Infascelli allo stato puro, filtrato senza aditivi (già
Almost Blue con il suo finale metacinematografico spiccava in zona surrealistica jodorowskiana,
Il siero delle Vanità messo più a freno dalla produzione,
Nel nome del male con quell'intro macabro animato cantato da Caterina Caselli), che rimastica il (de)genere , per poi risputarlo, rimodellarlo, farlo "suo", nel bene e nel male.
Sovraimpressioni, fuori fuoco, spizzichi dalla video arte, sperimentalismi , frenesia di immagini, musica, suoni, narrato spezzettato, estetica da videoclip
Un intelaiatura sullo stile delle
5 bambole per la luna d'agosto, risputato alla maniera di Godard e al Bergman dell'
Ora del lupo, con innesti che manco Carmelo Bene
5 ragazze su un'isola, una matta da legare, esplode la follia femminea, si trasforma in uno slasher uterino con schegge horror notevoli (l'estrazione cronenberghiana del dente "gemellare" dalla spalla davanti allo specchio, il bacio lesbo cannibalico, l'onirico compleanno di Olivia piccina, che ricorda quello di
The Descent e la madre che si apre le vene in bagno, la pioggia di sangue dopo il bacio lesbo incestuoso, la sequenza del mal di testa, che diventa boschiana/yuzniana deriva incubotica con subliminali occhi neri a la
Invasione delle api regine di Olivia, le improvvise esposioni di "rancore" che spezzano la monotonia e tutto và in frantumi, come la psiche di Olivia, sino al finale tipicamente thriller orrorifico, che omaggia e fagogita quasi tutto il cinema della paura-via luce, si rimane al buio, Olivia impazza in degenerazione muliebre-), tra scenografie quasi da fantascienza anni '70 (le sedie poste fuori dalla villa, la villa stessa con i suoi interni freddi e i suoi finestroni, che si erge in mezzo al verde di un isola come la cotruzione dell'
Invenzione di Morel) e uno smarrimento sia mentale che fisico.
L'acqua come elemento primario ( il suono fastidioso dell'acqua che le ragazze trangugiano) che soffoca tutto in un liquido amniotico di "rinascita" e morte (le crisi di vomito, Nicole che corre nel bosco ansimando e sputando saliva fino a sbavare). Torte d'acqua, colazione a base di acqua, pranzi a base di acqua, a un certo punto ho avuto io stesso il rigetto
La pittura come in
Un tranquillo posto di campagna (chissà perchè mi tornava alla mente), Olivia davanti allo specchio con la luce a intermittenza come il serial killer di
Almost Blue, le braccia tagliuzzate, il sangue che cola sui seni come nemmeno Jess Franco, l'allucinazione di Olivia che si fa cinema sperimentale (con tanto di nuvola a fumetti HELP, "
Non sono russa, sono ucraina", "
Tanto è la stesa merda")
Femmineo fino allo spasimo, infascelliano fino al midollo, dove salta fuori il talento di un regista che non ha mezze misure, forte di un ego forse spropositato e , qualche volta, irritante ma pregno di un talento innegabile e dirompente.
Non tutto funziona, si rischia spesse volte la narcolessia, l'accento delle ragazze straniere (tre su cinque) diventa urticante, poco incisivi (e centellinati) gli SFX di mastro Stivaletti, il continuare a scrivere alla "gemella mai nata" di Olivia sul suo diario sfiora lo sfinimento, i dialoghi filosofeggianti-terribile la lettura del libro- le ragazze NON sono affatto simpatiche (ma forse per scelta del suo autore), la chiusa finale non è poi così sorprendente.
Eppure ha un fascino morboso e ipnotico, nel suo rallentamento e nel suo straniamento, che lascia un senso di smarrimento e di depressione, di cupezza e disperazione, andando fino in fondo nel baratro della deviata psicologia femminile.
Notevole la fotografia di Arnaldo Catinari e le magnetiche musiche di Steve Von Till, con plauso per la bravissima Chiara Conti (da antologia il suo
Perchè lo fai? Perchè lo facciamo? Perchè lo faccio? davanti allo specchio)
L'opera più ermetica e personale di uno dei nostri più dotati registi di (de)genere, tanto criptica quando fascinosa e non (naturalmente) per tutti i gusti. La fiaba nera uterina di Alex Infascelli avvinghia nella sua malsana malia acquitrinosa.
Infascelli dedica il film a sua sorella
...Come se vedessi le cose per la prima volta.