(BABY VINTAGE COLLECTION) Ma come? Spese di produzione folli per ritrovarsi in mano un film simile? Con OCCHIOPINOCCHIO il narcisismo latente di Nuti esplode definitivamente: ma dove sperava di arrivare, il pur bravo autore toscano? Chiusa la fase più commerciale (composta dalla trilogia CARUSO PASKOSKI, WILLY SIGNORI e DONNE CON LE GONNE) Nuti sembra voler riabbracciare il sottile, poetico romanticismo di TUTTA COLPA DEL PARADISO o CASABLANCA CASABLANCA...Leggi tutto. Molto poco modestamente pensa però di aver raggiunto un grado di popolarità che gli permetta di osare di più. Ecco allora che nasce la superproduzione: spese davvero notevoli per assicurarsi una fotografia di lusso, operatori in gambissima e tutto ciò che è richiesto per creare un vero film “d'autore”. E bisogna ammettere pure l'innegabile bellezza di alcune carrellate e movimenti di macchina magistrali, le aperture su paesaggi suggestivi, la perfetta riuscita di effetti speciali (addirittura!) di grossa qualità. Ma tutto questo al servizio di cosa? Di una favola leggera leggera, di un incrocio malriuscito tra l’innocenza di BIG e la freddezza di Bonnie e Clyde. Sono presenti inseguimenti e cappottamenti assolutamente fuori luogo, degni del peggior action all'americana. Intermezzi di vita da alta società completamente inutili che, uniti a una lentezza narrativa tipica di certe opere ricercatamente pretenziose, distruggono un film sbagliato in partenza. Un film in cui tra l'altro la presenza di Nuti è evanescente, mai incisiva. Nuti-Pinocchio sembra solo uno spettatore passivo delle esplosioni di vita della brava Chiara Caselli (sempre mezza nuda, tanto per fare “cassetta”). Se quindi nei film precedenti dell'attore/regista perlomeno si rideva (e spesso di gusto), qui si assiste attoniti a uno spreco irritante di uomini e di mezzi per assecondare un copione inesistente, una sceneggiatura fantasma. E non è nemmeno un'opera che esorti alla riflessione, perché troppo scontata e inconcludente. Persino le solite battute ripetute mille volte (caratteristica comune a quasi tutti i suoi film) non convincono e in mano ci resta solo un pugno d'aria...
Ahi ahi ahi le dolenti note... Che dolore si prova guardando questo film, e specialmente pensando a quante risate ci aveva regalato fino ad allora Nuti. Tipico esempio da citare a favore della logica dei produttori contro i registi troppo indipendenti, questo OcchioPinocchio è un film sbagliato dalla prima all'ultima inquadratura, sorta di horror tragicomico involontario. Tutta la prima parte girata negli USA è del tutto slegata dal resto del materiale, a testimonianza dei problemi produttivi avuti da Nuti, che dovette interrompere le riprese per vari mesi.
Disastrosa sciocchezza senza scusanti. Dispiace dirlo, ma Nuti, in quel momento, o credeva di essere un genio, oppure, essendo probabilmente stato un po’ sopravvalutato, ha pensato bene che un film d’autore per lui sarebbe stato indispensabile. Il risultato è che questa miscela di convinzioni gli ha fatto sospettare di essere possessore di chissà quale saggezza cinematografica. Peccato che, guardando il film, si abbia l’impressione di essere alle prese con uno sciroccato in preda a un personale delirio senza arte nè parte. Male anche come attore.
MEMORABILE: Nuti girato di schiena e la sua ombra riflessa sul muro, che unita a quella di un oggetto, gli disegna il naso da Pinocchio.
Progetto tanto faraonico quanto inconsistente, Occhipinocchio ha temporaneamente affossato la carriera dell'attore e regista toscano. Nella ricerca della contaminazione dei generi (commedia brillante, farsa, film comico, satira ed altro) si finisce per realizzare un pastrocchio con tendenze deliranti e paranoiche, tra l'altro girato negli USA il che contribuisce alla sensazione straniante apportata dal film.
Beh, non sono un grandissimo esperto di cinema (quindi mi si può definire uno spettatore medio), ho appena visto questo film e ne sono rimasto piacevolmente sorpreso: Nuti per me è un grande regista e attore e quindi per me è sinonimo di qualità, come lo è questo film che secondo me è piuttosto riuscito, malinconico ma dolce, storia leggera ma alla stessa maniera bella; insomma un film consigliato per passare una buona serata.
Vado controcorrente (come avrete capito, mi capita sempre più spesso). Trovo quest'opera, seppur castrata inesorabilmente da critica di ogni tipo, dotata di una caratura artistica quasi poetica e di un lirismo nelle scene d'autismo a dir poco raffinato. La Caselli, poi, è un inno all'amore, col suo corpo sempre profferto allo spettatore ed anche al Nostro. La regia è solida e la storia gradevole. Ma forse la mia passione per questo attore mi spinge a recensioni leggermente parziali. Ma tant'è... Guardatelo cum peritia.
