Se bisogna indagare online riguardo ai diversi significati possibili di un film, non è necessariamente una cosa positiva; al tempo stesso, bisogna dare atto agli autori che l'ambizione dietro allo script regala alcune intuizioni interessanti e che l'atmosfera generata dalla storia è estremamente sinistra, con derive metafisiche che danno una visione spaventosa della morte e del vuoto che ne consegue. La carne al fuoco è tanta; tra riferimenti occulti/rituali, soprannaturale, nichilismo, elaborazione del lutto e psycho-thriller si fatica a starci dietro, tuttavia può valerne la pena.
MEMORABILE: L'interpretazione della Hall; I cadaveri nell'altra casa.
Una giovane vedova, ancora traumatizzata dall'inspiegabile suicidio del marito, scopre che lui aveva una doppia vita e forse la tradiva... Tra thriller e horror soprannaturale, un film di bella ambientazione lacustre costipato di allucinazioni più o meno inquietanti, rumori sospetti, progetti esoterici, incubi ricorrenti, statuette rituali, spettri palpeggianti e così via. In altre parole, eccede negli stereotipi del genere, risultando a tratti intrigante grazie alla buona confezione e all'interpretazione convinta di Hall ma lasciando alla fine una sensazione di irrisolto.
Casa sul lago, una donna scopre una doppia vita del defunto marito suicida. Suggestioni soprannaturali si intrecciano ad una psicologia visionaria, il noir si mescola a ritualità magiche, il senso generale è chiaro ma nei dettagli è nebuloso ed enigmatico, nello stile di certo horror orientale in cui il prodotto necessita di libretto di istruzioni. Ma noi occidentali siamo abituati al plug & play: guardi il film che in qualche modo si spiega da solo senza bisogno di studiare libri o farsi la settimana enigmistica. Tuttavia confezione e regia sono buone e l'effetto generale intenso.
Dopo il suicidio del marito, la vedova è costretta a venire a patti con l'evidenza del passato morboso e disturbante che affiora nelle stanze e gli anfratti della loro dimora sul lago sotto forma di presenze, voci e rumori notturni. Un horror psicologico che segue il passaggio da uno scetticismo nichilista a un'immersione nel misterico e nello struggimento sentimentale, con relativo corredo di arcani e grovigli irriducibili; ma nell'insieme si avvale di una accurata regia attenta al progredire della tensione e a non eccedere nel citazionismo e della grande e intensa prova della Hall.
MEMORABILE: L'incerto confine tra incubo e misterico; Le indagini e la scoperta della doppia vita del marito; In barca con la pistola tra le mani.
Horror di atmosfera che deve ringraziare in particolare la suggestiva ambientazione lacustre e la splendida casa che, affacciata su un molo, ricorda Amityville ma anche alcune delle più ispirate storie di Stephen King. Per il resto ci troviamo di fronte ad una storia abbastanza prevedibile fin dalle prime battute, che non sfrutta a dovere alcune intuizioni interessanti (la costruzione della casa "al contrario") ed esaurisce la sua carica di inquietudine in una durata forse eccessiva.
Quando si pilucca da Jung e Descartes destinando il narrato-visibile al melange di sogno e veglia, realtà e allucinazione, anima psiche e corpo, l'autopsia di un lutto e l'agnosia della mente che mente sono casco e scafandro ideali per l'inabissamento nella melma dello spirit(ism)o. Che siano baluardi opportunisticamente affabulatori e che l'assenza come super-presenza adesca come pochi il fruitore l'ha ben capito Bruckner, che affida a un clima bulgaro (impepato di coefficiente agnitivo infiammabile) e a una calibratissima Hall una crasi di sfere semantiche invero fuligginosa.
Dinanzi a una ghost story convenzionale (e qui, seppur camuffata e insaporita, di fronte a lei ci troviamo) generalmente ci si aggrappa a regia, attori e location. In questo il film è un successo: Bruckner dirige con diligenza senza mai strafare né voler apparire una divinità scesa in terra, la dimora infestata (o meglio tutti il suo esterno) è sufficientemente misteriosa da tenerci allerta per buona parte della vicenda. Quasi tutto il pallinaggio è però merito di Rebecca Hall: bravissima, regge sulle spalle spettri, svolte e resto del cast. Niente di epocale ma c’è della nobiltà.
David Bruckner dirige un horror psicologico con degli spunti interessanti, soprattutto dal punto di vista visivo, ma poco incisivo per ciò che riguarda ritmo e sceneggiatura. Il cast è sicuramente di livello, anche se la Hall è a volte troppo esagerata nelle sue espressioni e il suo personaggio troppo volubile (cambia da un giorno all'altro). La regia comunque ha buoni momenti e la fotografia fa il suo lavoro, soprattutto nel finale. Insomma, un film che non aggiunge molto ma che ha un suo perché.
