E ci siam giocati anche Ole Bornedal. Perchè mai accettare di redigere con così stupida pochezza questa appiattita ristesura ebraica de L'esorcista? Un'asmatica vicenducola familiare di possessione spiritica, scrigni maledetti e dybbuk di tradizione giudaica (fenomeno già sviscerato con molta più capacità suggestiva ne Il mai nato), tumulata in un rigurgito inarginabile di retorici luoghi comuni e dialogacci miorilassanti. Quando l'armadietto del bagno sputa fuori l'indispensabile sciame di falene, le sorti qualitative del film hanno già la loro bella lapide marmorea scolpita. Una castronaggine da leccarsi le orecchie.
MEMORABILE: La ridicolaggine esilarante della sequenza esorcistica...
Probabilmente, se l'Esorcista fosse stato girato, neanche con la mano, ma col piede sinistro, sarebbe stato come questa pellicola, che mescola male in un unico calderone tutti i classici della possessione, senza ovviamente evitare al pubblico la solita famiglia problematica, con genitori separati, figlie rancorose e, qua e là, insopportabili (la "terribile" eliminazione della falena da parte del "padre snaturato"). Più si procede, più la cosa si fa banale e piuttosto risibile (le ragazzina mutazioni); e il finale dà il colpo di grazia (difficile non sorridere durante l'esorcismo).
MEMORABILE: La prima scena, che nonostante non faccia assolutamente impressione, almeno è girata con un certo mestiere; L'intruso nella lastra (Alienticristo?).
Fare un horror accettabile di questi tempi è estremamente difficile data la vastità della produzione in materia; figuriamoci quanto la materia in questione è legata all'esorcismo. Anche se inevitabilmente si percorrono sentieri già percorsi il film di Bornedal riesce a prenderti e trascinarti nella trama forse grazie al ritmo incalzante dell'ottima colonna sonora. In effetti il film si perde nel finale con un esorcismo un po' risibile e con il tipico e inevitabile riaffermarsi del male. Non male l'idea della scatola tratta da una storia vera.
Parte bene con l'idea interessante della scatola inserita nella più tipica famiglia problematica, ma non va oltre, con un finale che scade nel consueto, malgrado l'ingrediente ebraico che poteva portare verso direzioni originali invece di essere solo una variante. Effetti buoni e colpi di scena nella manifestazione della possessione. I personaggi sono tra i più scontati, con i soliti sentimenti a buon mercato e la solita villetta a schiera in legno.
Il pregio principale di The possession è mostrare i progressi della scienza: mentre ne L'esorcista e simili i medici si trovavano a confronto con i propri fallimenti, oggi con una risonanaza magnetica si può ben osservare il demone che alberga nel posseduto. Non è semplice essere "posseduti" dal film. Lo schema è il solito: prime manifestazioni della possessione, incredulità della famiglia, consulenza, incarico a "professionisti", esorcismo con tutto l'armamentario del già visto annesso. Siamo in campo ebraico, ma cambia davvero poco.
Pur ritenendo esausto il filone demoniaco sulle possessioni, ci si accinge a visionare l’ultimo furbo tentativo del Raimi produttore attratti dalla variante dello scrigno di legno come fulcro della vicenda. Illusione: una sinuosa tensione, una fotografia piovosa e malinconica, qualche momento inquietante. Da metà in poi, il crollo: tra TAC rivelatrici, pistolotti moralisti, esorcismi in piscina al grido disperato di Abisu, si sprofonda inesorabilmente nel ridicolo involontario e delle premesse iniziali non resta neanche il fantasma.
Sembra un episodio di Supernatural, questa storiella di possessione ed esorcismo; e non per la presenza di Jeffrey Dean Morgan ma per i colori uggiosi, la soluzione rapida e senza particolari approfondimenti e la perfetta aderenza a tutti i clichè del genere, pur riservando qualche tocco originale (il demone di tradizione ebraica, la presenza rivelata dalla TAC). Godibile, ma non imperdibile.