Se questa modesta rilettura di Pinocchio, fra il bambinesco e il noir, con una conturbante Chiara Caselli, non fosse stata girata negli Usa (ma perché?) facendo impennare le spese e l'ira di Vittorio Cecchi Gori, noi avremmo avuto un film più centrato e meno inutilmente straniante e Nuti un altro destino: perché questo pretenzioso Occhiopinocchio, oltre a segnare il declino artistico del suo regista e protagonista, ha di fatto dato il via al suo tristissimo declino psicofisico.
Sicuramente non il miglior film di Nuti ma nemmeno quel disastro che tanti critici dicono di aver visto. La storia è molto bella, un po' surreale, quasi poetica, il problema sta nella continua ricercatezza di immagini e inquadrature particolari. Questo purtroppo rende il film spesso un po' artificioso e lento in alcuni punti; ma le interpretazioni sono buone e le intenzioni erano più che degne. Merita una visione.
Il film più costoso di Nuti si rivela un fiasco clamoroso, una storiella lievemente surreale infarcita dei più beceri luoghi comuni. Il regista toscano recita come un automa finto tonto mentre la Caselli, nonostante si mostri nelle sue efebiche tuttavia splendide nudità, non riesce ad alzare il tono. Purtroppo fu il film che generò la decadenza non solo creativa ma anche fisica e mentale del bravo artista fiorentino.
Ma che razza di frullato di idee aveva in testa Nuti? C'è veramente tutto e il contrario di tutto in questo flop che ha mandato K.O. la carriera del nostro. Le peripezie registiche da John Woo di provincia sono una delle cose più insensate mai viste in un film, un'inutile esibizione muscolare per dimostrare chissà cosa. La fotografia all'americana stona di brutto con la vaga rivisitazione collodiana in cui la trama praticamente non c'è e si spara più volte ad alto volume "O' sole mio" (ma che centra?). Gli è tutto sbagliato, tutto da rifare...
MEMORABILE: Richiamo a Pinocchio: la fabbrica in cui si rifugiano i due è a forma di balena spiaggiata.
Produzione faraonica praticamente superflua per il cinema di Nuti, che necessita invece di tutt'altre attenzioni. Se eliminiamo questi eccessi dal film rimane una storia interpretata con una certa bravura, capace di riportare vene di romanticismo affatto stucchevoli. Peccato manchino quegli spunti che spesso l'attore toscano sa dare ai suoi personaggi, e in questo caso è il suo Pinocchio a rimanere un po' troppo "piatto" di fronte alla sfrontatezza di una Lucy ben inquadrata dalla Caselli. Sicuramente qualche taglio avrebbe giovato.
Un colosso dai piedi d’argilla, un apparato scenico costoso (non c’era davvero alcuna necessità di recarsi negli USA per girare un film simile) dalle fondamenta che sprofondano in un pletorico road-movie con irrisorie tracce del Pinocchio di Collodi. Nuti all’inizio si esibisce come una marionetta, ma presto diventa la caricatura di se stesso in una stucchevole sintesi di stupore e tenerezza; più meritevole la Caselli, che alla sua versione femminile del poco di buono Lucignolo presta uno sguardo ardito e un corpo nudo tutto da rimirare.
MEMORABILE: Il discorso di Nuti davanti ai vecchi; il bagno della Caselli nella cascata.
Senza considerare la mia passione per i film imperfetti, l'ho guardato cercando di assopire i pregiudizi, pur sapendolo inizio della fine per la carriera di Nuti. Dopo i primi 20 minuti, che ancora sembravano degni, il film collassa sotto il proprio peso. Nuti sembra avere la febbre di fare più di quanto sia capace, di comunicare più di quanto sappia. Il risultato è un film completamente slegato, acerbo, in cui è ancora visibile l'impalcatura e che manca drammaticamente d'identità.
Presuntuoso? Senza dubbio. Ma che Nuti fosse un artista egoriferito non lo si scopre certo in questo film, che francamente penso sia stato esageratamente stroncato da pubblico e critica. Il problema di OcchioPinocchio fu che costò 30 miliardi, una cifra irrecuperabile anche se fosse andato benissimo e questo fu un colpo durissimo per Nuti, che di questo film ne aveva fatto un'ossessione; doveva essere il suo capolavoro. Non lo è, tuttavia c'è molta poesia in questa pellicola e merita di essere vista almeno una volta.
MEMORABILE: Madonna di Dio della Madonna dell'ombra del pino di Dio.
