uffizi. Ottenemmo i permessi grazie alla grande collaborazione dell'allora sindaco di Firenze; nessuna troupe cinematografica era mai entrata per un lungometraggio. Raggiunsi poi un accordo sui diritti per il saggio psichiatrico della prof. Graziella Magherini da cui trarre il soggetto. Successivamente Dario e Ferrini elaborarono una sceneggiatura di taglio americano che mi piacque molto; la Medusa accettò con grande piacere di partecipare alla produzione. Coinvolsi nella futura produzione con l'aiuto di Dario il grande Morricone (che lesse lo script aderendo subito) e il premio Oscar per la fotografia Rotunno. Le settimane di riprese a Firenze erano all'insegna della voglia di fare e si sviluppavano le notevoli intuizioni del racconto. Naturalmente i problemi sorgevano quotidianamente, ma venivano risolti con facilità alla luce della grande voglia di portare a termine l'impresa.

Da chi nacque l'idea del film La maschera di cera e in che modo sei entrato nella produzione di questo film? 

L'idea del film nacque per realizzare una trilogia da Gaston Leroux. Il debutto di Stivaletti parte da me con il coinvolgimento di Dario Argento per la supervisione alla regia. Inizialmente Dario mi aveva proposto di affidare la regia a Lucio Fulci e io ne ero felicissimo: per una serie di circostanze non avevamo potuto lavorare assieme in passato. Ad esempio gli avevo proposto di dirigere un film tratto da Lovecraft con James Coburn, ma aveva un contratto minore e non poté aderire, con suo grande dispiacere. Questa pareva essere la volta buona; quando lo incontrai era su una sedia a rotelle e mi disse che la cosa era dovuto a un incidente.

Fino a che punto Fulci collaborò al progetto?
Purtroppo Lucio morì improvvisamente, mentre mangiava una tavoletta di cioccolato; così mio malgrado pensai a Stivaletti, i cui rapporti inizialmente idiilliaci con Dario divennero successivamente conflittuali: ogni giorno ognuno montava il girato per proprio conto, con mancata comunicazione e dialogo tra i due. 
Fulci mi era grato perché difendevo le sue idee di sceneggiatura, comunque negli incontri al mio ufficio assistevo sempre a uno scambio vicendevole di sana rivalità costruttiva; è indubbio che il mio suggerimento di aggiungere Stroppa quale terzo sceneggiatore diede maggiore equilibrio ai rapporti tra Lucio e Dario.
Dario passò da un grande entusiasmo iniziale a un succesivo estraniamento a causa delle divergenze con Stivaletti, per poi avocarsi successivamente meriti produttivi inesistenti. Del film sono soddisfatto, soprattutto per aver coinvolto Robert Hossein, un grande attore e amico che collaborò molto rendendomi partecipe dei problemi di lavorazione da sbrigare in fretta per via dei successivi lavori teatrali con Isabelle Adjani (a causa dei quali non sarebbe potuto ritornare). Inoltre il film è diventato un cult movie. Quando Fulci morì improvvisamente chiesi alla figlia che lavorava agli effetti speciali di prenotare la Chiesa degli artisti in Piazza del Popolo a Roma, del resto me ne occupai io. Il giorno della cerimonia mi recai anticipatamente sul posto e la chiesa era chiusa. C'erano molte corone depositate appoggiate al portale; chiesi informazioni e il parroco mi disse che dopo circa due ore si sarebbe celebrato un matrimonio. Risolvetti come in un film spiegando al prete che ormai si doveva celebrare la funzione. Aderì ai miei buoni uffici... e così credo che di lassù Lucio ancora rida perchè mentre usciva la bara entravano contemporaneamente gli sposi: meglio di un commedia all'italiana!

Dario Argento ha sempre detto di essere legato alla vecchia versione del film "Il fantasma dell'opera". Aveva quindi voluto fortemente lui il progetto? A che punto del progetto venne contattato o si interessò del film?