Mix tra Amytiville horror e L'esorcista (con tanto di presunta appartenenza a fatti realmente accaduti) che non aggiunge nulla di nuovo al genere, tranne quei pochi minuti in cui Em (Natasha Calis, novella Linda Blair) fa roteare gli occhi e sussurra con tono cavernale... che lei non è presente. A chi si avvicina, per le prime volte, al genere potrà fare un certo effetto (diluito però in un pirotecnico finale), a quelli più esperti potrà, invece, generare un noioso senso di déjà vu.
Visto e rivisto. Grande riciclo dei classiconi horror-esorcistici con la variante dell'inserto ebraico in funzione di deterrente per il maligno, che si mostra in forme ormai più che consuete. Presagio preoccupante nel finale che lascia aperte le porte a inutili seguiti.
Per chi si fosse perso l'inizio, il film comincia già come amputato del preambolo chiarificatore; è una scelta narrativa legittima che rientra nella casistica "peccato veniale o peccato mortale?"; credo al peccato mortale (travestito da veniale) perché l'equilibrio narrativo ne risulta danneggiato sin da subito. La successiva narrazione indugia poi un po' troppo su un continuo tira e molla che finisce per disperdere l'attenzione dello spettatore. Fra il cast il migliore è Morgan, mentre come film "demoniaco" si colloca in una fascia medio-bassa.
Horror di stampo esorcistico il cui unico elemento diverso dal solito è rappresentato dalla componente ebraica, che sostituisce la cattolica. Gli sceneggiatori cercano di non limitarsi all’aspetto più strettamente horror fatto di esorcismi e manifestazioni demoniache varie, ma fanno leva sulla separazione della famiglia, sperando di dare sostanza al film. Purtroppo questo non avviene, perché non ci sono grossi approfondimenti e il manico si dimostra debole. Vedibile, anche se non aggiunge nulla al filone, ormai da tempo saturo.
Sorta di Esorcista in versione 2.0, ha in comune con il capolavoro originario solo l'elemento della possessione, peraltro visto in decine di horror perlopiù di bassa lega. Qui si parte da una famiglia in crisi, con il demone che colpisce uno degli elementi più fragili del nucleo familiare. La fa da padrona la totale prevedibilità con l'aggravante di una messa In scena modesta che si limita a riciclare, nemmeno più di tanto bene, gli elementi del genere nel tentativo di fare almeno "sussultare" lo spettatore che cade invece preda della noia.
Una ragazzina trova una scatola di legno a un mercatino e da lì in avanti la vita sua e della famiglia subiranno un drastico cambiamento. Di film sulle possessioni demoniache ne abbiamo visti a bizzeffe, ma questo di Bornedal tra i tanti svolge bene il compitino. Qualche piccolo spavento, il linguaggio ipnotico e incomprensibile, falene e il solito esorcismo sono gli ingredienti che non possono mancare in film di questo genere. Qui vengono accontentati tutti quelli che cercano qualcosa di classico.
Una ragazzina trova una scatola, la apre e al suo interno trova un demone che comincerà a possederla. Film su bambini posseduti da demoni, assassini e mostri vari ne escono a palate ogni anno e sono tutti (o quasi) uno uguale all'altro; questo Possession non fa eccezione: brutto ma non bruttissimo perché qualcosa di interessante c'è (l'idea della mitologia ebraica e il finale non sono poi così male). Per il resto un horror fatto con lo stampino che non annoia ma che non lascia il segno e si fa dimenticare molto in fretta.
Ennesima riproposizione del tema esorcistico i cui punti fondamentali poco si spostano dal modello Friedkin (analisi mediche e valutazione della possessione) che però (a quasi quarant'anni) non lo raggiunge nemmeno per un decimo sulla scala dell'"inquietante". La differenza è la variazione culturale dal cristianesimo all'ebraismo; la bambina viene infatti posseduta dallo spirito intrappolato nella dybbuk box, una scatola lignea con incisioni rituali ebraiche che fa da ricettacolo, e l'esorcista è un giovane ebreo tradizionalista di lingua yiddish. Ben confezionato ma poca cosa.