Nuti realizza il suo personale Joan Lui nel senso che mostra tutto il suo egocentrismo mischiato a una sopravvalutazione di sé. Uno spreco di mezzi per girare una storia di caratura internazionale ricadendo nei sentimenti di provincia. Né comico né drammatico, intavola la sua voglia di mostrare una purezza di intenti, ma la sua megalomanìa prevale. Direzione autoriale usando i ralenti; solo la Caselli ha un minimo di coscienza del suo personaggio. Conclusione autoreferenziale e immatura.
Lo accompagna una tale pessima fama che, pur essendo brutto, pensavo persino peggio. Sconta sicuramente la megalomania del suo regista-protagonista: c'era proprio bisogno di andare negli Usa per girare un film del genere? Domanda retorica. Soprattutto perché la storia è di rara banalità ed avrebbe avuto bisogno di una scorciata: due ore sono troppe. Se non altro i miliardi non sono stati tutti spesi a vuoto: confezione ed inquadrature sono buone, grazie
allo stuolo di ottimi tecnici di cui Nuti si è potuto avvalere. Per me, gli si può dare un'occhiata.
Nuti gira in America e all'americana, virtuosi movimenti di macchina che si ripetono un po' troppo spesso perdendo d'efficacia e altri più interessanti che valorizzano una scenografia degna di nota, forma più che contenuto. La sceneggiatura indecifrabile unita a una durata eccessiva finiscono col confondere lo spettatore non ancora pronto per qualcosa del genere ma nemmeno disposto a non ridere mai (è pur sempre un film di Nuti). Di lì a poco qualche suo collega con meno talento ma anche meno mezzi avrà miglior sorte.
Un Pinocchio moderno e al contempo antico in terra yenkee attraverso il Nuti-pensiero in vena di fare il film della vita. Spreco di soldi sbattuti in faccia allo spettatore ma non necessari ai fini della storia, che invece avrebbe dovuto avere maggior cura nella stesura dei dialoghi e intuizioni che potessero andare oltre a una mera scimmiottatura di film "impegnati" altrui. Che l'attore/regista toscano non fosse propriamente Fellini è facilmente intuibile, ma una tale sfacciataggine produttiva è persino per lui imbarazzante. Si salva la Caselli in perenne déshabillé.
Con questo film, divenuto fatalmente un film maledetto a causa del suo costo e del conseguente insuccesso, iniziò la crisi, non solamente professionale, che condusse Nuti a un punto di non ritorno. Nuti desiderava tanto realizzare quel film, lo aveva studiato minuziosamente, forse con troppo coinvolgimento. Realizzando invece un lavoro disordinato, disorientante e imperfetto. I monologhi di Nuti sono confusi, astrusi, privi di senso e significati. E non per scelta ma per presunzione narcisistica. Inquadrature e dettagli risultano, a tratti, accurati e suggestivi. Ma non basta.
MEMORABILE: Chiara Caselli che esce nuda dall'acqua stile Hedy Lamarr in Estasi.
Un'immeritata fama di scult circonda una pellicola tutt'altro che impeccabile ma ricca di pregi, a partire da una confezione - sulla quale ha certamente influito l'imponente budget - eccellente, con ottima fotografia e virtuosismi gustosissimi. Nuti cerca di conferire al film un respiro wendersiano e internazionale, in gran parte riuscendoci, ma il materiale a tratti gli sfugge di mano e si scivola talvolta nella vacuità, talvolta in grossolane cadute di stile, come nell'inutile parentesi musicale o nel tremendo prefinale tragico. Cast azzeccato, Caselli compresa.
Il "ci fa o ci è?" del Nuti anni '90 risente platealmente del momento escapologico tutto a stelle e strisce (Thelma & Lousie è ancora caldo), che impropriamente cattura lo sfortunato autore e lo spinge a spendere e spandere ben oltre le proprie virtù. Favola sub-esistenziale che impone stramberia mista a modello oltreoceano in cui Francesco specula sui limiti patologici della dolcezza, mentre la Caselli provvede a far da contraltare, aiutandosi con la sua giovane fisicità e il disinibito ruolo. Tragicomicità e metafora rese inconciliabili con la pur sempre lecita aspettativa.
MEMORABILE: Il pugno al prete; Le mises della Caselli e la Caselli senza mises; Lo sterzo del Maggiolone.
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DiscussioneRaremirko • 27/03/20 23:08 Call center Davinotti - 3862 interventi
A me il film non è dispiaciuto, c'è in giro di molto peggio ed intenzioni e stile sono di certo sinceri.
Pecca un pò di autoreferenzialità e di esuberanza di mezzi, ma il risultato non è male ed in tutta la sua durata, il film non annoia.
Gratuito il nudo della Caselli, noteovli effetti speciali (c'è pure un incidente d'auto stile Troma) ed il film è un giusto compromesso tra la visione troppo personale dell'autore e la godibile fruibilità da parte dello spettatore.