Da Ken Loach un ritratto "verista" della vita sottoproletaria di Londra, che comincia prendendo quasi toni da commedia ma che invece in breve assume quelli del dramma, interrotto sempre più saltuariamente da piccoli appunti brillanti legati spesso alla simpatia di alcuni dei personaggi che animano il cantiere edile al centro della storia. E' al cantiere che il nutrito gruppo di operai s'incontra, ognuno col proprio carattere e le sue piccole fissazioni. Tra questi è subito evidente che il protagonista, colui sul quale Ken Loach concentrerà l'attenzione mostrandocelo - unico - anche al di fuori del tran-tran lavorativo, è Patrick (un già bravissimo...Leggi tutto Robert Carlyle, futuro mattatore di classici come TRAINSPOTTING e FULL MONTY), sguardo deciso e idee chiare, che sogna di aprire un negozio di boxer e calzini colorati. Lo vedremo tentare di costruire un rapporto sentimentale con una ragazza conosciuta grazie a una borsa e che medita di fare la cantante: un rapporto difficile, ricco di alti e bassi, vissuto in un appartamento scalcinato di periferia. RIFF-RAFF porta insomma alla luce la dura esistenza di chi non ha soldi, il cameratismo tra colleghi di lavoro, la vita di tutti i giorni senza voler per forza raccontare una storia. Il rischio è di apparire sconclusionati, di non seguire un filo logico, di voler ad ogni costo ricercare l'insoddisfazione. Se quindi da una parte è difficile trovare reali difetti tecnici in un film costruito indubbiamente bene e messo in scena con gran perizia, dall'altra pare di assistere a un dramma fine a se stesso, privo di vero coinvolgimento e con tutti i limiti del solito spaccato sociale ampiamente prevedibile. Molto meno divertente di quanto si sente dire.
Ken Loach, uno dei pochi grandi registi europei genuinamente interessato alle condizioni degli operai, ci offre con questo film un efficace ritratto della classe operaia inglese all'epoca della signora Thatcher. Un film dalle cadenze cronachistiche realizzato con la passione artigianale del giornalismo d'inchiesta, ma anche con gli echi del romanzo popolare che assolve la funzione di informare e contemporaneamente intrattenere. Ottimi cast e colonna sonora di Stewart Copeland.
Nella tradizione del realismo sociale anglosassone, un film sul quotidiano di un gruppo di amici, operai edili al tempo del liberismo thacheriano. Vediamo il grigiore della loro vita, ma anche quei piccoli fuochi che accendono per illuminarla: l'amicizia, l'amore, la solidarietà, l'orgoglio, l'allegria. Poi, quando quei brevi falò si sono spenti, quell'incendio insensato, implacabile, distruttivo come la loro rabbia impotente.
Ken Loach sa come affrontare i problemi del proletario inglese. Nel dramma ci fa anche divertire molto, specie quando si sentono i dialoghi fra gli operai e il loro datore di lavoro. La storia non cade mai nel piagnisteo. Belle le musiche di Copeland.
Il primo film "proletario" di Loach è una pellicola in bilico tra commedia e tragedia, contenente già tutti gli stilemi tipici della filmografia del regista inglese. C'è già una notevole capacità nel descrivere con acume il mondo del lavoro operaio dell'Inghilterra tatcheriana contro il quale l'opera è un attacco di discreta efficacia e potenza, come dimostrato dal "bruciante" finale.
Il film che segna, sia dal punto di vista cronologico che iconografico, l'inizio dell'epopea proletaria di Loach. Una regia che sta continuamente addosso ai personaggi, facendocene sentire il fiato e gli umori, così come la condizione di privazione che sono costretti a vivere sul lavoro, nella quotidianità, nel sociale disastrato dal Thatcherismo. Un cinema di denuncia, che però parte dai bisogni degli individui. Un film "bruciante". Bravo Carlyle.
Tutto ruota, si ripercuote, è influenzato dal lavoro e dalle condizioni alle quali i lavoratori sono sottoposti. Così all'assunzione (in nero) dopo un periodo di crisi personale corrispondono una casa e un amore; alle condizioni terribili in cantiere corrisponde lo strappo del finale. In mezzo a tale ricchezza, altre perle come la storia tristissima della fidanzata del protagonista, o come quella perfida del tentativo di costituire un sindacato. Film necessario e doveroso.