Bornedal in trasferta americana gira un demoniaco "tradizionalista", fedelissimo ai classici: la causa del manifestarsi del Maligno è la separazione dei genitori (come nell'Esorcista) e ha forma di locusta/farfalla (Esorcista II), c'è la solita trafila di segni premonitori, la possessione della bambina e infine il potente esorcismo finale. Unica interessante variante, il demone ebraico dybbuk contenuto in una scatola magica con il rabbino come esorcista. Confezione impeccabile, discreti gli attori (soprattutto la piccola Calis, legnosa la Sedgwick), apprezzabile per tradizionalisti.
MEMORABILE: La malefica scatola rabbinica; L'immagine allo specchio; Em con la bistecca in bocca; La caduta dei denti del medico; Il finale aperto.
Difficile aspettarsi chissà cosa da questo film, appartenente a un filone abusatissimo e che propone un antagonista (un Dybbuk della tradizione ebraica) diverso dai soliti demoni ma comunque già visto. La storia non aggiunge né toglie nulla a quanto presente in diverse altre opere di genere; come sempre l'elemento debole della famiglia trova qualcosa che non dovrebbe toccare e da lì comincia a comportarsi in modo strano... fino all'inevitabile esorcismo preceduto dai consueti cliché. Non imperdibile.
MEMORABILE: L'esorcismo in ebraico, più comico che drammatico.
Babbo divorziato in lite con l'ex moglie per l'affidamento della prole compra alla figlioletta minore una grossa scatola di legno con strane incisioni. La bambina riesce ad aprirla e comincia a comportarsi come Regan nell'Esorcista e tutte le altre bimbe possedute che si sono succedute sugli schermi, dimostrando di essere del tutto priva di inventiva, a parte il fatto che questa volta il responsabile delle malefatte non appartiene alla Satana & Co. cristiana ma alla tradizione ebraica. Morgan fa la faccia trista e mesta ma il ridicolo involontario incombe e alla fine trionfa.
La "storia vera" da cui è tratta la vicenda si è rivelata una bufala, tuttavia Bornedal è riuscito a trarne un horror demoniaco (di matrice ebraica in questo caso) discretamente solido, specie durante l'angoscioso crescendo della prima tranche, ben coordinata fra le beghe di una famiglia scossa da un recente divorzio e le puntuali manifestazioni sovrannaturali, da invasioni di falene a spaventosi mutamenti della personalità. Peccato che la fase finale, quella propriamente esorcistica, si offra tanto al sensazionalismo da scadere nel parodiabile (Il mai nato docet). Quasi sufficiente.
MEMORABILE: La bimba mangia compulsivamente; Le dita del demone affiorano dalla gola della bambina; Il demone nella TAC; L'esorcista che urla come un forsennato.
Ispirato da un articolo del Los Angeles Times: una scatola contiene un'entità che cerca di impossessarsi delle persone. Storia abbastanza fiacca e soprattutto prevedibile (la tensione latita), che se non fosse per gli effetti speciali e una efficace regia di Ole Bornedal, risulterebbe più che noiosa. Convincente la Calis (soprattutto in versione originale).
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DiscussioneZender • 16/10/12 20:01 Capo scrivano - 48842 interventi
Lo sai che Zender vede tutto Buio, non scherzare troppo :)
Si, tra l'altro una locandina molto più "acchiappante" di quella americana.
DiscussioneDaniela • 17/10/12 23:15 Gran Burattinaio - 5944 interventi
Greymouser ebbe a dire: Daniela ebbe a dire: Stasera però mi vedo Chained, consigliato dall'amico Greymouser, sperando che non sia un'altra margheritina (lui sa cosa intendo).
uhm, allora mi sa che qui mi gioco la reputazione... :)
Reputazione greymousiana salva, Chained è un bel film disturbante
DiscussioneGreymouser • 17/10/12 23:42 Call center Davinotti - 561 interventi
Daniela ebbe a dire: Greymouser ebbe a dire: Daniela ebbe a dire: Stasera però mi vedo Chained, consigliato dall'amico Greymouser, sperando che non sia un'altra margheritina (lui sa cosa intendo).
uhm, allora mi sa che qui mi gioco la reputazione... :)
Reputazione greymousiana salva, Chained è un bel film disturbante
Il titolo con cui Mediaset lo manda in onda è quello completo: The possession - Il male vive dentro di lei (il sottotitolo è lo stesso già riportato sulla locandina italiana ufficiale).