Quando c'è di mezzo il paranormale il ridicolo è dietro l'angolo. Qui però lo si evita. La pellicola riesce a far mantenere sufficientemente vivo l'interesse dello spettatore, che si trova al cospetto di una protagonista a dir poco turbata, visto l'accaduto. L'atmosfera è abbastanza e giustamente opprimente, anche se quando si esce dalla casa, capatina nel bosco a parte, il tutto diventa meno convincente (gli scambi al pub sono poco realistici e forzati). Il vero rischio comunque era l'epilogo. Ma nonostante la soluzione non vada al di là del "c'è di peggio", un'occhiata la merita.
MEMORABILE: La statuina; "Non c'è niente"; La sagoma tra colonna e muro.
Un buon film di genere, con protagonista Rebecca Hall, vedova che scopre di non conoscere affatto l'uomo col quale viveva. In quest'anima tormentata che continua ad aleggiare sopra la loro vecchia casa c'è qualcosa di perverso, di malvagio, che oltrepassa le pulsioni umane; del resto ciò che distingue un horror da un thriller è proprio la presenza di un elemento soprannaturale. E qui non solo c'è, ma è il vero colpo di scena che salva una sceneggiatura altrimenti risaputa. Bruckner infatti usa un'idea del doppio molto nota, ma la combina con qualcosa di inaspettato. Interessante.
Piacevole horror che ha il pregio di saper instillare nello spettatore una curiosità che cresce col passare dei minuti, riuscendolo così anche a coinvolgere. La voglia di sapere come procederanno le cose c'è sebbene non sia irresistibile ma si attesti comunque su buoni livelli. L'altro elemento positivo è l'atmosfera, che è particolarmente riuscita e concorre a corroborare il clima di mistero. Buona anche la prova della Hall. Lo scioglimento finale potrebbe lasciare insoddisfatti (anche perché lascia alcuni interrogativi irrisolti), ma il film non è male.
Parte come un horror sovrannaturale abbastanza classico ma intrigante grazie a una messa in scena adeguata e una buona costruzione tensiva da parte di Bruckner. Prende poi una deriva metafisica che non convince completamente e che lascia molto alla sensibilità e ricettività dello spettatore. Ma l'evidente sottotesto di analisi della gestione del lutto e della depressione è narrativamente abbastanza curato, malgrado qualche punto oscuro nel finale. Un po' eccessiva ma in parte la Hall.
MEMORABILE: Il confine tra incubo e realtà nella prima parte; La sagoma tra colonna e muro.
Protagonista assoluta è una convincente Rebecca Hall, a cui è affidato l’arduo compito di cavarsela in una pellicola dalle molteplici sfumature. Gli autori adottano una cifra stilistica che consente di non esasperare le componenti paranormali ed esoteriche, mantenendosi in un binario consono a un horror che punta sulle sensazioni e non sull’impatto immediato generato da effetti speciali di facile consumo. Non dà risposte definitive e sembra utilizzare l’elaborazione del lutto come via per l’espiazione del dolore. Merita un’occasione perché qualcosa di buono lo si trova di sicuro.
MEMORABILE: La figura nera in casa; I cadaveri; La bambola esoterica.
Troppi elementi, troppo irrisolti o solo accennati per convincere lo spettatore che guarda il film in attesa che accada qualcosa che purtroppo non accadrà mai. Se si aggiunge la presenza di personaggi di supporto che non sono stati sviluppati a dovere ne esce fuori un film sospeso, che lascia un senso di incompiuto e insoddisfacente. Buone l'ambientazione e le atmosfere del lago.
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Visionato in un gruppetto di persone abbiamo notato che a seconda della sensibilità del singolo può cambiare l'interpretazione della pellicola.
Attenzione a qualche possibile spoiler.
Io personalmente ho letto il tutto come un analisi sulla gestione del lutto e della depressione. Il nulla è di fatto metafora della depressione e nel finale cerca di convincere la Hall a spararsi. Ma effettivamente questa visione cozza un po' con tutta la parte "crime/metafisica" del marito tra omicidi e quant'altro.
Altri hanno invece inteso il film come frutto di una una mente malata (quella della Hall). Tutto quello che vede non esiste, è solo un suo scudo protettivo per giustificare il fatto che è lei che ha sparato al marito dopo aver scoperto le foto sul cellulare. Infatti alla fine sulla barca è lei ad avere la pistola la mano. Questo spiegherebbe il comportamento in parte ambiguo della migliore amica che cerca sempre di disincentivare e sminuire la voglia di approfondire le indagini della Hall. Infatti io pensavo che la Goldberg fosse l'amante del marito visto il suo comportamento, invece secondo questa lettura lei guardando dall'esterno si rende conto che non c'è nessun motivo per indagare in quanto il marito non aveva fatto nulla di strano (o quantomeno troppo strano).