Note: Girato in 16mm nel 1973 (ma la prima proiezione avvenne in USA, nel giugno 1975, all' American Film Festival), poi recuperato, restaurato e reso disponibile solo nel 2019.
Girato da Romero su commissione, è un mediometraggio che mischia documentario - nell'introduzione e finale narrati da Maazel, lo zio Cuda di Wampyr - e dramma; l'obiettivo era d'ispirare una riflessione sulla realtà spesso disagiata degli anziani, tra solitudine, maltrattamenti e povertà, attraverso una sorta di parabola che vede un vecchio finire vittima di soprusi e indifferenza in un parco di divertimenti. Deprimente fin dall'incipit nella piovosa Pittsburgh, raggiunge certamente lo scopo di sensibilizzare l'audience, pur rimanendo solo una bizzarria nella filmografia del regista.
Cinque anni prima di comparire in Wampyr, Lincoln Maazel è protagonista assoluto di questo mediometraggio di Romero dalla storia travagliata. Il regista viene incaricato di dirigere un film sui disagi e soprusi subiti dagli anziani; ne esce fuori questo "incubo" ambientato in un parco dei divertimenti (che rappresentano chiaramente gli USA). Il prodotto non è certo dei più riusciti, tra quanto realizzato da Romero, ma vanta una sua efficacia, anche se la sua (pur breve) durata pare comunque eccessiva. Bravo Maazel ad interpretare un uomo sempre più smarrito e disperato.
MEMORABILE: "Remember as you watch the film: one day you will be old".
Girato su commissione per una campagna di sensibilizzazione sociale, poi rimosso e dimenticato, lo si dissotterra oggi come un ordigno di contestazione impossibile da disinnescare. Romero lo considerava - con la sua proverbiale umiltà - non riuscito, invece è puntuale e diretto come un pugno allo stomaco: attualissimo, mette i brividi e carica lo sguardo di un disagio e una pietas insolubili, con scorci zombeschi che ricompongono la sua visione politica dei non morti nell'alveo degli anziani, il popolo dell'autunno.
Poco amato dallo stesso regista che ne rinnegò quasi l’esistenza, è un mediometraggio che invece possiede un’impronta romeriana molto profonda. Metaforico e straniante, caotico e metropolitano, è condizionato da un utilitarismo che lo spinge verso un fine educativo, sociologico e morale. L’epilogo, per quanto dilaniato da un sentimento di profonda tristezza, smorza con intelligenza ogni eccesso di patetismo.
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