Il progetto ci fu proposto dalla Medusa da Carlo Bernasconi. In realtà noi avevamo proposto il remake di Le rififì, ma da una ricerca di mercato effettuata dalla casa di distribuzione Il fantasma dell'opera risultava un sicuro successo commerciale. Io proposi per il ruolo di protagonista femminile Julie Delpy. Inoltre, avendo io fatto un accordo per la sceneggiatura con Gerard Brach, uno dei più grandi sceneggiatori al mondo, con grande gioia ed encomi da parte di Dario nei miei confronti, ebbi una intuizione perchè in quel momento era disponibile Anthony Hopkins; purtroppo la Medusa era contraria a una partecipazione che avrebbe comportato un così grande esborso, pertanto per vari motivi mi fu sollecitato per i tempi di chiudere con Julian Sands (sempre in ballo come alternativa) e naturalmente con Asia Argento, subito pronta. Sinceramente credo che Dario non ebbe grande soddisfazione per il fatto che Julian non voleva modificare il suo aspetto come mostro. Gli aneddoti sul film sono tanti... Ad esempio il fatto di girare a Budapest nello stesso teatro costruito da Garnier, lo stesso architetto dell'Opera di Parigi: era un teatro simile ma più piccolo, ove di giorno c'erano le riprese e la sera la rappresentazione operistica. Altro fatto interessante fu che girammo vicino a Salerno nell'antro del mostro a 90 metri di profondità, nelle grotte. In agosto gran parte della troupe si ammalò di raffreddore!

Hai interpretato e prodotto il film Bersaglio altezza uomo di Guido Zurli accanto a Luc Merenda.

Fu il mio primo film come produttore: Gabriella Giorgelli mi presentò Guido Zurli durante una cena ai Parioli: mi parlava dei suoi trascorsi con bmovie girati in Indonesia e Turchia; sinceramente non erano grandi opere, comunque mi sembrò un personaggio curioso per questo suo spirito di uscire dal suolo italico. I problemi erano notevoli perché i precedenti film di Guido non avevano ottenuto una grande visibilità, ma il mio spirito avventuroso e la voglia di produrre (avevo distribuito precedentemente dei film americani) mi spinsero a tentare l'impresa; in realtà Guido voleva realizzare un film che in gergo si chiama „alimentare“, con attori di basso profilio; io pensai subito a Luc Merenda, che il quel momento era una star dei film d'azione. Luc era un signore ricco di famiglia, sposato con una giornalista italiana; il rapporto fu continuo e difficile (in realtà voleva con intelligenza trasformare le sue scene tutte in azione continua, essendo lui un campione di savate). Raggiungemmo con molte chiacchierate l'inserimento di uno sceneggiatore, Ettore Sanzò, che partì per la Turchia ambientando le scene nei suk, nella moschea blu, nel topkapi eccetera... 
Il progetto cresceva, e grazie all'aiuto dell'agente di Luc (De Santis, un caro amico) finalmente accettai alla condizione di essere sempre presente sul set. Avevo scelto come antagonista John Steiner, il quale putroppo si ammalò gravemente e non poté partire. Lo sceneggiatore allora mi propose, per i miei trascorsi e il poco tempo a disposizione per cercare un sostituto, di interpretare il ruolo; divenni pertanto Joe Pidgeon (il mio nome d'arte) e, curiosamente, morivo nel film il giorno del mio compleanno. Gabriele Ferzetti, che avevo individuato, fuggì dal set perché aveva firmato sia con me che con un film americano in lavorazione. Zurli, da me incontrato successivamente, ha sempre considerato questo film il suo fiore all'occhiello e mi è sempre stato riconoscente nel tempo. In Turchia scoprii anche attori ottimi, tra cui spiccava un coprotagonista, Kadir Inanir (un Omar Sharif giovane e bravo). Rammento tuttora la grande festa organizzata il giorno del mio compleanno dal partner turco, con tutti gli attori, la troupe, fuochi d'artificio, danze del ventre e non so quante portate di cibo... Insomma, un bellissimo ricordo indelebile nel tempo. Fatto curioso: ogni tanto incontro qualcuno (bontà loro) che mi rammenta le gesta del vilain, cioe' io!