Nessuno meglio di Ken Loach riesce a mostrare la condizione umana e sociale dell'operaio sfruttato dai padroni. Riff Raff è film asciutto che regala emozioni e sorrisi nonostante la cupezza di fondo e la durezza del periodo raccontato (siamo in pieno governo Thatcher). C'è poco spazio anche per l'amore vissuto con la testa tra le nuvole. La sfiducia nel prossimo è equiparata soltanto alla precarietà del posto di lavoro. Una gemma.
MEMORABILE: L'operaio che si fa un bagno durante l'orario di lavoro e viene scoperto nudo da alcune donne con il velo.
Spaccato neorealista del proletariato inglese dei primi anni 90, in clima ancora thatcheriano. La vita quotidiana di un gruppo di muratori senza tutele lavorative viene raccontata con spirito documentaristico, veritiero ma allo stesso tempo tragicomico (la scena della vasca e le battute tra i lavoratori). Film di denuncia sociale, ma anche di racconto sincero e qui colpisce la bella storia d'amore, cullata tra i sentimenti estroversi e un po' folli di una hippy fuori tempo e quelli repressi del proletario. Incantevole la ragazza.
MEMORABILE: "La depressione è per le classi medie".
Crudo affondo nella quotidianità del proletariato inglese, in particolare nella vita di un muratore. Una classe senza garanzie, còlta in un momento di fragilità contrattuale, in balia del padrone, e quindi incapace di gestire le contraddizioni e capace solo di reagire a uno stadio presindacale e inefficace. Temi del lavoro, ma anche di ciò che ne consegue (amore, famiglia): tutto sostenuto da un pensiero politico forte e necessario, senza che questo rimanga solo schema didascalico senza pathos. Un poema operaio a suggello dell’era thatcheriana.
Ex galeotto occupa una casa abbandonata. Loach si preoccupa di descrivere al meglio la situazione proletaria inglese come una sorta di guerra tra poveri: il lavoro è senza garanzie e chi non lo trova si arrangia tra furtarelli, sussidi e furbate varie. Clima lievemente stemperato (il bagno al cantiere, le ceneri sparse) anche se il dramma, e la relativa vendetta, sono inevitabili. Le relazioni amicali sono realistiche, quelle amorose (seppur delicate in qualche frangente) sono meno curate. Il simbolismo dei topi è perfetto.
MEMORABILE: I topi schiacciati; L’applauso forzato al provino a teatro; La festina di compleanno; Senza nome al pronto soccorso.
Reduce da un perodo passato in carcere, dopo aver trovato lavoro presso un cantiere edile londinee Steve si sistema in un edificio occupato ed inizia a convivere con una ragazza che aspira a diventare cantante... Primo film proletario di Loach e primo ruolo di rilievo per Carlyle, offre un quadro della condizione operaia in epoca thatcheriana in cui l'unica cosa positiva è la naturale solidarià tra colleghi a fronte dello sfruttamento e della mancanza di diritti e sicurezza. Non mancano momenti divertenti, ma il tono generale è realisticamente amaro e risentito.
Le devastanti conseguenze sulle classi lavoratrici dell'estremo liberismo tatcheriano viste attraverso un gruppo di operai senza soldi né diritti che lavorano alla giornata in una condizione precaria e ricattabile. Una denuncia che il regista inglese stempera in uno stile che a volte prende una direzione da commedia, senza perdere di vista i nodi dei drammi individuali ma anche della solidarietà, focalizzandosi sul personaggio interpretato da un determinato e scattoso Carlyle alle prese anche con gli alti e bassi di un rapporto problematico. Cinema di impegno ma senza pesantezze.
Neorealistica paracommedia lumpenproletariat targata 1990 per luci naturali su periferia thatcheriana e calcinacci, antispettacolare, di ricercata semplicità, amara come Kaurismäki che sorride; conta i centesimi esistenziali dal palmo come il Welsh più serio. Non solo lavoro ma condizione privata nel margine occidentale dell'operaio-galeotto-squatter Robert Carlyle (l'interprete ideale). Si sorride amaramente delle difficoltà insieme ai protagonisti col favore della grandezza terrigna del cuore di Ken Loach. Impagabile il "sindacalista" loser di Ricky Tomlinson.
MEMORABILE: "Boxer, bermuda, calzini colorati... "; Il bagno padronale; La festa di compleanno; Le ceneri; L'incidente; L'incendio.
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CuriositàDaniela • 28/05/22 10:51 Gran Burattinaio - 5944 interventi
"Riff-raff" è in termine slang traducibile con gentaglia, marmaglia, feccia. Quando diresse il film, Loach aveva già approfondito il tema del peggioramento della condizione operaia in tre documentari girati nel periodo 1981-1983.