Interessante film di denuncia sociale che si rifà a uno dei primi casi di mobbing in Italia avvenuto all'ex Ilva di Taranto. Atmosfere cupe e recitazione coinvolgente da parte di tutto il cast, in cui il protagonista (e anche regista) Riondino è impagabile. Non mancano momenti più leggeri conditi da un pizzico di ironia a smorzare i toni altrimenti seri. Da vedere anche perché riecheggia per certi versi quel capolavoro di Elio Petri che fu La classe operaia va in paradiso.
Caterino è un operaio dell'ILVA di Taranto che cerca in qualche modo di cambiare il proprio status lavorativo. Deciderà di iniziare a fare la spia per aiutare i suoi superiori in cambio di favori e vantaggi in azienda. L'opera di Riondino è capace di rievocare il cinema di denuncia sociale di Elio Petri portando sullo schermo una storia tristemente reale che parla di mobbing e di demansionamento. La facce sono quelle giuste e raccontano qualcosa che è incredibile anche solo immaginare. L'opera è lo specchio di una società alla deriva in cui l'ignoranza si mescola alla cattiveria.
MEMORABILE: Il processo finale; L'interpretazione di Riondino.
All'interno dell'ILVA di Taranto c'è una palazzina per i lavoratori in esubero. Il film inizialmente tratta le morti sul lavoro, poi si sposta sulle pratiche illegali di chi gestiva l'acciaieria. La parte migliore sono gli ultimi due minuti, in cui la vera testimonianza di chi ha subìto il mobbing fa capire perfettamente ciò che capitava. A tale riguardo la sceneggiatura poteva insistere di più sul malessere psicologico dei lavoratori. Riondino funziona meglio di Germano, mentre il resto del cast non riesce a farsi notare.
Il celeberrimo caso di mobbing che colpì alcuni dipendenti dell'Ilva di Taranto narrato con lucida denuncia dall'esordiente, dietro la macchina da presa, Michele Riondino, ottimo nella sua interpretazione, ben coadiuvato da Germano. L'inizio della collaborazione dell'operaio, poi ricredutosi nell'osservare il trattamento dei dipendenti puniti. Una pellicola interessante che mette a nudo le responsabilità dell'azienda siderurgica.
In cambio di benefici, un operaio dell'Ilva accetta di fare la spia per i padroni all'interno della fatiscente Palazzina Laf in cui vengono confinati i dipendenti scomodi... Riondino racconta uno dei più gravi casi documentati di protervia aziendale avvenuto negli anni '90 con un taglio tra il realistico e il surreale in questo film pregevole negli intenti, coraggioso per la scelta di un tema molto poco battuto dal cinema nostrano, problematico e attuale perché casi simili continuano a verificarsi anche oggi. Perdonabili gli eccessi caricaturali e qualche passaggio a vuoto.
Buona pellicola dell'esordiente alla regia Riondino, che funziona bene anche come attore. Germano in certe circostanze cerca di rubargli la scena ma ci riesce solo in parte. L'attore romano è però perfetto nel ruolo del manager senza scrupoli con il suo tarantino spettacolare. Il film narra di una vicenda delle tante che hanno afflitto il gigante siderurgico. La palazzina dei reietti, sporca e malconcia, fa da perfetto sfondo alla narrazione, che con qualche lungaggine di troppo ci porta al processo finale. Classico film italiano di cronaca vera ma gradevole.
Film che poteva essere molto più interessante non fosse stato dominato dalla vocazione del suo regista/interprete di imprimere alla pellicola una quantità smodata di segnali politici che lo rende alla fine un remake improprio della Classe operaia va in Paradiso, senza però la forza degli interpreti di allora e quella sintesi di grottesco e realismo che Petri era stato in grado di realizzare. Non mancano momenti interessanti, nel quadro però di una narrazione che scivola via senza coinvolgere, ed è un peccato visto che il finale (il processo) è senz'altro la parte migliore.
Elio Germano è un attore monumentale e lo dimostra ancora una volta con una interpretazione di pancia anche grazie alla sapiente regia di Michele Riondino, al suo debutto dietro la cinepresa e protagonista indiscusso della storia. Un esordio coi controfiocchi, quello di Riondino: prendere una storia di ordinaria follia italiana, umanizzarla e renderla edibile anche per chi è lontano da certe tematiche che sembrano addirittura impossibili. Eppure è tutto vero. Molto, molto bello e testimonianza che il cinema italiano riesce a produrre anche qualcosa di diverso dalle solite commedie.
Vanessa Scalera HA RECITATO ANCHE IN...
Per inserire un commento devi loggarti. Se non hai accesso al sito è necessario prima effettuare l'iscrizione.
In questo spazio sono elencati gli ultimi 12 post scritti nei diversi forum appartenenti a questo stesso film.
DISCUSSIONE GENERALE: Per discutere di un film presente nel database come in un normale forum.
HOMEVIDEO (CUT/UNCUT): Per discutere delle uscite in homevideo e delle possibili diverse versioni di un film.
CURIOSITÀ: Se vuoi aggiungere una curiosità, postala in Discussione generale. Se è completa di fonte (quando necessario) verrà spostata in Curiosità.
MUSICHE: Per discutere della colonna sonora e delle musiche di un film.
DiscussioneNeapolis • 1/08/24 23:43 Call center Davinotti - 3172 interventi
Il tema centrale del film è stato determinante a spingermi a trovare le location del film In quanto mi sono riconosciuto nei personaggi avendo io stesso vissuto demansionamento e mancanza assoluta di lavoro in un'altra azienda come sorta di mobbing. Qui si unisce però la disperazione di una città verso una industria che inesorabilmente inquina e procura morti sia per mancanza di sicurezza che per le sostanze nocive che immette nell'ambiente. Poteva essere sviluppato meglio ma è da lodare l'intento del regista nel ricercare nuove strade per il cinema italiano.