Che ricordi hai della miniserie che hai prodotto nel 1992, A che punto è la notte? Era l'ultima opera di Nanni Loy. E come è stata l'esperienza con Mastroianni?
Avevo prodotto Il volo, scritto da Tonino Guerra e diretto da Theo Anghelopoulos nel 1988; mi avevano proposto Gian Maria Volonté, ma io insistetti per Marcello Mastroianni, persona meravigliosa (il migliore che abbia conosciuto nel mondo del cinema, ad ora). L'avvocatessa aveva paura all'epoca che Marcello si perdesse nelle montagne greche e cercò di proporre la produzione di Aurelio de Laurentiis. Marcello si impose dicendo che il film l'avrebbe fatto con me o nulla; così ho conosciuto Marcello un grande (parola oggi abusata ma in questo caso appropriata). 
Quando gli proposi il romanzo di Fruttero e Lucentini fu interessato dalla continuità  con La donna della domenica, per il personaggio del commissario Santamaria (film che mi piace tutt'oggi). Una celebre battuta fu che gli offrivo meno del compenso della sig.ra Parietti; in realta non era così: il suo nome mi ha permesso di chiudere con la Rai grazie all'acume del direttore di allora di Rai 2 Sodano e altre 7 televisioni europee (Francia, Inghilterra, Germania, Olanda, Austria, Spagna e Svezia). Nella sua grandezza Marcello era una persona semplice, ironica, piena di umanità e di gran classe. II più grande complimento me lo ricordo ancora: mi disse che mi avrebbe voluto conoscere prima, quando con Levine, un grande regista americano suo estimatore, avremmo potuto concludere assieme molti progetti internazionali.
Nanni Loy era una persona particolare: grande direttore di attori, molto sintetico negli approcci. Un incontro non facile per via delle mie proposte artistiche: incredibile ma vero mi sono battuto per Max Von Sydow ma lui voleva Claude Rich (bravo ma inferiore all'attore bergmaniamo). L'ultimo lavoro di Nanni è stato questo. Comunque fu un rapporto difficile ma leale: ci siamo sempre confrontati con chiarezza. I contrasti erano molti però: quando l'ingegner Romiti mi fece sapere che il suo sogno era conoscere un grande romano, Mastroianni, quest'ultimo non vollle andare da solo a cena. Nanni lo accompagnò, nonostante le sue idee politiche non fossero condivise dal capo della Fiat... In quel periodo giravamo dentro lo stabilimento della società torinese, al Lingotto; credo sia stato giusto aderire all'invito. Alla fine della mini serie, premiata a tutti i festival internazionali, Nanni diede una grande cena nella sua casa di Piazza di Spagna e fu l'ultima volta che ci vedemmo.

Quali altri film hai prodotto?
Nel 1986 ho prodotto Wild team, girato a Santo Domingo, con Werner Pochat, distribuito dalla c.i.d.i.f. Poi Moving target del 1989 con Linda Blair, Ernest Borgnine. girato in Usa, distribuzione c.i.d.i.f. Nel 1998 Un mostro di nome Lila scritto e diretto da Enrico Bernard, dalla commedia omonima, girato in svizzera. Per Tinto Brass ho prodotto Corti circuiti erotici: erano 12 film diretti da diversi registi, girato a Roma e Parigi, distribuzione 20th century Fox/Eagle pictures. e nel 2000-2001 Senso ‘45 ,scritto e diretto da Tinto Brass, liberamente tratto dalla novella di Camillo Boito, con Anna Galiena e Gabriel Garko, musiche di Ennio Morricone, girato a Roma, Venezia e Asolo, premio David di Donatello per i costumi, distribuzione Eagle pictures.

E adesso cosa stai preparando?
Dal 2011 sono produttore esecutivo per produzione Autostrade per l’italia «lavorare in sicurezza, non c’è alternativa». E attualmente faccio distribuzione per il film scritto e diretto da Sabrina de Gregorio Finding Joseph Tusiani,

Grazie Giuseppe per questa intervista!
Grazie a te Giacomo, specialmente per la tua simpatia, e un saluto a tutti gli amici del Davinotti.

INTERVISTA INSERITA DAL BENEMERITO GEPPO (GIACOMO DI NICOLO') 

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commenti (6)

RISULTATI: DI 6
    Powerglide

    11 Gennaio 2013 14:31

    Intervista interessante, complimenti GEPPO.
    Caesars

    11 Gennaio 2013 16:30

    Complimenti Geppo, intervista molto interessante.
    Zender

    11 Gennaio 2013 18:58

    Buono, magari a Geppo scrivigliele in disc. gen. della Polizia brancola nel buio, queste cose, inutile aprire dibattiti qui. Poi lo chiami, lui risponde sempre.
    B. Legnani

    11 Gennaio 2013 22:41

    Molto ok!
    B. Legnani

    11 Gennaio 2013 22:44

    [quote=Zender]Buono, magari a Geppo scrivigliele in disc. gen. della Polizia brancola nel buio, queste cose, inutile aprire dibattiti qui. Poi lo chiami, lui risponde sempre.

    Fatto. Puoi eliminare questo mio post e il tuo.
    Markus

    12 Gennaio 2013 10:46

    Ottimo lavoro Geppo. Sentiti rallegramenti.